il futuro nelle nostre radici

Categoria: articoli Page 11 of 14

Un “Cocomero” dai poteri speciali !

Succede che a volte, quando si cammina in campagna, ci si imbatte in certe stranezze della natura che quasi passano inosservate ai nostri occhi, ma che in realtà nascondono una storia alle spalle davvero incredibili.

La nostra terra, ricca di biodiversità alle quote basse e alle quote più alte, offre numerosi incontri di questo tipo. Oggi vogliamo trattare questa simpatica pianta molto comune sulle zone collinari e pianeggianti, lo facciamo con un approccio “quasi scientifico” soltanto per informare i nostri lettori sull’importanza di alcune specie che spesso sembrano passare in secondo piano alla vista, ma che raccontano secoli e secoli di storie, proprio perchè conosciute già in epoca magno-greca, furono infatti i più grandi filosofi botanici dell’epoca a scoprirne i loro usi ed i loro utilizzi nella cultura popolare che divennero ben presto molto in voga in campo della medicina popolare fino al nostro medioevo anche in Calabria “MAGNA GRECIA”.

Ovviamente non invitiamo i nostri lettori a sperimentarne i benefici qui descritti se non attraverso prescrizione medica!

Nome scientifico: Ecballium elaterium A. Rich.
Nomi in italiano: cocomero asininoelaterio.
Nomi dialettali neretini: cucùzza pacciasputa velenu.

Appartiene alla famiglia delle Cucurbitaceae, la stessa del melone, cetriolo, zucca e zucchine. E’ presente nei Paesi del Mediterraneo ed in Italia si trova facilmente a diverse altitudini: dal mare (lungo le coste) fino alle zone collinari, risultando più diffusa soprattutto nel Meridione. È una specie erbacea perenne a fusto strisciante lungo più di 1mt. con rami brevi, eretti, piuttosto grossi e carnosi. Il fusto è coperto di peli rigidi di colore biancastro che lo rendono ruvido al tatto. Le foglie, alterne, sono lungamente picciolate e presentano una lamina di forma ovale allungata. La base fogliare è inciso-cordata, l’apice acuto, il margine fogliare è dentellato. Anche la foglia presenta una superficie scabra per la presenza di ispidi peli. I fiori (fioritura da maggio a Settembre) sono disposti all’ascella delle foglie, suddivisi in due sessi: i maschili sono raggruppati in piccoli racemi, i femminili invece sono solitari e presentano un peduncolo eretto e molto allungato, che dopo la fecondazione continua a svilupparsi fino a incurvarsi bruscamente alla sommità. I frutti sono bacche ovoidali, verdi, ruvidamente pelosi, lunghi fino a 5 cm, a forma di cetriolo, particolarmente amari di sapore, che contengono numerosi piccoli semi bruni; questi frutti sono dotati di un particolare meccanismo di disseminazione: basta una leggera pressione perché essi si stacchino dai loro peduncoli e scaglino lontano il loro contenuto, costituito da semi e da un liquido amaro, fortemente irritante per la pelle. Alla maturità, infatti, il frutto tende a staccarsi dal peduncolo: alla sua inserzione si forma un’apertura rotonda dalla quale, per la forte pressione interna, vengono proiettati a distanza i semi e un liquido dal sapore amarissimo. La singolarità del sistema “eiaculatorio” di dispersione dei semi nel cocomero asinino risponde ad un’esigenza ovvia per una pianta ecologicamente aggressiva che vive in un habitat abbastanza arido e incolto: far crescere le piante figlie il più lontano possibile dalla pianta madre, al fine di evitare competizioni fratricide per suolo ed acqua e per estendere al massimo il controllo del territorio. Il meraviglioso meccanismo previsto da madre natura prevede una serie di sistemi ad orologeria e la produzione finale di un ordigno esplosivo a pressione con annessa canna ad anima liscia! Il sistema di propulsione incorporato abbina il turgore cellulare, l’osmosi e una morfologia apposita, combinando aspetti legati alla forma ed alla disposizione dei tessuti con la tipologia e la localizzazione di sostanze chimiche ben precise.

L’etimologia del termine “Ecbàllium” deriva del verbo greco ekbàllein = lanciare fuori, elatèrium è la trascrizione del neutro (elatèrion) dell’aggettivo, sempre di origine greca; elatèrios/elatèrion  che  significa “che respinge o allontana” e, come termine medico, “purgativo”; proprio il neutro elatèrion, con valore sostantivato. La nostra pianta infatti fu citata, fra le altre da Ippocrate (V°-IV° secolo a.C.), e da Teofrasto (IV°-III° secolo a.C.).

Anche Plinio (I° secolo d.C.) ne racconta i suoi miracolosi effetti in medicina nei suoi manoscritti troviamo testualmente questa nota:

“Abbiamo detto che c’è il cocomero selvatico, molto più minuscolo di quello coltivato. Da esso si ricava un medicamento che si chiama elaterio col succo spremuto dal seme e se non viene colto per tempo il seme schizza con pericolo pure per gli occhi. Colto poi viene messo da parte per una notte, il giorno successivo viene inciso con una canna e il seme viene cosparso di cenere per assorbire l’abbondanza di succo; una volta spremuto viene trattato con acqua piovana e si fa depositare, poi viene essiccato al sole per preparare pastiglie molto usate dagli uomini contro i difetti e le malattie degli occhi, le ulcere delle guance. Dicono che una volta toccate le radici delle viti da questo succo gli uccelli non beccano l’uva. La radice poi cotta in aceto viene applicata sulle manifestazioni gottose e col succo si cura il mal di denti, secca mista a gomma sana l’impetigine e la scabbia e quelle malattie che chiamano rogna e eczemi, la parotite, gli ascessi e restituisce alle cicatrici il colore naturale della pelle e il succo delle foglie con aceto viene instillato negli orecchi sordi. La stagione dell’elaterio è l’autunno e nessun medicamento dura più a lungo. Si comincia ad usare dopo che è invecchiato tre anni. Se uno vuole usarlo più fresco tratti prima le pastiglie con l’aceto a fuoco lento in un vaso di creta nuovo. Tanto è migliore quanto più è vecchio ed è stato già conservato per duecento anni, come scrive Teofrasto e fino a cinquanta spegne la luce delle lucerne. Ne è prova il fatto che se è accostato al lume lo fa sfavillare sopra e sotto prima che lo spenga. Quello pallido e leggero è migliore dell’erbaceo e grossolano e lievemente amaro. Ritengono che il seme legato alla donna aiuti il concepimento a patto che non tocchi terra e che legato in lana di montone alle reni della donna, senza che lei lo sappia, facilita il parto; ma subito dopo il parto dev’ essere portato fuori di casa. Coloro che esaltano il cocomero dicono che il migliore nasce in Arabia, poi in Arcadia; altri dicono che a Cirene il cocomero simile all’ elitropio cresce tra rami e foglie fino alla grandezza di una noce e che il seme poi è ricurvo come la coda di uno scorpione, ma bianco. Alcuni infatti chiamano il cocomero scorpione essendo efficacissimi il seme e l’elaterio contro il loro morso e per purificare  la matrice l’intestino. La dose in rapporto alle forze vada mezzo obolo ad uno intero; una dose più elevata è letale. Così si beve contro la ftiriasi [infestazione da piattole] e l’idropisia. Applicato con miele o olio vecchio sana le angine e le arterie”.

