Tutti voi che ci seguite e ci leggete quotidianamente, sapete quanto sia importante per noi diffondere la cultura ambientalista del rispetto della natura, della cultura dei luoghi e delle bio-diversità esistente. Ebbene abbiamo deciso di parlarvi del Bosco di Rùdina che si trova a Ferruzzano un bosco delle meraviglie che nasconde segreti incredibili.

Ci siamo affidati a degli studi condotti sul caso specifico ed abbiamo estrapolato le fonti più importanti per farvi capire quanto sia importante  conoscere i vari aspetti che caratterizzano quest’isola alle pendici pre-aspromontane sul versante jonico reggino.

Il Bosco di Rùdina è localizzato nella fascia collinare del versante ionico della provincia di Reggio Calabria, a quote comprese tra i 200 e i 400 m. s.l.m. (Fig. 1). Il bosco si rinviene a poca distanza dal centro abitato di Ferruzzano, sui versanti con prevalente esposizione a settentrione che digradano verso l’ampio alveo della Fiumara La Verde. Sotto il profilo amministrativo il bosco rientra nel comune di Ferruzzano, ma l’area cartografata è più vasta e interessa anche i comuni di Caraffa del Bianco e Sant’Agata del Bianco. Il Bosco di Rùdina ha un notevole interesse naturalistico soprattutto per la diversificata vegetazione forestale, nel complesso ben conservata, condizione che si rinviene raramente sul versante ionico calabrese. Per salvaguardare questo particolare biotopo esso è stato designato come Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C.) nell’ambito del progetto Bioitaly.

GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA (Progetto Phytos.I.S. Aa cura del Dott. Antonio Costantini
Commissario Liquidatore ARSSA)

Il territorio esaminato è caratterizzato da substrati geologici di natura sedimentaria che possono
essere fatti risalire al Miocene medio-inferiore. Le principali unità geo-litologiche osservate sono le
seguenti (Cassa per il Mezzogiorno, 1971)- Argille nerastre-grigie o policrome, spesso di aspetto caotico, denominate “argille scagliose”. Esse si presentano con intercalazioni, anche considerevoli, di arenarie brune a grana fine, contorte e suddivise in blocchi di forme allungate e piatte. Occupano prevalentemente una superficie che circonda la località Rocca del Carruso. Presentano scarsa resistenza all’erosione e, quando impregnate d’acqua, tendono a dar luogo a movimenti franosi (colate di fango).

-Siltiti grigie in strati sottili, generalmente con frequenti intercalazioni sabbiose. Sono diffuse, oltre che nei pressi della già citata Rocca del Carruso, anche in località Cerasa e presso Fontana dei Frati. Presentano una moderata resistenza all’erosione e una permeabilità da bassa a media.

– Arenarie quarzose con locali intercalazioni di argille marnose rossastre o di siltiti grigi
Costituiscono il complesso più diffuso all’interno della superficie cartografata, comprendendo l’intero Bosco di Rùdina ed una larga fascia situata ad Est del paese di Ferruzzano. Questo complesso presenta una resistenza all’erosione piuttosto elevata, eccetto nelle zone di più intensa fratturazione; la permeabilità è notevole.

Arenarie, generalmente grossolane e massicce, talora con concrezioni, localmente
con piccoli ciottoli, dotate di elevata resistenza all’erosione ed elevata permeabilità. Nell’area
cartografata sono significativamente presenti solo ad Est della Rocca del Carruso, dove
costituiscono una stretta fascia che si snoda in direzione Nord-Sud.

– Detriti di frana, i quali occupano soprattutto le zone vallive.
Sebbene questa descrizione dei complessi litologici sia in accordo anche con la loro disposizione stratigrafica – infatti, nella norma, le rocce che si trovano sotto le argille scagliose sono, in ordine discendente, siltiti-calcari duri – areniti – l’area di Ferruzzano rappresenta una notevole eccezione, poiché in essa si osserva la presenza di grandi affioramenti di rocce arenacee circondati da argille policrome. Pertanto, la massa di Ferruzzano sembra essere stata, un tempo, una intercalazione di materiale sabbioso tra le argille, poiché vi sono argille policrome sopra e sotto di essa; parte delle argille che appaiono superiormente sono ben stratificate e gli strati sabbiosi questione passano superiormente a siltiti e ad argille (Davies, 1962).

