Mese: Dicembre 2020

Sulle orme dei Bizantini, nella Vallata degli Armeni

“La storia della Calabria è una storia fatta di numerosi popoli che si sono succeduti ed hanno lasciato segni indelebili del loro passaggio in questa regione. Dai Greci ai Bizantini e dagli Armeni agli Ebrei. 

Il nostro viaggio ripropone un’esperienza a cavallo dell’ VI ed il IX secolo, quando dall’oriente giunsero religiosi provenienti dall’Armenia e dalla Cappadocia, fuggiti sotto l’incalzare delle conquiste musulmane prima e delle persecuzioni iconoclaste dopo,  per giungere  in queste terre, ricche anfratti naturali e luoghi sicuri dove fu facile condurre una vita ascetica in totale solitudine ed armonia con la natura.

Proprio da queste “rocce rosse lunari” (per citare il noto scrittore Piemontese Cesare Pavese) che a Brancaleone (RC) trascorse il suo confino politico tra l’Agosto del 1935 e Marzo del 1936 partirà il nostro viaggio, alla ricerca di quei lasciti che fanno di questo piccolo lembo di territorio, inserito nell’Area Grecanica Calabrese, un itinerario ricco di storia, fascino e mistero, alla scoperta del mondo Armeno e della spiritualità ancora palpabile e percepibile nei luoghi e nei borghi che costellano quest’area.

1- Il nostro itinerario partirà da Brancaleone Vetus un borgo ormai abbandonato ma ancora ricco di testimonianze del passaggio degli Armeni Bizantini che si insediarono all’interno di cavità naturali costituendo talvolta anche delle chiese-grotte di notevole importanza.

Brancaleone Vetus anticamente chiamata  Sperilnga o Sperolonga  dal greco Spelugx che significa: Grotta-Caverna- Spelonca,  sorge su un colle a 300mt s.l.m., le cui origini sono antichissime. Recenti studi e ricerche affermano la presenza degli Armeni nel VIII-IX  sec. d.C. di particolare pregio e interesse vi è la chiesa grotta dell’”Albero della vita” dalle caratteristiche identiche alle chiese-grotte dell’antica Armenia e Cappadocia. Sulla piazza principale del borgo si possono ammirare ancora i silos-granai, poi nella parte bassa del paesino, insiste un’altra chicca costituita dalla  grotta della “Madonna del riposo” che custodisce ancora affreschi seicenteschi e case ingrottate  prospicienti alla chiesa nuova dell’Annunziata datata 1935-36 che oggi custodisce un “centro documentazioni” di grande pregio. Sarà qui che sul finire della visita esperienziale, il panorama offerto dal contesto condurrà i nostri sensi e papille gustative verso il fantastico mondo del Bergamotto, considerato “l’oro verde della Calabria” dalle proprietà benefiche miracolose,  che oggi costituisce una risorsa delle aziende agricole del territorio che hanno riqualificato i terreni incolti su cui un tempo fiorivano i gelsomini, ma questa sarà un’altra storia da conoscere e scoprire.

2- Il viaggio proseguirà riscendendo a valle, dove raggiungeremo Rocca degli Armeni o Rocca Armenia sita nel territorio di Bruzzano Zeffiro (RC), dove poter ammirare uno dei pochi castelli del territorio pre-Aspromontano della Calabria Ionica ricavati nella roccia, che costituì nei secoli un regno florido per Principi, Marchesi e nobili Calabresi che qui costituirono uno Stato all’interno del Regno d’Italia.

Un luogo mistico e magico, dove poter ammirare straordinarie vedute su tutta la vallata oggi ribattezzata “valle degli Armeni”. Rocca Armenia ha origini antichissime. Qui è possibile ancora ammirare i resti del suo castello, del Borgo antico e un arco trionfale eretto dalla nobile famiglia Carafa di Roccella con i suoi affreschi rinascimentali che lo caratterizzano. L’occasione sarà quella di degustare “u pani conzatu” che è tipico della tradizione popolare e agropastorale di Bruzzano Zeffirio, che si consuma a freddo o appena sfornato e viene farcito di pomodoro fresco, olio extravergine d’oliva  locale e olive verdi, che ci trasporteranno in un’esperienza gastronomica dai sapori prettamente medievali.

3- Ci porteremo verso l’interno del territorio e cominceremo a risalire di quota raggiungendo il borgo medievale di Staiti, non prima di aver fatto una sosta nel tempio di epoca Bizantina e Normanna di Santa Maria di Tridetti.

L’edificio sorge nella vallate conosciuta con il suo toponimo antico di “Badìa”.  Fu scoperto dal noto Archeologo Paolo Orsi nel 1912 e dichiarato “Monumento Nazionale Bizantino dell’ XI° sec.” Qui, leggenda  e storia si fonde con il mondo Bizantino, che per molti secoli animò queste terre  in un susseguirsi i vicende  e vicissitudini  che diedero vita ai piccolo borgo di Staiti non distante da questo luogo di grande spiritualità e suggestione

 4- Risaliremo i tornanti di monte Giambatore per raggiungere il pittoresco borgo di Staiti che ha il triste primato di essere “il più piccolo Comune della Calabria”

Staiti sorge a 550mt slm, conta circa 220abitanti, ma dalle caratteristiche urbane ancora immutate, qui sarà possibile percorrere il sentiero delle chiese bizantine che è costituito da 18  bassorilievi in terracotta lungo le vie del borgo, e poi la chiesa di Santa Maria della Vittoria con il suo campanile cuspidato e la statua della vergine col bambino opera seicentesca di Martino Regi,  come non fare una visita al bellissimo museo dei Santi Italo-Greci sito all’interno del Palazzo Cordova, godere delle numerose piazzette che si affacciano sul borgo dai caratteristici vicoli dalle porte pinte che conducono  verso il punto panoramico di “Rocche di Quartu” dove poter ammirare tutta la vallata ed il mar ionio che fa da cornice al territorio. Non potremo mai andarcene senza aver gustato i famosissimi Maccheroni conditi con il sugo di capra e la buonissima ricotta biologica delle aziende locali.

5- Il nostro viaggio proseguirà verso Ferruzzano Superiore, dove sulla collina sorge uno dei borghi più interessanti del territorio, dove la natura ci ha regalato ambienti dalle caratteristiche uniche come il bosco di Rudina che custodisce numerosi palmenti rupestri di epoca ellenica e bizantina.

Il borgo di Ferruzzano Superiore sorge non lontano dal bosco di Rudina adagiato su un pianoro roccioso ad un altitudine di 470mt slm. E considerato una vera e propria terrazza sul mar ionio. Il borgo è ormai un paese semi-abbandonato, ma passeggiare tra i suoi vicoli scavati talvolta nella roccia di Arenaria è come fare un salto nel passato che con gli antichi palazzi, le sue vedute sulle vallate circostanti offrono al visitatore una narrazione storica legata alle vicissitudini di popolazioni che per sfuggire agli attacchi saraceni, decisero di porre le fondamenta proprio su queste alture, per potersi difendere meglio. Non distante dal paese è possibile ammirare i meravigliosi palmenti rupestri che costituiscono un insieme di circa 160 palmeti sparsi su tutto questo territorio, dove gran parte si trova all’interno del sito S.I.C. del “bosco di Rùdina”, un territorio che, grazie al suo particolare microclima, offre l’opportunità di poter conoscere ed ammirare  esemplari antichissimi di alberi e piante rare. Per concludere la nostra esperienza a contatto con la natura e la cultura locale, incontreremo uno degli apicoltori locali, che attraverso l’antica arte dell’allevamento delle api in arnia, produce un preziosissimo miele che si sposa egregiamente con la tradizione agropastorale del luogo, costituita da formaggi caprini dal gusto sublime.

“La Calabria è stata crocevia di popoli, che attraverso i loro lasciti archeologici e culturali rappresentano un germe di una forte di cristianità, ancora oggi viva nei luoghi che furono un rifugio, una casa e base su cui fondare nuove civiltà”

In conclusione, questo viaggio alla scoperta degli Armeni e dei loco lasciti archeologici e culturali, ci proietterà in un universo letteralmente affascinante, che ci porterà a comprendere il valore intrinseco di luoghi del tutto fuori da ogni logica e stereotipo di vacanza. Perché per meglio conoscere la Calabria è necessario affondare le proprie conoscenze attraverso una narrazione che non esclude la stratigrafia dei popoli che hanno caratterizzato i territorio

 

© Copyright Carmine Verduci

(Operatore del Turismo Esperienziale

Il Natale nell’area grecanica attraverso la gastronomia tipica

Oggi è uso comune indicare e consumare come dolci tipici della nostra area per le feste natalizie i protali e le nacàtole. Ma non è così. Infatti  da alcune ricerche fatte dallo studioso bovese Pasquale Casile e pubblicati in in uno dei suoi quaderni di cultura greco-calabra “Dèi e Zangréi” questi dolci solo di recente sono divenuti esclusivi del Natale ma  invece un passato avevano una funzione rituale di dolci prenuziali (i pretali) e nuziali (le nacàtole) in ambito magno-greco.

Secondo una descrizione del Marzano le nacàtole, di forma ellissoidale, con una piccola cuna e con una spirale dentro, che figurerebbe da bamboccio agli inizi del novecento era il dolce che veniva offerto specialmente nei matrimoni.Quindi la loro funzione dal punto di vista rituale era quella di propiziare il concepimento e la nascita di una nuova vita. Inoltre vengono prodotte in territorio bovese utilizzando il fuso e il vaglio “u crivu” che sono gli unici due attrezzi ad essere adoperati dalle massaie per comporre e modellare le nacàtole (in nessun’altra occasione li ritroviamo utilizzati insieme). La presenza di questi due attrezzi sembra che non assolva ad una funzione meramente pratica per  la preparazione del dolce  ma a quella del tutto simbolica di servire, col loro impiego, a sacralizzarlo.

Il fuso infatti nella tradizione greco-pagana rappresenta l’attributo delle Mòire, le antiche divinità del parto. Il loro compito era tessere il filo del fato di ogni uomo, svolgerlo ed infine reciderlo segnandone la morte. Queste erano tre: Cloto la “filatrice“, Lachesi la “fissatrice della sorte” ed Atropo, “la irremovibile“, particolarmente temuta dagli uomini perché colei che taglia il filo, e recide con il suo drastico gesto la vita. Mentre il vaglio è l’attrezzo rituale più importante del culto di Dioniso infatti veniva indicato pure come Dio del Vaglio.

Clotho, Lachesis and Atropos, the Greek Fates or Moirai. . Handcolored copperplate engraving engraved by Jacques Louis Constant Lacerf after illustrations by Leonard Defraine from Mythology in Prints, or Figures of Fabled Gods, Blanchard, Paris, c.1820.

I pretali invece, chiamati anche con le varianti pratàli, pretàli, petràli, pitràli, protàli ecc. la cui origine etimologica del nome indicava “le offerte prenuziali” portate al tempio dai genitori della promessa sposa.Ciò è confermato dalla Suda, un dizionario enciclopedico greco redatto intorno al X sec. d.C., che alla voce “protélia”, indica una determinata festività ateniese che precedeva in ordine temporale quella assai più nota dei “gamélia”, che cadeva nel mese di gennaio, il mese delle nozze.

Protélia: È questo il nome del giorno in cui i genitori conducono alla dea sull’acropoli la fanciulla in procinto di sposarsi, e compiono dei sacrifici. A rafforzare questa tesi dell’importanza che avevano i riti prenuziali  e nunziale nell’antica cultura magno greca  che sono giunti fino a noi vi sono i rinvenimenti archeologici di  frutta votiva in terracotta, le raffigurazioni di dolci antropomorfici che hanno per soggetto bambini, nonché la cerimonia misterica del “corredo della sposa” nelle pìnakes locresi. Infine, quindi, essendo il mese delle nozze a gennaio e comunque vicino al Natale e le nacàtole una rappresentazione della natività, con il tramonto inevitabile dei rituali greco-pagani a favore della religione cristiana, questi dolci sono accostati oggi alle feste natalizie. Tutto questo ci porta ancora una volta ad avvalorare ed a sostenere la cultura e l’identità grecanica che per fortuna ancora oggi si nasconde e si conserva tra le nostre tradizioni.

LA RICETTA NACATOLE
Ingredienti per quattro persone:

farina: 1 Kg

uova: 3
strutto: 150g
zucchero: 300g
anice: 1 bicchiere
lievito:  200 g

Man mano che le preparate sistematele tra due tovaglie in un luogo caldo e lasciatele lievitare. Sistemate la farina a fontana sulla spianatoia. Mettere dentro le uova, lo strutto, lo zucchero l’anice e il lievito sciolto in un poco d’acqua tiepida; sbattete il tutto con una forchetta quindi impastate la farina. Lavorate a lungo la pasta ottenuta, fino a farla diventare soffice e liscia, a questo punto staccate una parte dell’impasto, formate dei cordoncini abbastanza lunghi che distenderete prima sul vaglio e poi avvolgerete nel fuso (o nel manico di un cucchiaio di legno) e date la forma alle “nacatuli”. Quando diventano gonfie e leggere, friggetele in abbondante olio di oliva extravergine.

RICETTA PER I  PRETALI
Ingredienti:

Per la sfoglia
Farina: 1 kg
zucchero: 300 g
strutto: 250 g
lievito per dolci: 2 bustine
uova: 4
latte: quanto basta
bicchierini di anice: 2
buccia grattugiata di un limone

Per il ripieno:

mandorle sgusciate: 500 g
fichi secchi: 1 kg
gherigli di noci: 200 g
uva passa: 200 g
un pizzico di cannella in polvere
un pizzico di chiodi di garofano in polvere
la buccia di un mandarino tritata finemente
miele: 600 g

Per ornare:
Glassa bianca o al cioccolato, 1 busta di confettini colorati. Sgusciate le mandorle  poi pelatele e fatele tostare brevemente in forno.

Sgusciate, quindi, le noci e spezzettatele insieme alle mandorle, mescolandole insieme. Tagliare i fichi in piccolissimi pezzetti, mescolandoli poi a cinque cucchiai abbondanti di miele naturale, di castagno preferibilmente o meglio ancora locale.
Mettete tutti questi ingredienti aggiungendo i chiodi di garofano, la cannella e la buccia del mandarino, in una pentola ben capiente, a fuoco basso per circa 10 minuti e con un cucchiaio di legno mescolate spesso per evitare che si attacchino.  Lentamente, e poco alla volta, alternando, aggiungete al composto un po di caffè, e di mosto cotto.
Levatela dal fuoco, versandola in una terrina capiente e spruzzandovi dentro una dosa abbondante di liquore di anice. Coprite con un coperchio e lasciate riposare (preferibilmente per almeno un giorno).

Sfoglia di copertura:
Fate un cerchio con la farina e nel foro centrale dovete aver cura di versare tutti gli ingredienti a partire dallo zucchero, poi dalle uova,  e poi tutto il resto.
Mescolate bene e poi rapidaιrιente unitevi la farina lavorando il tutto molto delicatamente fino ad ottenere una pasta liscia e compatta.
Fatene una specie di palla. Intanto scaldate il forno a 200 gradi.
A questo punto si possono dare diverse forme. Col mattarello stendete delle fogliette  piuttosto sottili quindi tagliate dei quadrati; con un cucchiaio prendete un po’  del ripieno e sistemate su una metà, piegate l’altra metà del quadrato fino a coprire completamente il ripieno e così fino all’esaurimento degli ingredienti.
Sistemateli su una teglia unta o coperta  di carta da forno, infornate e fate cuocere fino a che non abbiano preso un buon colore dorato in superficie. Toglieteli dal forno e guarnite i petrali con i confettini colorati o con la glassa.

By Pasquale Callea

 

 

 

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén