17 Ottobre 2021 “Uniti per la Solidarietà 2021” – Periplo Diga sul Menta

Torna anche quest’anno il consueto appuntamento con la solidarietà, le Associazioni del territorio Reggino organizzano un trekking di Beneficenza ricordando Elita allo scopo di raccogliere fondi per l’Hospice Via delle Stelle di Reggio Calabria.

Domenica 17 Ottobre vi aspettiamo per il trekking alla Diga sul Menta sul torrente Menta- Roccaforte del Greco (RC) per ammirare le bellezze di questo bacino artificiale fra i più suggestivi del nostro territorio. Un percorso ad anello che costeggerà le sponde del lago artificiale, in grado di regalare panorami mozzafiato, e suggestioni incredibili per una piacevole giornata all’aria aperta ed a contatto con la natura.

La Diga del Menta, costruita dallo Stato attraverso la Cassa per il Mezzogiorno, è stata completata nel 2004. Sorical, subentrata alla Regione nel 2004, con un notevole sforzo organizzativo e grazie al contribuito dello Stato, ha costruito tutte le opere a valle dello sbarramento: l’opera di presa, la galleria di derivazione, la condotta forzata, l’impianto di potabilizzazione, le condotte di distribuzione. Nel 2018 tutto lo schema è entrato in funzione consentendo l’utilizzo idropotabile alla città di Reggio Calabria. E’ così una grande opera incompiuta è diventata un’opera strategica per la Calabria! 

IL PERCORSO:

Parcheggiata l’auto presso la diga del Menta (mt 1.370), si entra attraverso la casa di guardia verso il percorso che attraverserà proprio la cima della diga, per immettersi poi lungo la sterrata che costeggia il lago. Un percorso semplice, adatto a tutti e senza particolari difficoltà, in grado di regalare scorci e visioni del lago artificiale ad ogni metro e da qualunque prospettiva.  Si cammina costeggiando il lago in senso orario, fino ad arrivare al piccolo ruscello che alimenta la diga, qui tra la boscaglia tipica Aspromontana, il ruscello, i colori dei boschi, regalano momenti di pace e tranquillità. Si riprenderà il cammino, sempre costeggiando la diga per giungere dopo qualche ora al punto di inizio del percorso, non prima di aver goduto di nuovi scenari e nuove prospettive del grande specchio d’acqua che regala riflessi incredibili, specie all’inizio dell’autunno. Lo scenario dell’Aspromonte è verde, piacevole, riposante. La montagna è originale, poiché regala colori e tonalità differenti in ogni stagione.

PROGRAMMA:

ORE 09:30 Arrivo alla diga del menta, registrazione e versamento contributo
ORE 10:00 inizio Escursione
ORE 13:00 Pausa pranzo (a sacco) lungo il percorso
ORE 15:30 circa fine escursione, comunicazione importo devoluto all’Hospice e Saluti, saluto degli organizzatori, Istituzioni presenti.

COME PRENOTARSI:

Per aderire Telefonare ad uno dei seguenti numeri di telefono: 3292028712 – 3476476347 – 347-0844564 (Fornendo Nome e Cognome entro e non oltre il 15 Ottobre 2021)

QUOTA DI PARTECIPAZIONE:

10€ (la quota sarà interamente devoluta alla Fondazione Via delle Stelle Hospice di Reggio Calabria)

 SCHEDA TECNICA:

COMUNI INTERESSATI: Roccaforte del Greco – Roghudi
LOCALITA’: Diga del Menta
PERCORSO: ad anello
LUNGHEZZA PERCORSO: 6,5Km
DIFFICOLTA’: E/T (Escursionistico Turistico)
TEMPI: 5 ore incluso soste
DISLIVELLI: irrisorio

 SI CONSIGLIA:

Abbigliamento adatto al periodo, a strati (o a cipolla), scarponcini da trekking, K-way, impermeabile, spuntino o pranzo, almeno 2lt di acqua, kit personale di Gel igienizzante, mascherina personale.