GEODINAMICA DEL TERRITORIO

Il territorio di Ferruzzano rientra nell’area sismica definita “versante ionico aspromontano”. Si tratta di un’area di minore importanza, inserita fra le due principali aree sismiche calabresi: la Piana di Gioia Tauro e lo Stretto di Messina (Bottari et al 1982). Nel 1907, un disastroso terremoto sconvolse l’intero centro abitato. Appena 70 anni dopo, nel 1978, una nuova scossa di magnitudo 4.6, pari al VII grado della scala MSK (Medvedev, Sponheuer, Karnik) interessò Ferruzzano insieme a Palizzi, Roccaforte del Greco, Bova e Staiti. Il paese di Ferruzzano fu quello maggiormente colpito, sia come conseguenza del primo che del secondo evento sismico, ma è interessante osservare che, sebbene l’ultimo sisma abbia avuto un’intensità di 7° MSK, i danni riportati agli edifici sono confrontabili con quelli determinati da un sisma di 8° MSK. L’amplificazione dell’effetto della scossa sismica è dovuto alle peculiari condizioni geologico-strutturali, morfologiche e di stabilità di versante che interessano il comprensorio di Ferruzzano. In particolare, si rileva un importante “effetto di picco”, legato alla posizione sommitale dei paesi; la presenza di strati di rocce “soffici” sovrapposte su substrati rigidi; la presenza di sottili strati di detriti. Ferruzzano, fra l’altro, presenta le peggioricondizioni di stabilità rispetto ai centri abitati limitrofi (Bottari et al., l.c.).8 Tutte le formazioni del Miocene inferiore appaiono, in zona, intensamente interessate da faglie. Le stesse argille assumono aspetto caotico proprio a causa della combinazione di faglie e scivolamenti. Il versante con pendenza in direzione Nord-Est, ai piedi del paese di Ferruzzano, è interessato da un importante movimento franoso, in prevalenza di tipo “scorrimento-colata”, ma anche di tipo “valanga di detrito”. Quest’ultima tipologia si osserva anche al di sotto di Bruzzano vecchio, sul versante con pendenza in direzione Sud (Sorriso-Valvo, 1994).

VICISSITUDINI STORICHE (a cura di Orlando Sculli)

Verso la metà dell’VIII sec. a.C., l’ateniese Teocle convinse calcidesi, megaresi e dori a tentare la colonizzazione di parte della Sicilia. I calcidesi fondarono Naxos, i megaresi Megara Iblea, i dori
discriminati tentarono il ritorno in patria, ma arrivati allo Zefirio (Capo Bruzzano) fondarono una piccola colonia (Müller, 1855). Pochi anni dopo, Archia di Corinto, guidando una spedizione di coloni della sua città verso la Sicilia (dove fondò Siracusa) e passando dallo Zefirio si fece guidare, per la sua impresa, dai dori che abbandonarono la piccola colonia. Mezzo secolo dopo all’incirca, nel 685 a.C., coloni greci provenienti dalla Locride Opunzia (od Ozolia) fondarono nei pressi di Capo Bruzzano, Locri Epizephiri che abbandonarono quattro anni dopo, spostandosi verso l’attuale piana di Locri, con l’aiuto dei siracusani (Strabone, 1988). Durante il periodo ellenico, romano e bizantino, l’attuale territorio di
Ferruzzano fu intensamente coltivato a vite, come attestano i circa 200 palmenti scavati nella roccia
disseminati ovunque. I reticoli di strade presenti in alcune contrade testimoniano la centuriazione
romana o bizantina in aree vocate alla viticoltura. Sicuramente la produzione di vino della zona era
destinata all’esportazione in terre lontane, anche nel tardo antico e durante il dominio di Bisanzio, come attestano le numerose croci bizantine impresse su alcuni palmenti. A partire dal IX secolo, dopo la conquista della Sicilia, gli arabi cominciarono a funestare la Calabria con attacchi12 continui e il territorio attorno a Capo Bruzzano fu sottoposto a scorrerie e brevi occupazioni. Nella primavera del 925, gli arabi occuparono e devastarono Bruzzano, guidati da Abu Ahmad Gafar Ibn Ubayd (Amari, 1935). La contrada S. Domenica, ricadente attualmente nel comune di Ferruzzano, dove vi sono segni di un insediamento ellenico, ospitava allora Bruzzano; la vicina contrada Schiavone ricorda l’acquartieramento in zona dell’esercito arabo, rinforzato allora da mercenari croati e dalmati,
chiamati all’epoca appunto schiavoni.