Come abbiamo visto il Cocomero Asinino era ben noto agli antichi Greci e Romani, viene infatti citato anche nei testi di Ippocrate e di Dioscoride. Nei secoli successivi però questa pianta, altamente tossica se non utilizzata alle dosi terapeutiche, fu per lungo tempo abbandonata. Nel XIX sec. il cocomero asinino venne nuovamente studiato e utilizzato come purgativo, soprattutto in Inghilterra: nella farmacopea inglese rimase presente fino ai primi anni di questo secolo. Il principio attivo di quest’erba costituito dalla elaterina (ne contiene di due tipi, elaterina Alfa e elaterina Beta), una sostanza particolarmente potente e potenzialmente tossica, se non usata in dosi severamente controllate. L’uso incontrollato dei liquidi della pianta, anche solo per contatto, può causare fastidiose infiammazioni alle mucose, sia all’interno della bocca che agli occhi e, se ingerito, il succo della pianta può provocare seri disturbi gastrointestinali.

Altro che pazza la nostra zucca! pensate che qualche decennio fa il suo prezzo sul mercato era diventato addirittura, un simbolo dell’aumento dei prezzi!

Perciò, quando vi capiterà di imbattervi in questa pianta, oltre che stare attenti, avrete la consapevolezza dell’alto valore medico che questa umile pianticella possiede, e forse non passerà più tanto inosservata ai vostri occhi.

 

Fonti: Fondazione Terre d’OtrantoAmicoMario 
Rielaborazione testo: Carmine Verduci

 

 

Escursione di fine anno alla Torre di Galati

Escursione ad anello di fine anno alla Torre di Galati (Brancaleone), un entusiasmante viaggio alla scoperta del patrimonio storico-culturale e naturalistico, dell’entroterra Brancaleonese. Una delle tappe più ambite dal progetto, perchè sarà periodo ideale per apprezzare, la flora tipica di queste zone, con l’esplosione delle fioriture di Narcissus Tazzetta e non solo… come poche volte all’anno succede, la Torre viene aperta al pubblico.

Nella giornata di Domenica 23 Dicembre ci si ritroverà nella piazzetta della Chiesa Maria SS Addolorata di (sulla SS106), da qui divideremo le automobili in due gruppi e partiremo dal Cimitero dove un sentiero su strada mulattiera ci condurrà tra le campagne dell’entroterra a caccia dei Narcisi selvatici che in questo periodo sono in piena fioritura fra i prati verdeggianti di queste colline aride e steppose.

Dopo circa 50 minuti di cammino arriveremo ai ruderi della chiesetta bizantina di Galati, e poco distante maestosa si erge la Torre Galati del 1600. Una volta giunti sul posto visiteremo la torre nel suo complesso (anche interno) e conosceremo la storia e le vicissitudini legate alla funzione che ha avuto la torre nei vari secoli.

Il percorso del ritorno giungerà al ristorante “il padre eterno” dove sosteremo per il pomeriggio, raggiungeremo le nostre auto parcheggiate presso la località del cimitero di Galati (punto di partenza) eseguendo un transfert con le auto dei partecipanti.

PROGRAMMA:

ORE 09:00 INCONTRO/RADUNO PIAZZALE CHIESA MARIA SS ADDOLORATA DI GALATI
ORE 09:30 INIZIO ESCURSIONE DA LOC. CIMITERO DI GALATI
ORE 13:00 PRANZO PRESSO RISTORANTE “IL PADRE ETERNO” DI GALATI
ORE 16:00 circa TRASFERIMENTO IN AUTO E RIENTRO

*il programma potrà subire delle piccole variazioni a seconda delle esigenze organizzative, si valuterà nel corso della giornata la possibilità di fare l’escursione “ad anello” oppure a “bastone” .

 

SCHEDA TECNICA:

Difficoltà: T (Turistica)
Lunghezza percorso: 4km (ad anello) A/R
Percorso: trade mulattiere sterrate
Presenza d’Acqua: NO
Durata complessiva: 4h soste incluse

 

ATTREZZATURA CONSIGLIATA:

Scarpe da trekking, k-way, impermeabile, abbigliamento a buccia adatto al periodo, cappellino, acqua (almeno 1,5lt), zaino, snack, macchina fotografica.

