Luoghi misteriosi nella nostra Calabria, luoghi dove riecheggiano ancora strani racconti e leggende avvincenti dai significati forti che gli anziani ancora tramandano attraverso i racconti
Oggi ci soffermiamo sulla leggenda della “Rocca di San Fantino”, che ho avuto modo di visitare recentemente. Un luogo costellato da grandi rocce di arenaria rossa, e palmenti in pietra, testimonianze di grande interesse archeologico e storico di questi luoghi.

Ci troviamo a Motticella piccola frazione di Bruzzano Zeffirio, dove vi abitano poco più che una manciata di abitanti per lo più anziani che si dedicano ancora con tanta passione e determinazione alla pastorizia e all’ agricoltura. Il borgo sull’orlo del torrente Bampalona o Torno è dominato dal maestoso il Monte Scapparone (1058 mt s.l.m.).

Proprio nelle vicinanze del paese, alle pendici del monte Fasoleria nel comune di Ferruzzano, vi è una località chiamata San Fantino (o come riporta un cartello turistico posto sulla strada dove c’è scritto “Rocca di San Phantino“).
La località è caratterizzata da un monolite di arenaria che si erge come un dito in uno scenario davvero unico al mondo, non distante dai resti medievali di chiese bizantine e antiche chiesette che costellano il territorio che ricadono anche sul territorio di Bruzzano Zeffirio e Ferruzzano. Attraverso tanta curiosità, mi avventurai nel borgo di Motticella, attraverso vicoli e vicoletti che conducono alla parte più alta della collinetta su cui spicca un fabbricato che dev’essere di origini medievali. Qui il paese ha accolto il famoso cronista televisivo RAI Vincenzo Mollica che trascorse parte della sua infanzia sino al suo trasferimento nel nord Italia. La poca gente che vi abita è così cortese che la cosa che mi rimarrà sempre impressa è la bella atmosfera che ho vissuto proprio quando la signora che abita proprio sotto a quello che viene chiamato Castello o Casa Baronale di Motticella mi invitò a casa sua bere un bicchiere di vino di sua produzione con tanto di formaggio pecorino prodotto dalla loro piccola azienda agricola, mostrandomi i lavori d’intaglio su legno realizzati dal padre che è un vero maestro di questa tradizione antica che oggi è più unica che rara.

Il mio percorso però non vuole fermarsi a borgo ma trovare la strada che mi conduce alla località “Bagni”, in questa località da una fenditura di una roccia sgorga dell’acqua sulfurea dalle proprietà benefiche davvero incredibili, tanto conosciuta dai monaci Bizantini dell’epoca che in questo luogo attraverso delle vasche costruite appositamente e di cui ne rimangono tracce evidenti, curavano ogni male, tanto che fino agli anni ’50 venivano prelevati i fanghi per essere utilizzati nella prima stazione termale sita ad Antonimina nell’entroterra della città di Locri.

Mentre mi incamminai sulla strada che costeggia uno un bosco di Eucalipti, incontrai il Sign. Gianni Mafrici (originario del luogo) che mi invita a seguirlo, in quanto anche lui si stava recando presso la sorgente. Lungo il breve cammino che dal paese, tramite un agile stradella a tratti asfaltata porta alla suddetta località non mi trattengo ad interrogarlo con estrema curiosità, quasi come un bambino che vuole conoscere il mondo. E’ sempre il Signor Gianni che ad un certo punto mi narra di questa leggenda proprio mentre ci incamminiamo verso la famosa “Rocca di San Fantino”.

SI RACCONTA CHE IN LOCALITA’ “IUNCHI” TRA I PAESI DI MOTTICELLA E FERRUZZANO, NELLE VICINANZE DELLA  “ROCCA DI SAN FANTINO” VIVESSE UN FRATE EREMITA DI NOME PHENTINO O PHANTINO, ESPERTO NELLE PRATICHE MEDICHE DELLE PIANTE MEDICINALI E AGRICOLE, TANTO CHE LE GENTI DEL LUOGO SPESSO RICORREVANO A LUI PER CONSIGLI RELATIVI ALLE SEMINE, POTATURE, INNESTI ED TANTO ALTRO. A MOTTTICELLA VIVEVA UNA BELLISSIMA RAGAZZA DI NOBILE FAMIGLIA, COME IN TUTTE LE STORIE DI PAESE PARE CHE QUESTA RAGAZZA AVESSE UN AMANTE SEGRETO PER IL QUALE IL PADRE NON FOSSE D’ACCORDO ALLA RELAZIONE. UN GIORNO LA RAGAZZA SI ACCORSE DI ESSERE IN ATTESA DI UN FIGLIO, CERTA CHE IL PADRE NON SAREBBE STATO CONTENTO DECISE DI TENERE NASCOSTA LA GRAVIDANZA. UN GIORNO SI RECO’ PRESSO QUESTO FRATE EREMITA A CHIEDERE CONSIGLI, INSIEME CONVENNERO CHE POCO PRIMA DEL PARTO LA RAGAZZA SI SAREBBE RECATA PRESSO IL PICCOLO ASCETERIO CON LA SCUSA CHE SAREBBE ANDATA A TROVARE ALCUNI PERENTI IN UN PAESE LONTANO DA MOTTICELLA. E COSI’ ACCADDE, LA RAGAZZA PARTORI’ UN BEL BAMBINO, RIMASE CON IL FRATE PER PIU’ DI UN MESE FINCHE’ IL BAMBINO NON COMINCIO’ A NUTRIRSI DI LATTE DI CAPRA. DI TANTO IN TANTO LA DONNA SI RECAVA DI NASCOSTO SUL LUOGO A TROVARE IL BAMBINO CHE CRESCEVA SEMPRE PIU’ BELLO. UN GIORNO IL BAMBINO SI AMMALO’, FORSE DI BRONCHITE, ED IL FRATE NON RIUSCI’ A CURARLO CON LE SUE ERBE, TANTO CHE DI LI A POCO IL BAMBINO MORI’.

rocca di san fantino

IL FRATE DISPERATO PER L’ACCADUTO SI RECO’ IN CIMA ALLA GRANDE ROCCIA, POSE IL CORPICINO SENZA VITA DEL BAMBINO SULLA CIMA E SI MISE A PREGARE CON TUTTA LA SUA FORZA E TUTTA LA SUA FEDE, SPERANDO IN UN MIRACOLO DIVINO. DURANTE LA PREGIERA SI ADDORMENTO’ E CORVI E CORNACCHIE MANGIARONO IL CORPICINO DEL POVERO BIMBO. IL FRATE AL SUO RISVEGLIO FECE LA MACABRA SCOPERTA. DOPO ALCUNI GIORNI LA RAGAZZA SI RECO’ NUOVAMENTE A TROVARE IL FIGLIO, MA GIUNTA DA FRATE VENNE A CONOSCENZA DELL’ORRIBILE FINE, E IN PREDA AL DOLORE SI AVVENTO’ SUL FRATE PERCUOTENDOLO CON FORZA STACCANDOGLI IL NASO CON UN MORSO. LA DONNA RITORNO’ A CASA PIANGENDO DISPERATA, TANTO CHE PER IL DOLORE DIVENTO’ MATTA. INFATTI LA FAMIGLIA DELLA DONNA FU COSTRETTA A RINCHIUDERLA IN UNA STANZA DELLA CASA SENZA FINESTRE, IN PRATICA UNA VERA E PROPRIA CELLA, DOVE LA RAGAZZA VI RIMASE FINO ALLA SUA MORTE. IL FRATE INVECE , A CAUSA DELL’INFEZIONE AL NASO, DI LI A POCO MORI’ ANCHE LUI.

Un misterioso tesoro:

SEMBRA PROPRIO CHE LA ROCCIA, NASCONDA UN TESORO, PROTETTO DA UN SERPENTE (O UN DEMONE).  LA LEGGENDA VUOLE CHE, PER POTER ENTRARE IN POSSESSO DI QUESTO TESORO BISOGNA RECARSI SULLA ROCCA IN UNA NOTTE DI LUNA PIENA CON UN NEONATO MASCHIO UCCIDERLO E CUCINARLO IN UNA PENTOLA MAI USATA PRIMA, A QUESTO PUNTO, IL SERPENTE DOVREBBE APRIRE LA ROCCIA LASCIANDO ACCESSO A QUESTO GRANDE TESORO, CONTENUTO IN UN PENTOLONE DI RAME COLMO DI MONETE D’ORO E DIAMANTI E RUBINI.

QUESTA E’ LA STORIA CHE ANCORA OGGI GLI ANZIANI TRAMANDANO ORALMENTE IN PAESE.

Storie e leggende che spesso rincorrono vite e vicissitudini per i quali ci portano a chiederci: perché queste storie sono riuscite ad arrivare sino a noi oggi? Quali significati arcaici si celano dietro queste storie verosimili? Qual’è il confine tra il vero e il falso o tra storia e leggenda? Una Calabria sconosciuta, misteriosa, arcaica, celata, ricca di significati che oggi meritano di essere raccontati grazie a queste poche righe, che arrivano viaggiando attraverso l’etere, oggi fucina di cultura nel nostro tempo.

dI Carmine Verduci