Una leggenda popolare, comune a Bruzzano e a Ferruzzano, indica che allora la popolazione si divise; mentre una parte restò nell’area, un’altra raggiunse la collina, su cui poi sorse Ferruzzano, che all’epoca mantenne il nome dello stesso Bruzzano. Infatti secondo il grande glottologo tedesco G. Rohlfs, che tanto amò ed onorò la Calabria con la sua opera, Ferruzzano non significa altro che Bruzzano, derivando il proprio nome dal passaggio intermedio di Fruzzano (Rohlfs, 1974). Bruzzano invece, secondo lo studioso tedesco, deriva il suo nome da quello di qualche famiglia romana (forse i Bruto), che possedevano qualche villa rustica in zona. A riprova di quanto ipotizzato da Rohlfs, riportiamo una interrogazione del principe di Salerno della famiglia del re Carlo I D’Angiò, del 1276, con cui chiedeva al giustiziere di Calabria quali fossero i territori forniti di porti ed ebbe in risposta che un porto era ubicato nel feudo di Giovanni De Brayda di Alba, signore della terra di Bruzzano Vetere e un altro nel territorio della contea di Bruzzano, pertanto Ferruzzano, di cui era signore Pietro Ruffo (Accademia Pontiana, 1968). Già a partire dal 1328, Ferruzzano perse il nome di Bruzzano e divenne Casale di Bruzzano Vetere, fino alle leggi eversive della feudalità, volute da Giuseppe Bonaparte nel 1806. Tra i casali di Bruzzano, ne esisteva un altro, chiamato Roseto (da un nome bizantino che sarà stato Ródanon). Il luogo dove esso sorgeva ricade ora nel comune di Ferruzzano e ce lo ricorda il Bosco di Rùdina, che contiene al suo interno una ventina di misteriosi palmenti (12 sono stati documentati). Proprio sul feudo di Rodano ci fu un contenzioso fra Giovanni De Brayda di Alba e Filippo Balderi, signore di Policore, il cui territorio era appartenuto a Bruzzano Vetere (cfr. Registri Angioini, vol. XIII, Registro n. 308, pg. 284). Il problema fu risolto con un matrimonio, ma ciò dimostra che Roseto ricadeva sul confine del territorio di Bruzzano e Samo (Policore, come allora veniva chiamato), dove ora si sviluppa il Bosco di Rùdina. Tale località era stata distrutta nell’estate del 952, da Al-Hasan, emiro di Sicilia, assieme a Pietracucca, grosso borgo che sorgeva forse tra Marinella di Bruzzano e Brancaleone (Amari, 1935). Fino al 1806, Ferruzzano seguì le sorti di Bruzzano, di cui era casale e prima della sua autonomia amministrativa aveva subito un terremoto nel 1783, con 35 morti; ma il colpo di grazia lo ebbe il 23 ottobre 1907, quando, dopo un terremoto disastroso, subì circa 200 morti. D’allora la ripresa fu problematica, funestata da frane, alluvioni,malaria e da una terribile emigrazione transoceanica che lo spopolò letteralmente. Attualmente è completamente privo d’abitanti, mentre alla marina sopravvive a stento unapiccola comunità, alla base di Capo Bruzzano, l’antico Zefirio.

LA VEGETAZIONE E LA FLORA

Il Bosco di Rùdina costituisce una formazione forestale di notevole pregio ambientale. La sua peculiarità, e forse anche la sua unicità, è rappresentata dal fatto di essere uno degli ultimi esempi di formazione forestale di bassa quota, presente sul versante ionico dell’Aspromonte. Il bosco presenta un notevole interesse naturalistico per la ricchezza floristica e la diversità fito-cenotica che vi si riscontrano. Infatti, non si tratta solo della tipica formazione di latifoglie sclerofille sempreverdi caratterizzata dal leccio, ma di un’entità più articolata e complessa dove appare meglio rappresentato per estensione il bosco misto a leccio e farnetto. Proprio la presenza di quest’ultima specie, spesso consociata ad altre specie arboree (come l’acero napoletano, l’acero trilobo, il frassino ossifillo o il carpino nero) rappresenta uno degli aspetti più interessanti del Bosco di Rùdina. La presenza di queste specie forestali a carattere mesofilo è possibile per la particolare conformazione morfologica del territorio prevalentemente esposto a settentrione. Tale caratteristica conferisce al biotopo un mesoclima a carattere più fresco e umido rispetto al territorio circostante. Infatti, dove tali fattori stazionali mutano, si assiste ad un conseguente ed ulteriore mutamento di composizione floristica. E’ il caso dei versanti più assolati a prevalenza di Quercus virgiliana, o dei versanti più acclivi, dove si rinvengono formazioni di leccio con Erica arborea o ancora impluvi con maggiore disponibilità di suolo, dove è il farnetto a
prevalere. Sebbene il Bosco di Rùdina sia caratterizzato da aspetti vegetazionali di sicuro interesse naturalistico, a tutt’oggi non è stato oggetto di un’accurata indagine floristica e fitosociologica. Dati inediti sulla flora e sulla vegetazione, limitatamente alla superficie interessata dalle formazioni forestali, sono riportati in Cameriere (2000). Molto meglio conosciuto, sia
floristicamente che fitosociologicamente, risulta essere il limitrofo Parco Nazionale dell’Aspromonte, istituito con DPR 14 gennaio 1994 (Brullo et al., 2001; Cameriere et al., 2002; Spampinato, 2002). 

Tra le specie rischio d’estinzione (Conti et al., 1997; Scoppola & Spampinato, 2005) è da citare in particolare Osmunda regalis L., riportata per la Calabria come specie fortemente minacciata, nota per pochissime stazioni montane della regione, alcune delle quali designate come S.I.C.
Un particolare contingente floristico è quello di alcune specie rare le cui ultime segnalazioni in Calabria si collocano tra la metà e la fine dell’’800 (Gussone, 1826; Macchiati, 1884; Porta et al., 1879) che, sebbene non inserite nelle liste rosse nazionali e regionali, sono da considerarsi, per l’area in oggetto e per tutto il territorio Aspromontano, come specie minacciate. Si tratta in particolare di:

– Calendula suffruticosa Vahl subsp. fulgida (Raf.) Guadagno,  

entità vegetale tipica degli
ambienti rupestri arenaceo-marnosi, finora
nota nel territorio aspromontano solo per
alcune località prossime allo Stretto di
Messina.

– Trifolium squamosum L. [syn: Trifolium maritimum Hudson],

entità segnalata anticamente presso Saline Joniche (RC) e Gerace (RC) da Porta (1879) e successivamente non più rinvenuta in Calabria da oltre un secolo (Conti et al., 2005).

– Silene bellidifolia Jacq.,

tipica degli incolti argillosi collinari e costieri ed indicata genericamente per il versante jonico della Calabria meridionale da Gussone (1826), Macchiati (1884), Porta et al. (1879) e non più rinvenuta in Calabria da oltre un secolo (Conti et al., 2005);

– Dianthus tripunctatus Sm.,

entità molto rara in Italia (Pignatti, 1982), presente solo in Toscana ed in Calabria ed inserita tra le specie a rischio di estinzione con lo status di di DD (data deficent) in quanto necessita di specifiche ricerche (Scoppola & Spampinato, 2005). In particolare, per la Calabria le ultime segnalazioni risalgono fino alla fine dell’800 (Tenore, 1830; Porta et al., 1879; Pasquale,1897). Una specifica analisi delle popolazioni di queste specie andrebbe svolta al fine di valutarne lo status IUCN.

Infine, sono da ricordare alcune specie prima non segnalate per il distretto floristico aspromontano
come: Phalaris truncata Guss., Salvia haematodes L., entrambe localizzate negli incolti
argillosi umidi, ed Isoëtes duriei Bory, piccola pteridofita tipica degli stagni temporanei.

IL S.I.C. “BOSCO DI RÙDINA”

Il S.I.C. “Bosco di Rùdina” (codice Natura 2000: IT9350159) rientra completamente nella cartografia presentata in questa sede. Esso, secondo la perimetrazione originale, si estende in provincia di Reggio Calabria per circa 177 ettari, ricadendo nella Regione biogeografica mediterranea (Fig. 4). Nel formulario Natura 2000, viene rimarcato innanzi tutto il valore naturalistico della lecceta mista a farnetto, corrispondente all’habitat 9340 della Direttiva Habitat 92/43/EEC. Si tratta di un bosco di notevole interesse in quanto raro sul versante ionico dell’Aspromonte. Il bosco viene indicato in buono stato di conservazione, ma estremamente vulnerabile all’incendio, al taglio ed al pascolo, nonché alla pressione antropica. La presenza del bosco misto di leccio e farnetto ha costituito la motivazione principale per proporre tale sito come SIC, ma oggi è possibile affermare che sono altrettanto meritevoli di protezione altre fitocenosi presenti nelle aree circostanti, come i pascoli aridi, nei quali si rinvengono specie tipiche dei substrati argillosi molto rare per il territorio calabrese, o gli stagni temporanei nei quali si localizza una peculiare flora igrofila. Inoltre lo studio svolto ha permesso di evidenziare la presenza di più tipologie di vegetazione forestale.

DINAMISMO DELLA VEGETAZIONE

L’analisi dei rapporti dinamici che si stabiliscono tra le varie fitocenosi ha permesso di definire le
serie dinamiche della vegetazione e di realizzare la carta della vegetazione potenziale, allegata alla carta della vegetazione reale. Le serie di vegetazione individuate sono qui di seguito brevemente descritte.
Serie della lecceta con erica (Erico-Querceto ilicis sigmetum)
Questa serie si localizza sui versanti con esposizione prevalentemente settentrionale, in genere piuttosto acclivi, con roccia affiorante. Fanno parte della serie, oltre bosco di leccio con erica che rappresenta lo stadio climax, anche le formazioni di macchia secondaria, ad erica e corbezzolo, dell’ Erico-Arbutetum unedonis, originate da processi di degradazione della cenosi forestale. Il perdurare dell’azione di disturbo innesca processi di degradazione del suolo che determinano l’insediamento delle garighe del Cisto-Ericion e dei prati aridi mediterranei dell’Echio-Galactition.

Serie del leccio e del farnetto (Querceto frainetto-ilicis sigmetum)
In Calabria, questa serie normalmente si localizza tra 400 e 800 m. Nell’area di studio, essa assume il significato di una edafoserie localizzata a quote inferiori, su substrati sabbiosi più freschi e umidi
per la particolare posizione topografica, essendo esposti a settentrione. Questa è la serie che  occupa la maggiore superficie nel Bosco di Rùdina.  La formazione edafo-climatofila è rappresentata da bosco misto di leccio e farnetto del Quercetum frainetto-ilicis. Fanno parte della serie la macchia ad Erica arborea e Arbutus unedo dell’EricoArbutetum unedonis, le garighe a cisto di Montpellier e sparzio villoso del Cisto-Ericion e i prati aridi mediterranei dell’Echio-Galactition.

Serie della quercia castagnara con erica (Erico-Querceto virgilianae sigmetum)
Lo stadio climax è rappresentato dal bosco di quercia castagnara (Quercus virgiliana) con erica
arborea (Erico-Quercetum virgilianae). Questa serie si insedia su substrati arenacei. I processi di
degradazione, legati all’incendio e ai conseguenti fenomeni di erosione, favoriscono l’affermarsi
della macchia del Calicotomo infestae-Ericetum arboreae e, successivamente, determinano l’insediamento delle garighe a cisti del CistoEricion. Queste formazioni secondarie formano spesso un mosaico con i prati terofitici dell’EchioGalactition.

Serie della quercia castagnara con olivastro (Oleo-Querceto virgilianae sigmetum)
Questa serie si insedia sui substrati a reazione neutra o neutro-basica, rappresentati da argille e siltiti. La vegetazione climatofila è rappresentata dal bosco termofilo dell’Oleo-Quercetum virgilianae, a dominanza di quercia castagnara, con denso strato arbustivo di sclerofille sempreverdi, fra le quali assumono maggior rilievo strutturale Olea europea subsp. oleaster e Pistacia lentiscus. Le azioni di disturbo determinano la sostituzione di questa formazione forestale con la macchia a lentisco e olivastro, con la quale spesso forma un mosaico. Gli ulteriori stadi di degradazione sono rappresentati dalle garighe a cisti e dai prati aridi mediterranei. Geoserie ripale dei corsi d’acqua permanenti Questa geoserie si localizza lungo i corsi d’acqua con un regime permanente, che mantengono una portata anche nei mesi estivi. La geoserie, che si insedia su alluvioni di natura sabbio-limosa, è costituita da alcune fitocenosi forestali igrofile che si sostituiscono lungo il corso d’acqua in relazione a fattori topografici. In particolare, i boschi ad ontano nero del Polystico-Alnetum glutinosae si localizzano lungo il corso d’acqua nei tratti con valli strette e condizioni di maggiore ombreggiamento, mentre nei tratti più aperti sono presenti i saliceti del Salicetum albo-brutiae.  Il taglio favorisce le formazioni arbustivo-lianose a Rubus ulmifolius. Geoserie ripale dei corsi d’acqua intermittenti Si rinviene lungo i corsi d’acqua con regime torrentizio, privi di portata idrica nel periodo estivo. Questa geoserie si insedia su alluvioni di natura ghiaiosa o ghiaioso-sabbiosa, ben drenate. Il geosigmeto è articolato in fitocenosi che si sostituiscono in relazione alla profondità della falda freatica ed al disturbo arrecato dalle piene del corso d’acqua.

Le boscaglie ripali a tamerici e agnocasto del Tamarici africanae-Viticetum agnicasti si localizzano sui terrazzi alluvionali che risentono maggiormente della risalita della falda freatica. Per contro, lungo gli impluvi si localizzano aspetti impoveriti della precedente associazione, a dominanza di tamerice maggiore (Tamarix africana), che sono stati riferiti ad un aggruppamento a Tamarix africana.              Sui terrazzi alluvionali periodicamente rimaneggiati dalle piene invernali e completamente asciutti nel periodo estivo si localizza la vegetazione glareicola dell’ Artemisio-Helichrysetum italici.

FONTI: https://www.researchgate.net/profile/Domenico_Caridi/publication/281029610_Carta_della_vegetazione_reale_del_Bosco_di_Rudina_RC_-_Calabria/links/55d1a2be08ae502646aa5c2c/Carta-della-vegetazione-reale-del-Bosco-di-Rudina-RC-Calabria.pdf