 

QUOTA DI PARTECIPAZIONE: 5€ (per i non soci)

QUOTA PER IL PRANZO: 20€ (a base di prodotti tipici del periodo)

 

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA !!!!
ENTRO IL 20 DICEMBRE AL NUMERO 347-0844564 (Carmine)

 

——–PER MOTIVI ORGANIZZATIVI LE ADESIONI SONO LIMITATE ——-

  • in caso di condizioni meteo avverse l’escursione sarà rinviata a data da destinarsi e/o comunque comunicata agli iscritti mediante la nostra Pagina Facebook “Kalabria Experience” o “Pro Loco Brancaleone (RC)” (tenersi sempre aggiornati)!
  • Non è prevista alcuna forma assicurativa, chiunque partecipa lo fa a titolo volontario escludendo l’organizzazione sin da subito per eventuali responsabilità civili o penali

 

 

Programma: “La Via dei Borghi 2018”

Il progetto nato dalla sinergia tra le associazioni Kalabria Experience e Il Giardino di Morgana, che ha trovato successivamente l’appoggio delle varie amministrazioni e associazioni coinvolte è articolato su 8 tappe tutte in periodi di scarsa affluenza turistica nell’area pedemontana e collinare dell’Aspromonte orientale. Il progetto mira a una destagionalizzazione del flusso turistico attraverso una fruizione del territorio con approccio ecocompatibile.

La via dei borghi si avvarrà dei patrocini della Città Metropolitana di Reggio, dei comuni di Motta, Condofuri, Bova, Staiti, Sant’Agata del Bianco, Condojanni, Sant’Ilario dello Jonio e di numerose Pro -Loco come: Motta San Giovanni, Brancaleone, Bruzzano Zeffirio, Staiti, Bovalino, e Mammola.

Comincia il viaggio…

25 MARZO: Bova “La domenica delle Palme” (RINVIATA CAUSA MALTEMPO AL 10 GIUGNO)

L’antica Chora di Vùa sarà la protagonista di questa tappa tra miti ancestrale ed una storia tutta da scoprire tra i suoi vicoli ed i suoi monumenti pieni di testimonianze importantissime di un passato illustre per quella che viene considerata la capitale dell’Area Grecanica e che la storia ci indica come antica sede vescovile. Quest’escursione ci permetterà di conoscere meglio la storia di Bova dalla preistoria passando per la mescolanza di popoli e lingue che nei secoli si sono avvicendati per giungere fino ai giorni nostri.

 

6 MAGGIO: Amendolea “Il Castello dei Ruffo” e  Gallicianò “Il borgo dei Greci di Calabria”

Questa tappa mira al cuore dell’Area Grecanica, al cuore del gigante d’argento che si dipana nel letto del torrente Amendolea. Sarà un viaggio affascinante che ci condurrà alla riscoperta dei borghi di Amendolea, con la visita delle chiese e dei ruderi del Castello.

Il nostro viaggio proseguirà poi a Gallicianò, l’acropoli dei Greci di Calabria dove il greco è ancora una lingua viva, dove il tempo pare si sia fermato, dove potremo apprezzare numerose testimonianze del passato che ancora raccontano di Grecità e di una Calabria che sa stupire.

 

15 APRILE: Motta San Giovanni “Il castello di Santo Niceto”

Sarà un itinerario alla scoperta della storia del territorio di Motta San Giovanni e non solo anche di pagine di storia che interessano l’intero bacino del Mediterraneo. Partiremo dal castello di Santo Niceto, una delle fortezze che costituivano la catena difensiva della città di Reggio con i suoi affacci sullo Stretto e sull’ Etna e poi ci dirigeremo verso Lazzaro alla scoperta dell’ Antiquarium dove tra i tanti reperti vengono custodite le tracce della legione che Ottaviano Augusto volle fondare nell’ area dello Stretto. Questo viaggio troverà conclusione presso il sito archeologico di Lazzaro che ci permetterà di conoscere meglio una pagina d storia romana scritta alle nostre latitudini.

20 MAGGIO: Bruzzano Vetere – S. Maria di Tridetti – Brancaleone Vetus “La valle degli Armeni”

Un viaggio dalle caratteristiche emozionali, che da Rocca Armenia di Bruzzano Vetere attraverserà i confini primordiali di popoli antichi e di testimonianze del passato ancora tangibili dai segni evidenti di Rocca Armenia, dello straordinario Arco dei Principi di Carafa e del Monastero degli Agostiniani

Un viaggio attraverso l’archeologia, che attraverserà anche l’antica Abbazia di Santa Maria di Tridetti (Monumento Bizantino dell’ XI° secolo) con le sue architetture complesse ma dai connotati pregevoli

Proseguiremo poi verso il Parco Archeologico di Brancaleone Vetus, 310mt slm, un borgo intriso di storia e caratterizzato da insediamenti rupestri risalenti al V-VI° sec. D.C. dove panorami mozzafiato, ci regaleranno panorami unici a 360°  e sull’intera “Valle degli Armeni”.

 

23 SETTEMBRE: Placanica ” Tra cielo e mare”

Un borgo Medievale affascinante, unico e caratteristico. L’abitato originario risale al XII secolo e sorge su una collina tra la fiumara Precariti ed il torrente Càstore o Fiorello. Scopriremo infatti la storia e le vicissitudini di questo borgo con il Suo Convento dei Padri Domenicani, Il castello feudale, la torre di guardia a pianta circolare e le caratteristiche vie del rione San Leonardo, la chiesa di San Basilio Magno, dove tra le tante opere spicca una tela di San Gennaro datata al 1600, un Tabernacolo di presumibile scuola Gaginesca, ed un Busto ligneo raffigurante Sant’ Emidio patrono del Paese, e tante altri scorci e testimonianze dell’antichità.

14 OTTOBRE: Bovalino Superiore “Tra storia e religiosità” e Condojanni “Il Castello”

Un viaggio in uno dei borghi poco conosciuti dell’area Locridea che conserva numerosi tesori tutti da scoprire e riscoprire, per comprendere l’anima più intima di questo luogo intriso di storie e leggende, dove il suo castello, la chiesa dell’Immacolata con il suo museo non lasceranno spazio alla noia. Bovalino ha anche dato i natali al Beato Camillo Costanzo dove sarà possibile visitare la sua caratteristica Casa Museo.

Il viaggio proseguirà alla volta di Condojanni (frazione del comune di Sant’Ilario) un borgo fantastico dalle caratteristiche medievali particolari, dove a spiccare in alto sulla sua rupe la torre Saracena o dei Saraceni e le antiche mura fortificate. Tra vicoli e panorami sulla vallata e sul mare che offrono al visitatore scenari indelebili.