COSA BISOGNA SAPERE:

  • L’evento si svolgerà nel rispetto delle norme anti covid-19, pertanto si invitano i partecipanti a rispettare le distanze, evitare assembramenti.
  • L’escursione sarà diretta e guidata da guide ufficiali/professioniste esperte che indicheranno modalità di svolgimento dell’escursione.
  • L’iscrizione all’ escursione deve essere effettuata obbligatoriamente entro le ore 24:00 del venerdì antecedente fornendo nominativi dei partecipanti (nome e cognome, più un contatto telefonico).
  • Il partecipante che è iscritto alle associazioni aderenti all’iniziativa, comunicheranno al Presidente o un suo responsabile la propria partecipazione, versando la quota di beneficenza.
  • Possono partecipare anche i minori se accompagnati e sotto la responsabilità di un adulto.

 COME ARRIVARE SUL LUOGO DEL RADUNO: 

  • Da Reggio Calabria verso Gambarie, a Gambarie seguire indicazione per Montalto. Dopo 4 km dal bivio di Montalto si arriva al bivio per la Diga del Menta
  • Da Melito Porto Salvo verso Bagaladi, giunti a Bagaladi prendere la direzione Gambarie – Menta

 

I cinque martiri di Gerace; storia e vicissitudini di uomini-eroi

Con ogni probabilità, l’idea dell’insurrezione calabrese del 1847 nasce a Napoli: qui Domenico Mauro dialoga con Benedetto Musolino, sua vecchia conoscenza, e con Mario Poerio; ad essi si associano sempre più spesso, nelle riunioni segrete delle sette: Domenico Romeo, che per la sua attività di ispettore delle dogane (in particolare, deteneva la regìa dei tabacchi) e per l’incarico di gestire la distribuzione di grano e farina nella provincia Ultra Prima poteva correre su e giù per il regno senza destar sospetti (sarà l’organizzatore ed il capo indiscusso della rivolta); Gaetano Ruffo che, con Michele Bello e Pietro Mazzone, fu poi incaricato di tenere i contatti con i liberali di Reggio Calabria durante il periodo in cui i primi due collaboravano alla Fata Morgana; Casimiro De Lieto, che, grazie anche alla conoscenza delle lingue[, teneva stretti contatti con l’estero, soprattutto con l’Inghilterra, e faceva parte del gruppo di liberali attivi a Reggio assieme ai fratelli Agostino ed Antonino Plutino ed al canonico Paolo Pellicano. Ne fu quasi ovvia scaturigine un piano eversivo che, per la prima volta, usciva dai ristretti ambiti locali e circondariali per dotarsi di un respiro e di obiettivi a più ampio raggio: avrebbero dovuto, infatti, contemporaneamente scoppiare delle insorgenze in più punti periferici del regno (Palermo e Messina in Sicilia, Reggio e Cosenza in Calabria) per distrarre le forze di polizia ed allontanarle da Napoli, su cui è probabile che avrebbe dovuto marciare un contingente di rivoltosi dagli Abruzzi, i quali avrebbero trovato Poerio e Mauro pronti ad assumere nella capitale le redini della rivolta. I lunghi preparativi, non ancora compiutamente ultimati, ricevettero probabilmente un’improvvisa accelerazione a causa della carestia, scoppiata improvvisamente verso la fine del 1846, durante la quale, tra l’altro, Michele Bello si distinse per il prodigarsi in favore della popolazione più indigente.

Fra tutti i cospiratori, Domenico Romeo era il più attivo, ma anche il più impaziente, e, forse per sfruttare tanto il “vantaggio” del malcontento venutosi a creare per la carestia, quanto quello della popolarità guadagnata da chi, fra i liberali, si era dato molto da fare per alleviare i disagi del popolo, premeva affinché l’insurrezione avesse inizio, nonostante il parere avverso sia dei Comitati di Palermo e Napoli, generalmente più moderati, sia di quelli di Catanzaro e Cosenza, fortemente preoccupati per il perdurare sul loro suolo delle truppe stanziate a seguito della vicenda Talarico e degli episodi di brigantaggio di cui si è detto.

Gli eventi, comunque, precipitarono inaspettatamente a Messina, dove la rivolta scoppiò in anticipo, il 1º di settembre. L’atto colse gli stessi messinesi impreparati, tanto che, dopo alcune brevi scaramucce con alcune vittime dall’una e dall’altra parte, nell’arco della stessa giornata i tumulti vennero sedati e le truppe governative ripresero il controllo della situazione, non senza dar luogo alla ormai solita scia di sangue: due condannati a morte nell’immediatezza dei fatti, (di cui uno, essendo sacerdote, ebbe la pena sospesa in attesa di un pronunziamento definitivo di un apposito consiglio di Vescovi), altri dieci, in seguito.

Il 2 settembre Domenico Romeo ruppe gli indugi ed entrò in Reggio alla testa di un nutrito gruppo di rivoltosi, tra sei ed ottocento, in gran parte suoi compaesani di Santo Stefano d’Aspromonte (detti “Stefaniti”): la capitale di Calabria Ultra Prima fu occupata senza il benché minimo spargimento di sangue, e fu letto un proclama, scritto da Casimiro De Lieto, che val la pena riproporre nei suoi passi più importanti:

Reggio alle Province di Napoli e di Sicilia: “Fedeli alle nostre promesse, noi abbinino innalzato i tre colori della indipendenza nazionale Italiana, col fragoroso Ap­plauso dì Viva il Re Costituzionale Ferdinando Secondo, Viva la Libertà. La costituzione del 1820, così felicemente ottenuta, così spontaneamente giurata, violata poscia e tradita, veniva (senza diritto) invasa e distrutta dalla baionetta dello straniero. Quanti mai, nei trascorsi 26 anni, tentarono di risvegliarne la rimem­branza, comprarono col proprio sangue quel martirio politico che ne santifica la loro memoria. Fratelli! alle armi! — ricor­diamo il sangue dei Martiri. Il progresso della libertà civile e politica, in parecchi dei diversi stati d’Italia, e più che in tutti, nello stato del Religioso ed Evangelico Vicario di Gesù Cristo il Glorioso Pio Nono, ci conferma nel sacrosanto desiderio di divenir liberi. Gloria presente e futura al Vicario di Gesù Cri­sto, Pio Nono! […] Rispetto alle persone ed alle proprietà! Non è Cittadino, chi invilisce il nobile pensiero di libertà nella bassezza degli odii privati. Noi vogliamo l’ordine, e guai e morte a chiunque s’attenterà di disturbarlo o di opporsi alla nostra Santa Risoluzione, che è la Redenzione della Patria. Noi vogliamo, al paro delle più civili nazioni d’Europa, un go­verno costituzionale rappresentativo, poggiato sopra forza ve­ramente nazionale, e con tutte quelle garentìe che assicurano la libertà e l’eguaglianza dì tutti i Cittadini davanti alla legge.[…]” Reggio Calabria, 2 settembre 1847.

Un secondo manifesto, poi, circolò in Reggio, a firma di Antonino Plutino e Domenico Romeo, che riproponeva i medesimi concetti; ed infine, un terzo, diretto a tutti gli italiani:

All’Italia redenta: “Le basi fondamentali della grandezza Italiana sono piantate da Pio Nono in quella terra superba che sempre fu l’ammirazione del mondo e de’ secoli. Opera sublime, redenta da questo Angelo ce­leste nella casa di Dio sotto gli auspici di sacrosanta Religione, fa sentire in ogni cuore nobili impulsi da elevarsi a grandi imprese. Italiani, quel vostro vivo fuoco è estinto? No! represso per la cattività dei tempi, sotto aure propizie, per quanto represso, span­derà tanta luce da rendere gloriosa l’Italia sopra tutte le nazioni civilizzate d’Europa. Calabresi! Siciliani! non siete voi Italiani? non volete emanciparvi, degeneri degli illustri avi? […] Non è credibile che il vostro petto non avvampi di quel fuoco celeste che la natura fa vedere e sentire in ogni angolo della no­stra classica terra. […] Oggi la maschera dell’ipocrisia è incenerita sull’istesso Altare che venia profanato l’Evangelo. Pio Nono, verace apostolo di Gesù Cristo, rivendica la verità autenticata col sangue prezioso dell’Orno Dio, protestandosi imperterrito difenderla a fronte di quei perfidi aborti della natura, nemici di Dio, che tuttora persistono nell’ini­quità dei loro andamenti. Stendiamo una volta generosamente la destra, vincolo e legame della nostra inviolabile amicizia; deponiamo ogni nostro rancore contro i traviati con puro sentimento di perdono, purché pentiti faccian ritorno nel giusto sentiero. In fine, concordi giuriamo col nostro sangue: vincere o morire”.                                              Reggio, il dì 2 Settembre 1847.

I primi provvedimenti della Giunta Provvisoria, con a capo il canonico Pellicano, riguardarono lo scioglimento della privativa dell’acqua marina, il dimezzamento del prezzo del sale e dei tabacchi e l’abolizione immediata della tassa sul macinato, già prevista dal governo per l’inizio del successivo anno. Furono anche aperte le prigioni e liberati i soli detenuti politici.

Il giorno successivo, 3 settembre, la rivolta si concretizzò nel Distretto di Gerace, con partenza da Bianco: ivi, agli ordini di Michele Bello, Rocco Verduci e Domenico Salvadori, si ripetettero le scene ed i provvedimenti amministrativi di Reggio, e, saputa della partenza di Gerace per Bianco del sottendente Bonafede, lo si intercettò per mare e lo si fece prigioniero, mantenendogli però salva la vita e usandogli tutto il rispetto che in una società civile è dovuto ai prigionieri. I rivoltosi, quindi, si avviarono per Bovalino, dove era ad attenderli Gaetano Ruffo con altri insorti. Non tutti i comuni si schierarono dalla loro parte: San Luca prima, Gerace poi, ed infine Mammola, non consentirono l’ingresso ai liberali, mentre Ardore, Siderno, Gioiosa e Roccella (dove aspettava l’ultimo dei Cinque capi, Pietro Mazzone), si unirono ai primi, ingrossandone via via le fila fino a circa un migliaio.

Mentre questi erano gli sviluppi nel Distretto di Gerace, a Reggio, però, la situazione precipitava: poco dopo il mezzogiorno del 4 settembre, comparvero al largo le due fregate Ruggero e Guiscardo cariche di truppe (in parte sbarcate a Pizzo per dirigersi via terra verso Gerace), che iniziarono a bombardare la capitale. Gli insorti, colti di sorpresa, si ritirarono sulle montagne, dove Domenico Romeo, prima ferito, fu poi ucciso in uno scontro a fuoco, decapitato, e la sua testa, infilata su una pertica, fu riportata in macabra processione a Reggio in segno di vittoria e di lugubre avvertimento ai pochi resistenti rimasti.

Il 5 settembre, la notizia della caduta di Reggio colse gli insorti a tarda sera mentre riposavano a Roccella: qui, nella notte, la luce di una lanterna in alto mare fu scambiata per un fanale di una delle navi da guerra inviate da Napoli e, consci tanto di essere in troppo poco numero per opporsi a truppe addestrate e munite di cannoni, quanto dell’inutilità di spargere inutilmente sangue, i capi preferirono sciogliere la colonna, dichiarando in tal modo conclusa, e sconfitta, la breve esperienza rivoluzionaria.

Nonostante il carattere incruento dell’insurrezione, la repressione fu, se possibile, ancor più dura del solito: secondo la copiosissima documentazione sui fatti raccolta da Visalli, i perseguitati dalla polizia borbonica per quei fatti furono in tutto ben 1392, di cui nove (i Cinque, a Gerace, e quattro figure di secondo piano, a Reggio) condannati a morte e fucilati, altri sette ebbero la pena di morte trasformata in lunghissime e durissime detenzioni, un’infinità fu condannata a pene assolutamente spropositate (Giovanni Ruffo, fratello sedicenne del Martire Gaetano, per aver confiscato un fucile ad una guardia urbana, peraltro rilasciandogli una ricevuta, fu condannato a sedici anni, scontandone poi “solo” tredici, per la liberazione avvenuta dopo l’occupazione garibaldina).

La lettura del resoconto completo del Visalli fa emergere, tra l’altro, alcuni episodi che fanno comprendere come mai il moto calabrese del ‘47, in sé non determinante, ebbe una tale eco nel Regno e nell’intera Nazione, da segnare addirittura un momento importante nella svolta che ebbero, da quel momento, i movimenti liberali in Italia.

Fra i tanti episodi, oltre a quello già narrato sul trattamento riservato al Bonafede una volta catturato, pare opportuno ricordarne altri due.

Il primo riguarda il momento del processo in cui i giudici militari cercarono, sia con minacce nemmeno troppo velate, che con lusinghe mirate a possibili riduzioni di pena, di far denunciare ai Cinque i nomi degli organizzatori, occulti e non, della sommossa: nessuno di loro parlò ed, anzi, scoppiarono anche degli alterchi fra Verduci e Bello da una parte ed i giudici dall’altra, a causa dell’insistenza eccessiva di questi ultimi, quando, alla ennesima richiesta del generale Nunziante, Verduci prima rispose: “che domande incivili! E chi mai potrebbe riscattare la vita con il prezzo di tanta vergogna! Io credo che voi, generale, da soldato d’onore, non avreste la forza di consigliarmelo”, per essere, poi, addirittura trattenuto a stento quando uno dei giudici sputò sprezzante sulla bandiera tricolore, addotta come prova a carico. Tutto ciò, nonostante uno dei capi, Domenico Romeo, fosse morto, e di tutti gli altri la polizia conoscesse perfettamente (per ammissione postuma dello stesso Bonafede) l’identità.

Il secondo episodio attiene a due soli dei Cinque: dopo l’infausta notte di Roccella, Mazzone e Ruffo scapparono verso Catanzaro, dove il primo contava sulla possibilità di aiuto ad espatriare da parte della potente famiglia della fidanzata, Eleonora Di Riso: ivi giunti, di fronte alla dichiarazione del futuro suocero di aver trovato un solo posto su un’imbarcazione in partenza clandestina per Malta, Mazzone rifiutò di utilizzarlo per non lasciare da solo il giovane amico, e, con lui, fece ritorno verso Bovalino, nonostante la pressoché certezza della cattura. In proposito, non è fuor di luogo ipotizzare che i due intendessero costituirsi; ma, mentre Ruffo fu catturato prima di poter giungere a Bovalino, Mazzone riuscì nell’intento di presentarsi spontaneamente: come si sa, nonostante le leggi dell’epoca non lo prevedessero, non se ne tenne conto in sede processuale ed anch’egli fu, poi, condannato a morte, ennesimo arbitrio della sanguinaria nomenclatura borbonica.

Per completezza di informazione, vi è da dire che, a seguito della concessione della Costituzione, si respirò (per poco, purtroppo), un’aria nuova nel Regno, tanto che i parenti delle Cinque vittime ritennero fosse possibile recuperare i miseri resti dei loro congiunti (dopo la fucilazione i corpi dei Martiri erano stati, infatti, gettati nella fossa comune, detta la Lupa, impedendone finanche la cristiana sepoltura) e, con grandissime difficoltà riuscirono a reperire due becchini dalla lontana Monteleone (oggi Vibo Valentia) specializzati nel recupero di salme: queste, appena ricomposte ed adagiate in delle bare, erano pronte per il trasporto ai paesi d’origine, quando intervenne la notizia del ritiro della Costituzione (che era stata giurata, ancora una volta, con la formula consueta “sulla Santa Trinità e sui Vangeli”), in seguito alla quale, il comandante militare di Gerace, colonnello De Flugy, fece arrestare i becchini e quanti si erano dati da fare per porre in essere quel semplice atto di umana pietà, e fece rigettare nella Lupa i resti ormai in avanzato stato di decomposizione dei Cinque giovani, in segno di ulteriore, terribile, inaccettabile, disprezzo.

I CINQUE MARTIRI DI GERACE;

Le lotte risorgimentali dovevano essere state ben fortemente impressionate dai fatti calabresi, se è vero, come è vero, che il 12 ed il 15 febbraio 1848, a Milano, nel profondo nord, i giovani dimostranti adottarono il “cappello alla calabrese” come simbolo distintivo del sentimento antiaustriaco, tanto da costringere le autorità ad emanare un provvedimento a mezzo del quale “si vietava rigorosamente il portare a pubblica vista il cappello che sia della forma così detta alla calabrese [… ] pena l’immediato arresto” (determinazione della delegazione provinciale di polizia austriaca nº 1207, Bergamo, 16 febbraio 1848).

E quanto, ancora, il ’47 calabrese abbia avuto influenza nell’immaginario collettivo del movimento risorgimentale italiano, è infine testimoniato da un’altro provvedimento di polizia austriaca, stavolta a Milano, che il 27 aprile 1859, cioè alla vigilia della 2º guerra d’indipendenza, e, soprattutto, ben 11 anni e mezzo dopo i fatti di Gerace e Reggio, emana un’apposita ordinanza per confiscare “pipe in radica o gesso che rappresentassero il cappello alla calabrese”.

Da subito, i fatti del ’47 destarono in tutta Italia sentimenti di commozione e di sentita solidarietà, e l’orrore per la barbara fucilazione di quei giovani fu oggetto di ampi resoconti in tutti i giornali liberali dell’epoca:
Le gazzette di Roma, di Toscana, di Piemonte, confutavano con minuti ragguagli le calunnie della stampa napoletana contro i liberali, ed il più sdegnoso linguaggio adoperavano L’Alba di Firenze, ed il Corriere Livornese: in Livorno anzi furono celebrate esequie solenni ai morti di Gerace, e rotte le insegne del consolato napoletano. […] i co­mitati di Palermo e di Napoli, già tendenti ad azione concilia­tiva, divennero deliberatamente rivoluzionari. Ed in Napoli alcuni giovani si diedero a tramare un colpo temerario, una disperata follia: assalire la carrozza reale, sequestrare o ucci­dere Ferdinando, e ricominciare in tal modo l’insurrezione”;

A Napoli, da quel momento, il motto della rivolta calabrese, “Viva l’Italia, viva la Costituzione, viva Pio IX”, divenne il motto dei liberali napoletani, e perdurò incessantemente fino a quando, appena tre mesi dopo (gennaio 1848), Ferdinando II, sulla fortissima pressione del popolo, non fu costretto a concedere la Costituzione, che, a sua volta, fu salutata con grande entusiasmo non solo a Napoli ma in tutta Italia. In particolare, nel Lombardo-Veneto la circostanza incoraggiò i patrioti che, in omaggio ai Martiri del Jonio (così erano detti allora) ripresero a portare il cappello alla calabrese come segno distintivo di fratellanza rivoluzionaria

Il simbolo rivoluzionario, è opportuno sottolinearlo, era già stato adottato dai patrioti napoletani prima del 27 gennaio 1848 (data della concessione della Costituzione):

Varie son le fogge dei cappelli. I governi assoluti si occupavano molto della lor forma. […] In Napoli, prima del 27 gennaio, chi portava il Cappello alla Calabrese o all’Ernani, andava a respirare l’aria di S. Maria Apparente (una delle carceri di Napoli). Ora vi è completa libertà di cappelli di qualunque forma […].

Si ha anche notizia che l’esibizione del cappello alla calabrese si ebbe pure a Treviso, Venezia, Roma, Palermo; a Modena, durante le rappresentazioni teatrali, riscosse addirittura un successo tale da indurre ai “soliti” provvedimenti di polizia, in seguito ai quali, esso fu sostituito dal “cappello alla Ernani” (ma, pare, riscuotendo minor successo). Nel tempo, quel simbolo ebbe una tale diffusione fra i liberali che anche Garibaldi ne fece uno dei propri emblemi di battaglia.

Domenica 22 Agosto; La Via dei Borghi alla scoperta di Bova (RC)

Domenica 22 si consumerà l’ultima tappa estiva del progetto La via dei Borghi. Si concluderà nel cuore dell’Area Grecanica, a Bova, la capitale di questo importante distretto. Dopo il raduno presso il Campo Sportivo di Bova Marina partiremo alla volta della rupe che domina l’intera vallata. Tantissimi i luoghi simbolo che faranno da perle all’anello che abbiamo pensato nel cuore del vecchio abitato: Palazzo Mesiani, la Giudecca, la Chiesa del Carmine, la Cattedrale, la Grotta degli innamorati, Largo Cuveddu, San Leo, la Chiesa dell’Immacolata, Il Municipio (ex Palazzo Marzano) e Palazzo Nesci.

Tutto verrà reso ancora più magico dalle ultime luci nelle vallate sottostanti. Alla fine del giro consigliamo di consumare le specialità locali come la Lestopitta nei tanti locali grecanici.

 

Programma

Ore 17.30 Raduno in prossimità del cancello d’ingresso del Campo Sportivo di Bova Marina ( link Google maps )

Ore 17.45 Dopo la registrazione ci sposteremo in macchina direzione Bova dove daremo inizio al nostro percorso trekking che ci permetterà di assaporare con lentezza i luoghi che rendono unico questo angolo di Calabria

Ore 20.00 Fine

Costo esperienza

15€ a persona (Max partecipanti 35)

Attrezzatura per l’escursione:

Zainetto, Scarponcini da trekking (vietate calzature aperte), Acqua 1,5Lt , Mascherina.

PER INFO E PRENOTAZIONI

Telefonare al num. 3924009180 (Fornendo i propri dati anagrafici)!

 

 

Domenica 8 Agosto “La Via dei Borghi” a Sant’Agata del Bianco

Domenica 8 Agosto La via dei borghi “summer” giungerà nel paese natale del grande scrittore Saverio Strati. Sarà un viaggio emozionale, alla ricerca della nostra radice culturale ed identitaria con la visita di un paese che trasuda voglia di riscatto, capace di mescolare la bellezza suggestiva dei tipici vicoli delle borgate calabresi alla street art, senza dimenticare i tanti punti di interesse storico come la casa dello scrittore Saverio Strati. Tanti momenti di condivisione, letture ed approfondimenti, incontro con gli attori locali della rinascita del Borgo caratterizzato ormai da innumerevoli iniziative che durante l’anno catturano l’attenzione dei media e del turismo fuori stagione.

PROGRAMMA
Ore 17:00 – Raduno e ritrovo presso piazzale Antistante al cimitero di Africo M.na
Ore 17:30: Arrivo Piazza Municipio a Sant’Agata del Bianco – Accoglienza dell’Amministrazione Comunale) premessa progetto culturale Amministrazione di Sant’Agata

L’ITINERARIO AL BORGO:
Murales “Ragazzo illuminato dalla luce della storia”, Murale “nascondino e panchina letteraria”, Murale pittore Fàbon, Opera Linfa Vitale, Murale Cinema, Piazzetta e Murale Tibi e Tascia “Improvvisazione serenata”, Visita casa Saverio Strati e Museo delle cose perdute, Discesa Palazzo Borgia (casa dove si riunivano i Rivoluzionari Santagatesi), Via delle porte Pinte, Murale Poeti Contadini, Casa Vincenzo Tedesco (con installazione inizio libro Gaudio Incorpora), Discesa Museo Artisti Santagatesi, Visita Museo, Murale S.Agata V.M., Visita Murale Dante, Murale “Orecchio dei desideri”

GRAN FINALE
Sosta nel “Giardino del Pensiero” con letture e riflessioni su Saverio Strati, accompagnata da musicisti locali.

SCHEDA TECNICA:
Itinerario T (Turistico Culturale)
Difficoltà: Facile
Adatto ai bambini: SI (se accompagnati da un adulto)

ABBIGLIAMENTO CONSIGLIATO:
Indumenti leggeri adatti al periodo cappellino, scarpe da ginnastica, macchina fotografica.

Quota di Partecipazione:
15€ (da versare al momento dell’incontro prefissato nella giornata)

PRENOTAZIONE:
Obbligatoria entro e non oltre il 6 Agosto al numero: 3924009180, fornendo Nome Cognome e recapito telefonico di ogni singolo partecipante.

Iscrizioni a numero chiuso: fino ad un massimo di 40 partecipanti

La Via dei Borghi – Brancaleone Vetus al tramonto

Domenica 13 Giugno “La Via dei borghi” si tinge con i colori della sera tornando in un posto che ci ha già rapito, il “Parco Archeologico Urbano di Brancaleone Vetus”.
Da città rupestre a borgo medievale, da civiltà fiorente a borgo fantasma, in un entusiasmante connubio fra architettura e paesaggio.
Brancaleone vetus sorge su un promontorio di arenaria alle spalle dell’omonima cittadina costiera il paese, affacciato sul mar ionio e con i suoi scorci saprà rapire la nostra immaginazione.

L’itinerario prevede un percorso facile e adatto a tutti, con la visita al borgo caratterizzato da antichi selciati, grotte-chiese, silos-granai, scavati nella roccia, geositi miocenici, vicoli e scorci da cui è possibile ammirare l’ estenzione dell’antico abitato con vista a 360° su tutte le vallate circostanti. Dal 2015 tutti i percorsi sono stati riqualificati grazie a progetti di rigenerazione urbana promossi dalla Pro Loco di Brancaleone attraverso un progetto di volontariato, che ci consente oggi di ammirare il borgo in tutta la sua bellezza.
La visita sarà arricchita dalla visita al nascente “Centro Documentazione” sito nella ex chiesa dell’Annunziata dove poter approfondire tutte le vicende storiche del luogo e della Calabria in generale, con una ricca collezione di icone bizantine ed immagini d’epoca che ci proietteranno in epoche lontane.

PROGRAMMA:

Ore 17:00 raduno piazza stazione Brancaleone marina (registrazione partecipanti)
Ore 17:30 partenza per Brancaleone vetus
Ore 18:00 Visita narrata al parco archeologico urbano di Brancaleone vetus.
Ore 20:00 saluti finali

SCHEDA TECNICA:

Itinerario T (Turistico)
Difficoltà: Facile
Adatto ai bambini: SI (se accompagnati da un adulto)

PRENOTAZIONE:
obbligatoria entro e non oltre l’ 11 Giugno telefonando al: 392 400 9180

Iscrizioni a numero chiuso: fino ad un massimo di 40 partecipanti

ABBIGLIAMENTO CONSIGLIATO:

Indumenti adatti al periodo (a strati), cappellino, scarpe da ginnastica, borraccia 1,5lt , macchina fotografica o smartphone.

QUOTA DI PARTECIPAZIONE
15€ a persona.

Viaggio nel sogno del MuSaBa

EVENTO ANNULLATO!

Domenica 6 giugno ci rimetteremo in cammino entrando in contatto con uno dei luoghi più affascinanti della provincia di Reggio Calabria e non solo.

Torneremo a rendere omaggio al genio di Nik Spatari in questo luogo che ci racconta ancora l’arte e la vita di uno dei giganti del nostro tempo.

 

PROGRAMMA

Il raduno dei partecipanti avrà luogo all’ingresso del Musaba alle 9.30 registrazione dei partecipanti (al fine della buona riuscita dell’esperienza si richiede massima puntualità)

Ore 10.00 inizio percorso all’interno del Parco/Museo

Ore 12.30 Fine e Saluti

COSTO:

20 euro (biglietto incluso)

Per info e prenotazioni: Tel/ 3294009180

Prenotazione entro il 4 giugno.
MAX 40 POSTI

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