 

28 OTTOBRE: MuSaBa “Il Museo delle Meraviglie” e Mammola “Il borgo dei Mulini”

Il MuSaBa è situato  nella vallata del Torbido a sud-est del centro abitato di Mammola.  L’area copre una superficie di 7 ettari, di cui parte si trova in prossimità  dell’alveo del torrente Torbido. MUSABA Parco Museo All’aperto , un parco laboratorio produttivo creato dagli artisti  NIK SPATARI e HISKE MAAS, che dal 1969 decidono di lavorare  ad un progetto globale che contempli la produzione dell’arte nell’ insieme di uno specifico contesto, con specifici punti di riferimenti storici e identitari.

Paese di origini contadine, aveva una sussistenza basata sull’allevamento di bestiame, sui prodotti correlati e sull’agricoltura, il borgo è arroccato sulle falde di una catena montuosa, contrafforte del Monte Limina (Parco nazionale dell’Aspromonte) e del Monte Seduto (Catena delle Serre). Il paese conserva l’impianto medievale contraddistinto da abitazioni raccolte attorno a numerose piazzette. I palazzi (De Gregorio, Ferrari) risalenti all’epoca feudale, Del Pozzo, Florimo, Spina, Piccolo, a “Gellario” dei Barillaro (di epoca più recente). Vi sono poi edifici religiosi: la chiesa Matrice (XII secolo) la chiesa della SS. Annunziata, quella della Madonna del Carmine e di San Filippo Neri (XVI secolo) Oltre ai Mulini che qui sono l’emblema di un popolo da secoli dedito all’agricoltura.

18 NOVEMBRE: Sant’Agata del Bianco “Il paese di Saverio Strati”

Un itinerario ricco di storia, dai Palmenti di Pietra alla letteratura del noto scrittore Calabrese Saverio Strati che ci accompagnerà per le vie del borgo attraverso le sue parole. Caratteristiche sono le sue piazzette, il “Museo delle cose perdute” e la “via delle porte pinte”, un opera d’arte urbana che caratterizza questo borgo dai contorni davvero caratteristici e unici.

 

COME PARTECIPARE?

BASTERA’ TELEFONARE ALMENO 3 GIORNI PRIMA DELLA DATA STABILITA AI NUMERI: 347-0844564 (Carmine) OPPURE 348-9308724 (Domenico)  si prega di fornire i propri dati anagrafici ai fini assicurativi (Nome e Cognome)

Le attività si auto-sostengono così come i costi delle trasferte a cura dei partecipanti ed hanno una quota di partecipazione che varia a seconda dei servizi offerti (ES. quota assicurativa, organizzazione, degustazione, ingressi musei, chiese, altro…)

(eventuali dettagli delle attività previste verranno comunicati anticipatamente 10 giorni prima di ogni uscita-evento) ATTRAVERSO I NOSTRI CANALI DI INFORMAZIONE UFFICIALI FACEBOOK:

La partecipazione è libera e aperta a tutti senza limiti di età o di numero.

IL PROGRAMMA POTRA’ SUBIRE DELLE VARIAZIONI CHE SARANNO COMUNICATE PER TEMPO ATTRAVERSO LE NOSTRE PAGINE FACEBOOK UFFICIALI:  KALABRIA EXPERIENCE  e ASSOCIAZIONE  IL GIARDINO DI MORGANA

 

IL PROGETTO SI AVVALE DEL PRESTIGIOSO  PATROCINIO MORALE:

CON IL PATROCINIO MORALE DEI COMUNI:

LA FATTIVA COLLABORAZIONE DELLE PRO-LOCO:

LA COLLABORAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI:

SI RINGRAZIANO I MEDIA PARTNERS:

 

SCARICA IL PROGRAMMA:

 

 

 

 

Conferenza Stampa di presentazione del Progetto “La Via dei Borghi”

E’ indetta per sabato 17 Marzo alle 15.30 presso la delegazione comunale di Condofuri Marina la conferenza di presentazione del progetto “LA VIA DEI BORGHI”.
Il progetto nato dalla sinergia tra le Associazioni Kalabria Experience e Il Giardino di Morgana si articolerà in un calendario di 8 escursioni suddivise in due gruppi intervallati dal periodo estivo e finalizzato a permettere una fruizione dei borghi in periodi di scarsa affluenza turistica.
Il progetto articolato su più tappe, tutte in periodi di scarsa affluenza turistica nell’area pedemontana e collinare dell’Aspromonte orientale, mira a permettere una destagionalizzazione del flusso turistico attraverso una fruizione del territorio con approccio ecocompatibile.
Il turismo lento e la comprensione dei luoghi permetteranno una maggiore conoscenza nel territorio di residenza (nel caso di residenti) o di destinazione (nel caso di non residenti) nei fruitori del progetto, che indirettamente diverranno ambasciatori del territorio visitato attraverso varie forme, come ad esempio la condivisione social di riproduzioni fotografiche e video dei posti visitati che verrà opportunamente incentivata dagli organizzatori.
Saranno tanti i luoghi identitari della fascia ionica reggina meta della Via dei Borghi e tante le associazioni e gli enti coinvolti nei vari appuntamenti.
L’unica indiscrezione filtrata al momento è la tappa di partenza che sarà il 25 marzo a Bova in occasione della processione delle palme, tutti gli altri dettagli verranno esposti in sede di conferenza sabato 17 Marzo alle 15.30

La via dei Borghi. In collaborazione con l’Associazione Culturale il giardino di Morgana

La via dei borghi è un progetto nato dalla sinergia tra le associazioni Kalabria Experience e Il Giardino di Morgana. Il progetto si articola in un calendario di 8 (otto) escursioni suddivise in due gruppi intervallati dal periodo estivo e finalizzato a permettere una fruizione dei borghi in periodi di scarsa affluenza turistica.

Il progetto articolato su più tappe, tutte in periodi di scarsa affluenza turistica nell’area pedemontana e collinare dell’Aspromonte orientale, mira a permettere una destagionalizzazione del flusso turistico attraverso una fruizione del territorio con approccio ecocompatibile.

Il turismo lento e la comprensione dei luoghi permetteranno una maggiore conoscenza nel territorio di residenza (nel caso di residenti) o di destinazione (nel caso di non residenti) nei fruitori del progetto, che indirettamente, diverranno ambasciatori del territorio visitato, attraverso varie forme come ad esempio la condivisione social di riproduzioni fotografiche e video dei posti visitati che verrà opportunamente incentivata dagli organizzatori.

Saranno tanti i luoghi identitari della fascia ionica reggina meta della Via dei Borghi e tante le associazioni e gli enti coinvolti nei vari appuntamenti.

Non resta che attendere le date ufficiali di questo nuovo anno che vi porterà a scoprire i borghi e le meraviglie nascoste del territorio!

Ferruzzano (RC); Il bosco di Rùdina, un patrimonio da preservare e tutelare.

Tutti voi che ci seguite e ci leggete quotidianamente, sapete quanto sia importante per noi diffondere la cultura ambientalista del rispetto della natura, della cultura dei luoghi e delle bio-diversità esistente. Ebbene abbiamo deciso di parlarvi del Bosco di Rùdina che si trova a Ferruzzano un bosco delle meraviglie che nasconde segreti incredibili.

Ci siamo affidati a degli studi condotti sul caso specifico ed abbiamo estrapolato le fonti più importanti per farvi capire quanto sia importante  conoscere i vari aspetti che caratterizzano quest’isola alle pendici pre-aspromontane sul versante jonico reggino.

Il Bosco di Rùdina è localizzato nella fascia collinare del versante ionico della provincia di Reggio Calabria, a quote comprese tra i 200 e i 400 m. s.l.m. (Fig. 1). Il bosco si rinviene a poca distanza dal centro abitato di Ferruzzano, sui versanti con prevalente esposizione a settentrione che digradano verso l’ampio alveo della Fiumara La Verde. Sotto il profilo amministrativo il bosco rientra nel comune di Ferruzzano, ma l’area cartografata è più vasta e interessa anche i comuni di Caraffa del Bianco e Sant’Agata del Bianco. Il Bosco di Rùdina ha un notevole interesse naturalistico soprattutto per la diversificata vegetazione forestale, nel complesso ben conservata, condizione che si rinviene raramente sul versante ionico calabrese. Per salvaguardare questo particolare biotopo esso è stato designato come Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C.) nell’ambito del progetto Bioitaly.

GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA (Progetto Phytos.I.S. Aa cura del Dott. Antonio Costantini
Commissario Liquidatore ARSSA)

Il territorio esaminato è caratterizzato da substrati geologici di natura sedimentaria che possono
essere fatti risalire al Miocene medio-inferiore. Le principali unità geo-litologiche osservate sono le
seguenti (Cassa per il Mezzogiorno, 1971)- Argille nerastre-grigie o policrome, spesso di aspetto caotico, denominate “argille scagliose”. Esse si presentano con intercalazioni, anche considerevoli, di arenarie brune a grana fine, contorte e suddivise in blocchi di forme allungate e piatte. Occupano prevalentemente una superficie che circonda la località Rocca del Carruso. Presentano scarsa resistenza all’erosione e, quando impregnate d’acqua, tendono a dar luogo a movimenti franosi (colate di fango).

-Siltiti grigie in strati sottili, generalmente con frequenti intercalazioni sabbiose. Sono diffuse, oltre che nei pressi della già citata Rocca del Carruso, anche in località Cerasa e presso Fontana dei Frati. Presentano una moderata resistenza all’erosione e una permeabilità da bassa a media.

– Arenarie quarzose con locali intercalazioni di argille marnose rossastre o di siltiti grigi
Costituiscono il complesso più diffuso all’interno della superficie cartografata, comprendendo l’intero Bosco di Rùdina ed una larga fascia situata ad Est del paese di Ferruzzano. Questo complesso presenta una resistenza all’erosione piuttosto elevata, eccetto nelle zone di più intensa fratturazione; la permeabilità è notevole.

Arenarie, generalmente grossolane e massicce, talora con concrezioni, localmente
con piccoli ciottoli, dotate di elevata resistenza all’erosione ed elevata permeabilità. Nell’area
cartografata sono significativamente presenti solo ad Est della Rocca del Carruso, dove
costituiscono una stretta fascia che si snoda in direzione Nord-Sud.

– Detriti di frana, i quali occupano soprattutto le zone vallive.
Sebbene questa descrizione dei complessi litologici sia in accordo anche con la loro disposizione stratigrafica – infatti, nella norma, le rocce che si trovano sotto le argille scagliose sono, in ordine discendente, siltiti-calcari duri – areniti – l’area di Ferruzzano rappresenta una notevole eccezione, poiché in essa si osserva la presenza di grandi affioramenti di rocce arenacee circondati da argille policrome. Pertanto, la massa di Ferruzzano sembra essere stata, un tempo, una intercalazione di materiale sabbioso tra le argille, poiché vi sono argille policrome sopra e sotto di essa; parte delle argille che appaiono superiormente sono ben stratificate e gli strati sabbiosi questione passano superiormente a siltiti e ad argille (Davies, 1962).

GEODINAMICA DEL TERRITORIO

Il territorio di Ferruzzano rientra nell’area sismica definita “versante ionico aspromontano”. Si tratta di un’area di minore importanza, inserita fra le due principali aree sismiche calabresi: la Piana di Gioia Tauro e lo Stretto di Messina (Bottari et al 1982). Nel 1907, un disastroso terremoto sconvolse l’intero centro abitato. Appena 70 anni dopo, nel 1978, una nuova scossa di magnitudo 4.6, pari al VII grado della scala MSK (Medvedev, Sponheuer, Karnik) interessò Ferruzzano insieme a Palizzi, Roccaforte del Greco, Bova e Staiti. Il paese di Ferruzzano fu quello maggiormente colpito, sia come conseguenza del primo che del secondo evento sismico, ma è interessante osservare che, sebbene l’ultimo sisma abbia avuto un’intensità di 7° MSK, i danni riportati agli edifici sono confrontabili con quelli determinati da un sisma di 8° MSK. L’amplificazione dell’effetto della scossa sismica è dovuto alle peculiari condizioni geologico-strutturali, morfologiche e di stabilità di versante che interessano il comprensorio di Ferruzzano. In particolare, si rileva un importante “effetto di picco”, legato alla posizione sommitale dei paesi; la presenza di strati di rocce “soffici” sovrapposte su substrati rigidi; la presenza di sottili strati di detriti. Ferruzzano, fra l’altro, presenta le peggioricondizioni di stabilità rispetto ai centri abitati limitrofi (Bottari et al., l.c.).8 Tutte le formazioni del Miocene inferiore appaiono, in zona, intensamente interessate da faglie. Le stesse argille assumono aspetto caotico proprio a causa della combinazione di faglie e scivolamenti. Il versante con pendenza in direzione Nord-Est, ai piedi del paese di Ferruzzano, è interessato da un importante movimento franoso, in prevalenza di tipo “scorrimento-colata”, ma anche di tipo “valanga di detrito”. Quest’ultima tipologia si osserva anche al di sotto di Bruzzano vecchio, sul versante con pendenza in direzione Sud (Sorriso-Valvo, 1994).

VICISSITUDINI STORICHE (a cura di Orlando Sculli)

Verso la metà dell’VIII sec. a.C., l’ateniese Teocle convinse calcidesi, megaresi e dori a tentare la colonizzazione di parte della Sicilia. I calcidesi fondarono Naxos, i megaresi Megara Iblea, i dori
discriminati tentarono il ritorno in patria, ma arrivati allo Zefirio (Capo Bruzzano) fondarono una piccola colonia (Müller, 1855). Pochi anni dopo, Archia di Corinto, guidando una spedizione di coloni della sua città verso la Sicilia (dove fondò Siracusa) e passando dallo Zefirio si fece guidare, per la sua impresa, dai dori che abbandonarono la piccola colonia. Mezzo secolo dopo all’incirca, nel 685 a.C., coloni greci provenienti dalla Locride Opunzia (od Ozolia) fondarono nei pressi di Capo Bruzzano, Locri Epizephiri che abbandonarono quattro anni dopo, spostandosi verso l’attuale piana di Locri, con l’aiuto dei siracusani (Strabone, 1988). Durante il periodo ellenico, romano e bizantino, l’attuale territorio di
Ferruzzano fu intensamente coltivato a vite, come attestano i circa 200 palmenti scavati nella roccia
disseminati ovunque. I reticoli di strade presenti in alcune contrade testimoniano la centuriazione
romana o bizantina in aree vocate alla viticoltura. Sicuramente la produzione di vino della zona era
destinata all’esportazione in terre lontane, anche nel tardo antico e durante il dominio di Bisanzio, come attestano le numerose croci bizantine impresse su alcuni palmenti. A partire dal IX secolo, dopo la conquista della Sicilia, gli arabi cominciarono a funestare la Calabria con attacchi12 continui e il territorio attorno a Capo Bruzzano fu sottoposto a scorrerie e brevi occupazioni. Nella primavera del 925, gli arabi occuparono e devastarono Bruzzano, guidati da Abu Ahmad Gafar Ibn Ubayd (Amari, 1935). La contrada S. Domenica, ricadente attualmente nel comune di Ferruzzano, dove vi sono segni di un insediamento ellenico, ospitava allora Bruzzano; la vicina contrada Schiavone ricorda l’acquartieramento in zona dell’esercito arabo, rinforzato allora da mercenari croati e dalmati,
chiamati all’epoca appunto schiavoni.

Una leggenda popolare, comune a Bruzzano e a Ferruzzano, indica che allora la popolazione si divise; mentre una parte restò nell’area, un’altra raggiunse la collina, su cui poi sorse Ferruzzano, che all’epoca mantenne il nome dello stesso Bruzzano. Infatti secondo il grande glottologo tedesco G. Rohlfs, che tanto amò ed onorò la Calabria con la sua opera, Ferruzzano non significa altro che Bruzzano, derivando il proprio nome dal passaggio intermedio di Fruzzano (Rohlfs, 1974). Bruzzano invece, secondo lo studioso tedesco, deriva il suo nome da quello di qualche famiglia romana (forse i Bruto), che possedevano qualche villa rustica in zona. A riprova di quanto ipotizzato da Rohlfs, riportiamo una interrogazione del principe di Salerno della famiglia del re Carlo I D’Angiò, del 1276, con cui chiedeva al giustiziere di Calabria quali fossero i territori forniti di porti ed ebbe in risposta che un porto era ubicato nel feudo di Giovanni De Brayda di Alba, signore della terra di Bruzzano Vetere e un altro nel territorio della contea di Bruzzano, pertanto Ferruzzano, di cui era signore Pietro Ruffo (Accademia Pontiana, 1968). Già a partire dal 1328, Ferruzzano perse il nome di Bruzzano e divenne Casale di Bruzzano Vetere, fino alle leggi eversive della feudalità, volute da Giuseppe Bonaparte nel 1806. Tra i casali di Bruzzano, ne esisteva un altro, chiamato Roseto (da un nome bizantino che sarà stato Ródanon). Il luogo dove esso sorgeva ricade ora nel comune di Ferruzzano e ce lo ricorda il Bosco di Rùdina, che contiene al suo interno una ventina di misteriosi palmenti (12 sono stati documentati). Proprio sul feudo di Rodano ci fu un contenzioso fra Giovanni De Brayda di Alba e Filippo Balderi, signore di Policore, il cui territorio era appartenuto a Bruzzano Vetere (cfr. Registri Angioini, vol. XIII, Registro n. 308, pg. 284). Il problema fu risolto con un matrimonio, ma ciò dimostra che Roseto ricadeva sul confine del territorio di Bruzzano e Samo (Policore, come allora veniva chiamato), dove ora si sviluppa il Bosco di Rùdina. Tale località era stata distrutta nell’estate del 952, da Al-Hasan, emiro di Sicilia, assieme a Pietracucca, grosso borgo che sorgeva forse tra Marinella di Bruzzano e Brancaleone (Amari, 1935). Fino al 1806, Ferruzzano seguì le sorti di Bruzzano, di cui era casale e prima della sua autonomia amministrativa aveva subito un terremoto nel 1783, con 35 morti; ma il colpo di grazia lo ebbe il 23 ottobre 1907, quando, dopo un terremoto disastroso, subì circa 200 morti. D’allora la ripresa fu problematica, funestata da frane, alluvioni,malaria e da una terribile emigrazione transoceanica che lo spopolò letteralmente. Attualmente è completamente privo d’abitanti, mentre alla marina sopravvive a stento unapiccola comunità, alla base di Capo Bruzzano, l’antico Zefirio.

LA VEGETAZIONE E LA FLORA

Il Bosco di Rùdina costituisce una formazione forestale di notevole pregio ambientale. La sua peculiarità, e forse anche la sua unicità, è rappresentata dal fatto di essere uno degli ultimi esempi di formazione forestale di bassa quota, presente sul versante ionico dell’Aspromonte. Il bosco presenta un notevole interesse naturalistico per la ricchezza floristica e la diversità fito-cenotica che vi si riscontrano. Infatti, non si tratta solo della tipica formazione di latifoglie sclerofille sempreverdi caratterizzata dal leccio, ma di un’entità più articolata e complessa dove appare meglio rappresentato per estensione il bosco misto a leccio e farnetto. Proprio la presenza di quest’ultima specie, spesso consociata ad altre specie arboree (come l’acero napoletano, l’acero trilobo, il frassino ossifillo o il carpino nero) rappresenta uno degli aspetti più interessanti del Bosco di Rùdina. La presenza di queste specie forestali a carattere mesofilo è possibile per la particolare conformazione morfologica del territorio prevalentemente esposto a settentrione. Tale caratteristica conferisce al biotopo un mesoclima a carattere più fresco e umido rispetto al territorio circostante. Infatti, dove tali fattori stazionali mutano, si assiste ad un conseguente ed ulteriore mutamento di composizione floristica. E’ il caso dei versanti più assolati a prevalenza di Quercus virgiliana, o dei versanti più acclivi, dove si rinvengono formazioni di leccio con Erica arborea o ancora impluvi con maggiore disponibilità di suolo, dove è il farnetto a
prevalere. Sebbene il Bosco di Rùdina sia caratterizzato da aspetti vegetazionali di sicuro interesse naturalistico, a tutt’oggi non è stato oggetto di un’accurata indagine floristica e fitosociologica. Dati inediti sulla flora e sulla vegetazione, limitatamente alla superficie interessata dalle formazioni forestali, sono riportati in Cameriere (2000). Molto meglio conosciuto, sia
floristicamente che fitosociologicamente, risulta essere il limitrofo Parco Nazionale dell’Aspromonte, istituito con DPR 14 gennaio 1994 (Brullo et al., 2001; Cameriere et al., 2002; Spampinato, 2002). 

Tra le specie rischio d’estinzione (Conti et al., 1997; Scoppola & Spampinato, 2005) è da citare in particolare Osmunda regalis L., riportata per la Calabria come specie fortemente minacciata, nota per pochissime stazioni montane della regione, alcune delle quali designate come S.I.C.
Un particolare contingente floristico è quello di alcune specie rare le cui ultime segnalazioni in Calabria si collocano tra la metà e la fine dell’’800 (Gussone, 1826; Macchiati, 1884; Porta et al., 1879) che, sebbene non inserite nelle liste rosse nazionali e regionali, sono da considerarsi, per l’area in oggetto e per tutto il territorio Aspromontano, come specie minacciate. Si tratta in particolare di:

– Calendula suffruticosa Vahl subsp. fulgida (Raf.) Guadagno,  

entità vegetale tipica degli
ambienti rupestri arenaceo-marnosi, finora
nota nel territorio aspromontano solo per
alcune località prossime allo Stretto di
Messina.

– Trifolium squamosum L. [syn: Trifolium maritimum Hudson],

entità segnalata anticamente presso Saline Joniche (RC) e Gerace (RC) da Porta (1879) e successivamente non più rinvenuta in Calabria da oltre un secolo (Conti et al., 2005).

– Silene bellidifolia Jacq.,

tipica degli incolti argillosi collinari e costieri ed indicata genericamente per il versante jonico della Calabria meridionale da Gussone (1826), Macchiati (1884), Porta et al. (1879) e non più rinvenuta in Calabria da oltre un secolo (Conti et al., 2005);

– Dianthus tripunctatus Sm.,

entità molto rara in Italia (Pignatti, 1982), presente solo in Toscana ed in Calabria ed inserita tra le specie a rischio di estinzione con lo status di di DD (data deficent) in quanto necessita di specifiche ricerche (Scoppola & Spampinato, 2005). In particolare, per la Calabria le ultime segnalazioni risalgono fino alla fine dell’800 (Tenore, 1830; Porta et al., 1879; Pasquale,1897). Una specifica analisi delle popolazioni di queste specie andrebbe svolta al fine di valutarne lo status IUCN.

Infine, sono da ricordare alcune specie prima non segnalate per il distretto floristico aspromontano
come: Phalaris truncata Guss., Salvia haematodes L., entrambe localizzate negli incolti
argillosi umidi, ed Isoëtes duriei Bory, piccola pteridofita tipica degli stagni temporanei.

IL S.I.C. “BOSCO DI RÙDINA”

Il S.I.C. “Bosco di Rùdina” (codice Natura 2000: IT9350159) rientra completamente nella cartografia presentata in questa sede. Esso, secondo la perimetrazione originale, si estende in provincia di Reggio Calabria per circa 177 ettari, ricadendo nella Regione biogeografica mediterranea (Fig. 4). Nel formulario Natura 2000, viene rimarcato innanzi tutto il valore naturalistico della lecceta mista a farnetto, corrispondente all’habitat 9340 della Direttiva Habitat 92/43/EEC. Si tratta di un bosco di notevole interesse in quanto raro sul versante ionico dell’Aspromonte. Il bosco viene indicato in buono stato di conservazione, ma estremamente vulnerabile all’incendio, al taglio ed al pascolo, nonché alla pressione antropica. La presenza del bosco misto di leccio e farnetto ha costituito la motivazione principale per proporre tale sito come SIC, ma oggi è possibile affermare che sono altrettanto meritevoli di protezione altre fitocenosi presenti nelle aree circostanti, come i pascoli aridi, nei quali si rinvengono specie tipiche dei substrati argillosi molto rare per il territorio calabrese, o gli stagni temporanei nei quali si localizza una peculiare flora igrofila. Inoltre lo studio svolto ha permesso di evidenziare la presenza di più tipologie di vegetazione forestale.

DINAMISMO DELLA VEGETAZIONE

L’analisi dei rapporti dinamici che si stabiliscono tra le varie fitocenosi ha permesso di definire le
serie dinamiche della vegetazione e di realizzare la carta della vegetazione potenziale, allegata alla carta della vegetazione reale. Le serie di vegetazione individuate sono qui di seguito brevemente descritte.
Serie della lecceta con erica (Erico-Querceto ilicis sigmetum)
Questa serie si localizza sui versanti con esposizione prevalentemente settentrionale, in genere piuttosto acclivi, con roccia affiorante. Fanno parte della serie, oltre bosco di leccio con erica che rappresenta lo stadio climax, anche le formazioni di macchia secondaria, ad erica e corbezzolo, dell’ Erico-Arbutetum unedonis, originate da processi di degradazione della cenosi forestale. Il perdurare dell’azione di disturbo innesca processi di degradazione del suolo che determinano l’insediamento delle garighe del Cisto-Ericion e dei prati aridi mediterranei dell’Echio-Galactition.

Serie del leccio e del farnetto (Querceto frainetto-ilicis sigmetum)
In Calabria, questa serie normalmente si localizza tra 400 e 800 m. Nell’area di studio, essa assume il significato di una edafoserie localizzata a quote inferiori, su substrati sabbiosi più freschi e umidi
per la particolare posizione topografica, essendo esposti a settentrione. Questa è la serie che  occupa la maggiore superficie nel Bosco di Rùdina.  La formazione edafo-climatofila è rappresentata da bosco misto di leccio e farnetto del Quercetum frainetto-ilicis. Fanno parte della serie la macchia ad Erica arborea e Arbutus unedo dell’EricoArbutetum unedonis, le garighe a cisto di Montpellier e sparzio villoso del Cisto-Ericion e i prati aridi mediterranei dell’Echio-Galactition.

Serie della quercia castagnara con erica (Erico-Querceto virgilianae sigmetum)
Lo stadio climax è rappresentato dal bosco di quercia castagnara (Quercus virgiliana) con erica
arborea (Erico-Quercetum virgilianae). Questa serie si insedia su substrati arenacei. I processi di
degradazione, legati all’incendio e ai conseguenti fenomeni di erosione, favoriscono l’affermarsi
della macchia del Calicotomo infestae-Ericetum arboreae e, successivamente, determinano l’insediamento delle garighe a cisti del CistoEricion. Queste formazioni secondarie formano spesso un mosaico con i prati terofitici dell’EchioGalactition.

Serie della quercia castagnara con olivastro (Oleo-Querceto virgilianae sigmetum)
Questa serie si insedia sui substrati a reazione neutra o neutro-basica, rappresentati da argille e siltiti. La vegetazione climatofila è rappresentata dal bosco termofilo dell’Oleo-Quercetum virgilianae, a dominanza di quercia castagnara, con denso strato arbustivo di sclerofille sempreverdi, fra le quali assumono maggior rilievo strutturale Olea europea subsp. oleaster e Pistacia lentiscus. Le azioni di disturbo determinano la sostituzione di questa formazione forestale con la macchia a lentisco e olivastro, con la quale spesso forma un mosaico. Gli ulteriori stadi di degradazione sono rappresentati dalle garighe a cisti e dai prati aridi mediterranei. Geoserie ripale dei corsi d’acqua permanenti Questa geoserie si localizza lungo i corsi d’acqua con un regime permanente, che mantengono una portata anche nei mesi estivi. La geoserie, che si insedia su alluvioni di natura sabbio-limosa, è costituita da alcune fitocenosi forestali igrofile che si sostituiscono lungo il corso d’acqua in relazione a fattori topografici. In particolare, i boschi ad ontano nero del Polystico-Alnetum glutinosae si localizzano lungo il corso d’acqua nei tratti con valli strette e condizioni di maggiore ombreggiamento, mentre nei tratti più aperti sono presenti i saliceti del Salicetum albo-brutiae.  Il taglio favorisce le formazioni arbustivo-lianose a Rubus ulmifolius. Geoserie ripale dei corsi d’acqua intermittenti Si rinviene lungo i corsi d’acqua con regime torrentizio, privi di portata idrica nel periodo estivo. Questa geoserie si insedia su alluvioni di natura ghiaiosa o ghiaioso-sabbiosa, ben drenate. Il geosigmeto è articolato in fitocenosi che si sostituiscono in relazione alla profondità della falda freatica ed al disturbo arrecato dalle piene del corso d’acqua.

Le boscaglie ripali a tamerici e agnocasto del Tamarici africanae-Viticetum agnicasti si localizzano sui terrazzi alluvionali che risentono maggiormente della risalita della falda freatica. Per contro, lungo gli impluvi si localizzano aspetti impoveriti della precedente associazione, a dominanza di tamerice maggiore (Tamarix africana), che sono stati riferiti ad un aggruppamento a Tamarix africana.              Sui terrazzi alluvionali periodicamente rimaneggiati dalle piene invernali e completamente asciutti nel periodo estivo si localizza la vegetazione glareicola dell’ Artemisio-Helichrysetum italici.

FONTI: https://www.researchgate.net/profile/Domenico_Caridi/publication/281029610_Carta_della_vegetazione_reale_del_Bosco_di_Rudina_RC_-_Calabria/links/55d1a2be08ae502646aa5c2c/Carta-della-vegetazione-reale-del-Bosco-di-Rudina-RC-Calabria.pdf

Page 11 of 14

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén