Storia e simbolismo della Tarantella; il ballo dei Greci.

Le sue origini non sono certe, ma affondano in quelle manifestazioni rituali legate alla cultura e alla civiltà della Magna Grecia. Probabilmente questa danza nasce come ritmo liberatorio e si sviluppa poi anche con alcune simbologie più “forti”, come  il corteggiamento, che ne determinano i particolari atteggiamenti coreografici. A viddaneddha è dunque il ballo reggino per antonomasia e secondo la tradizione ogni festa si conclude con musica e danza. Ne è un classico esempio la “tarantella della veglia” prima della processione di Festa Madonna a Reggio Calabria che, con la veglia notturna all’Eremo, costituisce un importante momento di festa e di attesa a ritmo di musica.

La danza della tarantella viene accompagnata tradizionalmente da alcuni strumenti caratteristici della tradizione calabrese che sono:  la zampogna, sostituita in seguito dall’organetto, il tamburello e in alcune zone si usavano la “pipita” o “frischiottu”. Una delle particolarità dei suoni della tarantella sono sicuramente le passate, cioè le melodie, che variano di località in località in località. Il nome di ogni tipo di suonata è dato dal paese di provenienza. Tra le più comuni troviamo la suonata “Cardola“, tipica del paese di Cardeto, quella “Mosorrofana” di Mosorrofa, o ancora la “Catafurota” di Cataforio e tante altre…

Il Simbolismo; è rappresentato dalla “rota” sta a significare il territorio di appartenenza: il paese o il rione; con la danza si va a conquistare tale spazio. Il simbolismo che si cela dietro i passi della danza a volte assume significati diversi. Nel primo caso viene a simboleggiare un vero e proprio duello per il predominio dello spazio delimitato dalla rota, nel secondo caso si mima il rituale del corteggiamento in cui la donna in maniera contenuta e pudica mostra civetteria che ricorda gli atteggiamenti della danza greca classica.

 

Passi della danza

Quando si balla generalmente si eseguono dei passi “puntati” che seguono cioè il ritmo del tamburello, ogni ballerino esprime la danza e la musica come meglio crede ma sempre restando all’interno di un linguaggio coreutico condiviso e di rispetto per la dama con cui sta ballando. Generalmente all’inizio del ballo i due ballerini sono a distanza, man mano l’uomo si avvicina fino ad arrivare a “chiedere le mani” alla donna, porgendogliele con il palmo verso l’alto, per il ballo intrecciato. In molte zone della Calabria si balla senza mai prendersi per mano o ballando spalla a spalla, cosa che comunque restava riservata alle coppie di coniugi o tra parenti stretti. Nel ballo uomo-uomo o donna-donna ci si poteva prendere dalle braccia. Una volta allacciata la coppia comincia a girare in senso antiorario eseguendo dei cerchi in cui la donna cerca di mantenere comunque il centro della rota. I passi fondamentali, che si basano su delle terzine, possono essere fatti anche sul posto, ma generalmente vi è un giro, un ruotare antiorario dei ballerini all’interno della “rota”. I passi sono spesso doppi e ondeggiati. il movimento del corpo dalla cintura in giù e dalla cintura in su sono indipendenti, il tronco è statico mentre le gambe sono freneticamente in movimento. Un passo particolare è il soprappasso o “intricciata” dove appunto i passi vengono intrecciati battendo un piede all’esterno dell’altro in maniera alternativa. Un altro passo è il passo “illi adornu” che si esegue quando si è al bordo del cerchio mimando il volo di un uccello che cerca di incantare la preda per poi ghermirla e dirigendo a spirale con l’intento di portare l’altro ballerino verso il centro della “rota”. Se l’avversario cede andrà verso il centro e verrà sostituito dal Mastro di ballo, in caso contrario potrebbe eseguire il passo: “tagghjapassu” (tagliapasso) cercando di interrompere il percorso a spirale. Il tagghjapassu è usato dalla donna per sfuggire al corteggiamento dell’astante. Quest’ultimo passo può portare alla “schermijata” ovvero il mimo con l’indice ed il medio della mano di un coltello che viene puntato prima contro l’astante e poi verso il cielo e da quel momento si mimano fendenti e affondi.

La donna può usare un foulard da agitare davanti all’avversario come sfida, mentre l’uomo per mostrare le sue capacità con i suoi passi per conquistarla e riuscire come simbolo di successo a scompigliarle i capelli (scapigghjarla), a toccarle il viso (nzigarla) o a prenderle il foulard (n’nnopiarla).

Le braccia assumono diverse posizioni a seconda se uomo o donna: l’uomo tenderà a sollevarle e muoverle maggiormente, fino -nella danza uomo-uomo ad assumere l’atteggiamento di una sfida-lotta con il coltello, mentre la donna generalmente non le solleva mai oltre la spalla muovendole leggermente, o le tiene poggiate sui fianchi con i palmi rivolti verso l’esterno simboleggiando un’anfora greca che mette in risalto i fianchi ed i seni.

 

‘u mastr’i ballu: una persona di rispetto che detta le regole della “rota”, seguite con rispetto da tutt’i partecipanti alla danza. E’ lui che dirige la tarantella. E’ lui che invita i ballerini a ballare. E’ lui che  forma le coppie e le separa; organizza, dirige e porta avanti il ballo, dando indicazioni che vanno oltre la danza in se stessa… Nessuno degli invitati al ballo, uomo o donna che sia, può rifiutare l’invito a ballare! E’ lui  che crea la cosiddetta “rota”, la quale, per quella circostanza e in quel luogo, dovrà es-sere una e una sola: in nessun caso, infatti, possono esserci due o più “mastri di ballu”.

La ruota è uno spazio circolare dentro cui si svolge la danza.

Nel passato la “rota” era il luogo dentro sui si creavano rapporti sociali particolari e momentanei che, alla fine ces-savano, si rafforzavano o potevano anche degenerare. – Facimu rota! – grida il “mastro di ballo”. E tutti i partecipanti, disponendosi a cerchio, si preparano a prendere parte al ballo  – A manu girandu! – vengono chiamati ad entrare in ballo a uno alla volta, ad un cenno del “mastro di ballo”. – Evviva cu’ balla! – nella ruota in tal caso chi guarda e chi balla sono tutti sullo stesso piano.La “ruota” è un palcoscenico dove si recita anche solamente guardando o seguendo il ballo muovendosi sulle gambe oppure battendo ritmicamente le mani. I presenti non sono una platea di spettatori, ma rappresentano una sicura presa emotiva per i ballerini che volteggiano sotto gli occhi dei parenti, degli amici e di quanti di lì a poco ne rimarranno contagiati. Dentro e attorno alla ruota tutti sono attori. Chi balla e chi no, sono tutti coinvolti nello stesso ritmo, perchè si trovano lì per vivere la stessa emozione. E’ nella ruota che ‘u mastr’i ballu si muove, si destreggia, si esibisce e detta le regole del ballo. E’ nella ruota che ‘u mastr’i ballu jett’o pedi, nel senso che, bat-tendo il tacco della scarpa destra sul pavimento, indica che la tarantella sta cambiando “passata” (ripetizione o cambio del ritmo). Fora ‘u primu! Un altro giro sta, infatti, per cominciare, per cui uno dei due ballerini (il primo ad essere entrato e quindi il più stanco) deve abbandonare la ruota per lasciare il posto ad un altro. Ed ecco lì: il nuovo ballerino entra, saluta con rispetto e riverenza il mastro di ballo che si fa da parte, esita qualche istante in attesa di prendere il ritmo, volteggia attorno al compagno o alla compagna che lo attende al centro della pista, si scatena e… il resto è un vortice di delirio, lasciato alla fervida fantasia dell’organettaru. Figure caratteristiche che nascono dalla tarantella sono, com’è stato già detto, la sfida (nel ballo tra uomini) e il corteggiamento (nel ballo uomo-donna). Nella sfida si viene ad intrecciare tra i ballerini una fitta rete di sguardi, gesti, allusioni, riferimenti particolari, sempre nei limiti del reciproco rispetto e dignità dei ballerini stessi. Nel ballo di corteggiamento la sfida non esiste in quanto i ballerini si cimentano in un susseguirsi di movimenti particolari che alludono a un fraseggio d’amore. Alla coppia non è permesso alcun contatto fisico, ma soltanto è accettato il contatto con le mani. La donna, che generalmente si muove di meno, quasi sempre occupa il centro della ruota: posizione di prestigio e di rispetto. Ovviamente da un paese ad un altro cambia il significato.

DI EUGENIO BENNATO;

Il ritmo, nelle terre dell’Italia del sud, è  da sempre legato ad un ballo maledetto, un ballo ghettizzato o proibito, la tarantella, che per vivere o sopravvivere è costretta a giustificarsi come pratica di guarigione da uno stato alterato, sorta di esorcismo in musica per scacciare il demone che invasa e possiede il tarantato. Il mito della taranta, nella leggenda del ragno nero che morde e costringe al ballo, nasce cosi proprio nell’era dell’oscurantismo medievale quando le divinità pagane della Magna Grecia sono messe a tacere dai nuovi apostoli di una religione più razionale e composta, austera e castigata. Dionisio Bacco e Apollo, divinità dei riti sfrenati dal vino, della poesia e dell’eros spariscono nella nuova cultura che rinnegherà l’edonismo classico per il misticismo medievale. E così dalle feste pubbliche del dio pagano, dalla festa del dio che balla, si passa alla festa nascosta del dio che perdona, rappresentato dal suo apostolo San Paolo protettore dei tarantati nel chiuso dei cortili o nel sagrato della basilica di Galatina che al santo è dedicata e che accoglie ed assiste le vittime della taranta nella fase finale della guarigione. La storia della tarantella è dunque storia di repressione, una repressione che parte dalla cultura egemone e si abbatte sulla cultura contadina, arcaica ed ostinatamente legata alle favole e ai riti della terra e degli astri. E la cultura egemone tollera a stento i residui di un’usanza che non riesce a sradicare del tutto e nel concilio di Trento il ritmo viene bandito dalla musica come elemento demoniaco. Ma nel frattempo la tarantella seppure nel sottobosco della civiltà contadina più emarginata, continua a funzionare, a guarire e ad indurre in tentazione. E i musici popolari continuano a suonare per ore ed ore le loro percussioni e a ricreare con i flauti con le lire o con la voce le loro sensuali melodie. E quando e dove il tarantato non c’è, quegli strumenti e quelle note risuonano ancora e si diffondono per villaggi e regioni e le voci tese e i ritmi estenuanti rimbalzano da una vallata all’altra e si spargono per tutta la penisola. E le serate nei cortili delle masserie e le feste nei villaggi sono animati dalla musica della tarantella, e del ballo che ancora tarantella anche in assenza del tarantato propriamente detto. Quindi anche nei luoghi dove il tarantismo si riduce e scompare, resta la tarantella, che lentamente si modifica tramandandosi oralmente di generazione in generazione, e si evolve nella funzione ora di ballo collettivo o di coppia, ora di processione nelle feste rituali, ora di ritmo e di forma musicale e di poetica di serenate portate alla finestra della innamorata. E’ questo il nucleo vitale della musica popolare che nascostamente lancia i suoi bagliori lontano dalle feste delle corti, dai teatri e dai salotti della nobiltà e della borghesia, dove si celebra una musica di alto livello estetico fatta di geniali melodie, di grandi orchestrazioni, di mirabili costruzioni armoniche, ma del tutto priva dell’urto viscerale del ritmo e della percussione. Bisognerà aspettare il Novecento e l’apporto tribale della musica negra d’America per assistere alla diffusione degli strumenti ritmici nella musica colta occidentale. Ma nel frattempo nelle campagne dell’Italia del sud il potere della taranta continua ad alimentare gli accordi e gli accenti di una musica alternativa orgogliosa ed incontaminata.

 

Di Carmine Verduci

FONTI: da Internet

Alla scoperta degli Armeni di Calabria attraverso l’esperienza di Massimo Tamborra

Ebbene, questa settimana vogliamo indossare i panni dei nostri più affezionati compagni di viaggio, abbiamo per questo deciso di portarvi per mano in uno dei luoghi simbolo della nostro progetto KALABRIA EXPERIENCE attraverso un accurata descrizione dei luoghi e dell’esperienza vissuta attraverso uno dei nostri più cari ed affezionati fotografi che da anni ci seguono alla ricerca di luoghi fantastici nell’immediato entroterra jonico reggino.

BRUZZANO VETERE E LA VALLE DEGLI ARMENI
Di Massimo Tamborra;

Può sembrare incredibile, eppure al giorno d’oggi molti turisti abituati a visitare qualsiasi luogo della storia dell’umanità soprattutto nel nostro paese, ignorano l’esistenza in Calabria di patrimoni culturali e storici racchiusi in questa regione già ricca di sole e bella gente. Per questo la Pro-Loco di Brancaleone, da alcuni anni si batte o meglio si prodiga per valorizzare il territorio, attraverso una serie di iniziative che portano a conoscere luoghi incantati e pieni di ricchezza storica in particolare presenti nel circondario della provincia di Reggio Calabria, affinché mediante la condivisione di foto, racconti, o con i più moderni mezzi di comunicazione odierni quale può essere il social network, si possa appunto invogliare il turista o anche le persone del luogo stesso, a visitare questi posti. Il mio viaggio in questa avventura oggi ci porta nella cittadina di Bruzzano Vecchio rinominata per l’occasione “Valle degli Armeni”.

Ma perché Valle degli Armeni? Il professore Sebastiano Stranges, ricercatore storico e archeologo Calabrese, oltre che già ispettore onorario del Ministero per i beni e le attività culturali, ci spiega che il nome è stato determinato per la presenza in loco di un Castello costruito nell’antichità, si desume proprio secondo lo stile Armeno, cosi come si può evincere dalla similitudine con le costruzioni realizzate nella città rupestre di Vardzia in Georgia ai confini proprio con l’Armenia, o nella regione turca della Cappadocia. Ma chi erano gli Armeni? Gli Armeni erano stati il primo popolo Europeo ad aver accettato il Cristianesimo come religione di Stato, ma come ancora oggi accade in gran parte del mondo, anche all’epoca vi erano forti conflitti con i paesi confinanti, dovuti proprio alla diversità di credo. Non solo, ma in quel periodo dominava il cosiddetto “Zoroastrismo” ovvero una religione oltre che filosofia, molto presente in Asia, Arabia Saudita e Pakistan, basata sugli insegnamenti del profeta iraniano Zoroastro. Religione quasi tralasciata nel tempo anche a causa del rapido affermarsi a suon di spada della religione Islamica. Difatti nella terra della quale parliamo oggi, il primo deterrente per evitare di essere attaccati dai nemici di religione Islamica, fu l’allevamento di maiali neri, proprio perché i musulmani per una questione di credo religioso, reputavano il maiale un animale impuro, sporco ed esageratamente propenso al sesso, con una indole avida e ingorda, oltre a non possedere uno spirito combattivo. Pertanto i primi tempi si guardavano bene dallo stare lontano da questi animali i quali venivano posizionati al confine, proprio per sfuggire agli attacchi. Questa mossa di difesa però non durò in eterno, difatti gli Islamici dopo un po’ di tempo cominciarono ad uccidere i maiali. La storia però racconta che in Italia era ben diverso il valore esistenziale di un maiale, e quindi qualcuno dopo la carne salata e gli insaccati ottenuti appunto dai maiali uccisi dagli Islamici, utilizzo il restante realizzando un’altra pietanza culinaria a cottura lenta che divenne di diritto una preparazione tipica di questa area, e che oggi viene ben conosciuta con il nome di “frittola”. Ma facendo un passo indietro dovremmo capire anche come e perché il popolo Armeno giunse in Italia ed in particolare in Calabria. La prima cosa da sapere è che essi erano all’epoca un esercito d’elite del periodo Bizantino, e molte Regine Bizantine erano appunto di nazionalità Armena. Sia per una questione politico-religiosa, ma anche perché ammaliati dal fascino di queste donne, molti principi Siriani, Greci ed Italiani, rimasero invaghiti sposando alcune di esse, facendo si quindi che i loro popoli giungessero successivamente nel nostro paese. Proprio in questa terra, nella roccia tenera di Bruzzano Vecchio, incavarono il primo castello.

Ma la presenza degli Armeni in questa zona è ben documentata e forse definitivamente confermata dal professore Stranges, il quale rivela da ricerche svolte, che oltrepassando la fiumara che divide i confini di Bruzzano e Brancaleone, proprio in quest’ ultima cittadina sono state trovate delle chiese rupestri, in particolare una chiesa di tipo architettonico absidato, che presenta un pilastro centrale rastremato verso l’alto, dal quale si dipartono successivamente dei motivi ad albero tipici del cultura Armena. Altra conferma che questa chiesa legata al periodo che va dallo VIII al IX secolo, appunto appartenesse allo stile di questo popolo Cristiano, lo si ha dai resti di un altare in cui si osserva una croce astile sulla cui sommità presenta a sua volta altre tre piccole croci ed un graffito di pavone. In particolare il pavone presenta le due ali, una addotta e l’altra abdotta a modo d’inchino, come ad intendere riverenza avverso la stessa croce. Perché si fa riferimento a ciò? Perché nella cultura Siriaco-Armena la figura del pavone ha sempre accompagnato la croce in quanto rappresentava l’Angelo Gabriele. Continuando il viaggio, sempre con la costante e preziosa guida storica del Prof. Stranges, ci portiamo nella località denominata San Crimi (San Crini) o Judarìu (dall’ebraico Giudeo) localizzata tra il territorio del Comune di Ferruzzano e quello di Bruzzano Zeffirio.

Questa zona come ci spiega il professore, è caratterizzata dalla scoperta di una piccolissima grotta in pietra d’arenaria caratterizzata al suo interno da un particolare manufatto. Da studi eseguiti si è poi risaliti al fatto che si trattava di una tomba a tre sedute con sepoltura a putridarium (ambiente funerario solitamente ricavati sotto i monasteri, in cui venivano sepolti i cadeveri di frati o monache), che a suo tempo era protetta sicuramente da una porta delle medesime dimensioni del passaggio, deducibile dalla presenza ancora visibile degli stipiti. Ciò che rende speciale questa tomba, è appunto quello a cui facevamo riferimento all’inizio, ovvero ad un graffito di ali d’angelo il quale in senso circolare avvolge a se come a protezione, le tre sedute. Vi è stata po’ di perplessità tra gli studiosi per l’attribuzione storica della tomba, poiché questo tipo di sepoltura era sino a poco tempo fa sconosciuta. Un aiuto però viene fornito dal sapere che proprio non molto lontano da questo luogo, erano dislocati diversi conventi femminili devoti a San Francesco, e proprio uno di questi conventi successivamente attribuito a Santa Chiara si trovava in quest’aria documentata da manoscritti del 1280 d.c. che identificavano già in quel periodo questo convento come antico, quindi facendo dedurre che una data storica da attribuire a questa tomba potesse aggirarsi intorno al 1200 d.c. Il professor Sebastiano Stranges, al quale bisogna doverosamente riconoscere gran parte di quanto sto scrivendo, proprio grazie alla sua guida orale in questi luoghi, ritiene attraverso i suoi studi e le sue ricerche, di essere riuscito ad associare il graffito rinvenuto all’interno di questa tomba con la Porziuncola di Assisi (piccola chiesa situata all’interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli), per via dell’angelo raffigurato al suo esterno le cui ali sono molto simili per manifattura a quelle viste all’interno della tomba rupestre localizzata nell’aria del Judarìu in Calabria. La nostra giornata si conclude visitando il borgo antico di Ferruzzano ubicata nella zona collinare al di sopra dell’attuale comune marittimo, a circa 470mt. s.l.m.

Un paese oserei dire fantasma, quasi totalmente abbandonato se non fosse per la presenza di sole sette famiglie, con molte case divenute ormai fatiscenti liberamente accessibili, e quindi potenzialmente pericolose per la sicurezza dei curiosi e dei turisti, devastate dai terremoti del 1783 e oltre 100 anni più tardi, del 1907. Un luogo incredibile tra panorami mozzafiato sulla costa Jonica spaziando con lo sguardo da Africo nuovo e la marina di Bruzzano, nonché l’immortalità delle viuzze (vinelle) con alcuni anfratti che presentano oggetti di vita vissuta, frantoi, tinozze, sedie a dondolo, bici d’infanti, lasciate li come se qualcuno prima o poi dovesse ritornare in quel luogo. Proprio i resti di antiche costruzioni che come detto sono in gran parte cadenti, diventano patrimonio storico di questa area, grazie anche ad interessanti portali in granito e parti di edifici di un certo interesse risalente ai secoli XVI e XVII.

 

SI RINGRAZIA PER LA MAGNIFICA GIORNATA LA PRO LOCO DI BRANCALEONE PER L’IMPEGNO PROFUSO CON TUTTI I SUOI COLLABORATORI, E SENZA OMBRA DI DUBBIO ALLA MENTE STORICA CHE CI HA ACCOMPAGNATO RAPPRESENTANDO LE SUE SCOPERTE, IN UN POSTO PIENO DI FASCINO DA VIVERE SE VOGLIAMO ANCHE IN SILENZIO, IL PROFESSORE SEBASTIANO STRANGES.

 

SEGUITE IL SITO INTERNET DI  MASSIMO TAMBORRA

Il Progetto “La Via dei Borghi”; un anno da incorniciare!

Il progetto nato dalla sinergia tra le associazioni Kalabria Experience e Il Giardino di Morgana si è articolato in un calendario di otto escursioni suddivise in due gruppi intervallati dal periodo estivo e finalizzato a permettere una fruizione dei borghi in periodi di scarsa affluenza turistica.
Il progetto si articolato su più tappe, precisamente nell’area pedemontana e collinare dell’Aspromonte orientale, ed ha permesso una destagionalizzazione del flusso turistico attraverso una fruizione del territorio con un approccio eco-sostenibile ed esperienziale che è piaciuto ed ha fatto breccia sui giovani Calabresi.

Motta San Giovanni (RC), Gallicianò e Amendolea (RC), Brancaleone Vetus, Staiti e Bruzzano Vetere (RC), Bova (RC), Placanica (RC), Sant’Agata del Bianco (RC), Bovalino Superiore e Condojanni (RC), Mammola e Musaba (RC)  qui riassunti in queste foto ricordo.

Il turismo lento e la comprensione dei luoghi permettono una maggiore conoscenza nel territorio di residenza (nel caso di residenti) o di destinazione (nel caso di non residenti) nei fruitori del progetto, che indirettamente diventano “ambasciatori del territorio” attraverso varie forme di marketing, come ad esempio la condivisione di foto e video sui social network dei luoghi visitati opportunamente incentivati dagli stessi organizzatori Kalabria Experience e Il Giardino di Morgana.

Sono state queste le premesse che hanno portato il progetto La Via dei Borghi a diventare uno degli appuntamenti più seguiti della Calabria in questo 2018, con un ottima partecipazione registrata anche da provincie come Cosenza, Catanzaro e Vibo Valentia. Il tutto promosso attraverso i social-network che hanno dato visibilità al patrimonio storico-culturale ed archeologico di cui la fascia ionica reggina è ricca. Sono luoghi poco conosciuti dal turismo di massa, perché poco incentivati dalle politiche locali e dall’ indotto turistico in genere, che predilige altri luoghi più in voga . Il progetto mira sostanzialmente a dar vita ad un nuova concezione di territorio basato principalmente sull’ ascolto dei luoghi e sull’ apporto umano dei visitatori che giungono talvolta anche dallo stesso territorio di appartenenza, ma che in un certo senso ne escludono caratteristiche e peculiarità.

Con questo progetto abbiamo dato vita a nuovi importanti collaborazioni, abbiamo conosciuto Associazioni che come noi si spendono e si adoperano alla promozione dei borghi.Un’idea nata quasi per caso, nell’ Agosto 2017 – ci svelano gli organizzatori Domenico Guarna e Carmine Verduci- che ha avuto un periodo di gestazione lento e ponderato sulla base degli obbiettivi che volevamo raggiungere. Ancora oggi riguardando i nostri archivi fotografici e proviamo grande emozione nel vedere tanti giovani che hanno intrapreso un cammino esperienziale con noi e che assieme a noi si sono adoperati  alla promozione di quanto hanno visto e vissuto. Sono tanti i luoghi visitati e fatti conoscere ai Calabresi in questo anno trascorso, fatto di grandi risultati, in un escalation di successi che hanno movimentato l’intero territorio. La Via dei Borghi è riuscita nel suo intento a coinvolgere  tante le associazioni e amministrazioni, dando prova delle buone pratiche per il rilancio turistico e identitario di questa terra. Riteniamo opportuno ribadire la nostra apertura al territorio e alle Associazioni che operano fattivamente. Abbiamo ricevuto tantissimi inviti da parte di altri Enti e Associazioni da ogni provincia Calabrese ed è davvero difficile scegliere tra tanti luoghi bellissimi come i nostri borghi calabresi. Quello che possiamo dire è che di sicuro il progetto vuole continuare il suo cammino anche il prossimo, ancora più carico di energia, ancora più ricco di avventure e scoperte.  Luoghi che hanno bisogno di essere raccontati nella loro autentica immagine, non più intesi come destinazioni di serie C, ma proiettati nel futuro e soprattutto al nuovo turismo internazionale che avanza, e la Calabria  dovrà trovarsi pronta con le sue proposte. Siamo consapevoli che la strada è ancora lunga e difficoltosa in questo senso, ma l’amore vince su tutto e la voglia di cambiare le sorti di una terra martoriata da anni di cattiva interpretazione è tanta, come tanti sono i borghi pronti ad incantarci con i loro scorci, le loro storie e i loro personaggi. Al Momento stiamo lavorando per impostare un programma 2019  altrettanto interessante, sarà sicuramente un ulteriore prova del il nostro operato, che intende crescere ancor più in qualità e contenuti.

Due Associazioni; Kalabria Experience e Il Giardino di Morgana che sono riuscite ad unire i propri ideali in un unico intento comune, che è diventata una vera e propria missione di vita, per le due Associazioni supportata da importanti riconoscimenti come il Consiglio Regionale della Calabria, La Città Metropolitana di Reggio Calabria e vari partners che hanno creduto nel progetto, ritenendolo di grande prestigio per il territorio Calabrese.

 

A cura di Anna Barisano

 

 

Le spettacolari immagini di Etna in piena attività, dalla costa Ionica Calabrese.

L’eruzione del monte Etna in Sicilia da spettacolo, provoca anche disastri, ma d’altronde gli abitanti della vicina sicilia sanno conviverci.

Anche se questo straordinario vulcano ha sede nella terra di sicilia, in un certo senso anche i Reggini (sul lato jonico) convivono con questa presenza inquieta ed affascinante allo stesso tempo, che a volte da spettacolo di se in tutte le sue svariate forme.

L’eruzione di Natale 2018 (come verrà ricordata) è stata davvero incredibile, una nuova bocca si è aperta sul cratere di Nord-Est la mattina del 24 Dicembre ed ha cominciato a sputare cenere vulcanica in cielo, tanto da regalarci straordinari tramonti che abbiamo ampiamente documentato grazie agli utenti del web che hanno postato delle foto davvero belle VEDI QUI 

Anche stavolta le straordinarie immagini del vulcano che continua a “fumare” dal giorno di Natale, non smettono di incantare la costa jonica e gli utenti del web, ci regalano ogni giorno straordinarie immagini che stanno facendo il giro del mondo.

Il vulcano Etna o Mongibello è uno dei “monumenti naturali” che caratterizzano lo stretto, e caratterizza il paesaggio del basso-jonio che va da Scilla a Palizzi Marina, sia che si tratti dell’innevamento, sia che si tratti di un attività eruttiva l’immagine dell’Etna è sempre una delle figure più fotografate ed amate nel mondo!

Ecco alcuni dei meravigliosi scatti di questi giorni di attività del vulcano:

Il nome Etna potrebbe risalire alla pronuncia del greco antico del toponimo Aitna (Aἴτνα-ας), nome che fu anche attribuito alle città di Catania e Inessa, che deriva dalla parola greca aitho (bruciare) o dalla parola fenicia attano (fornace). L’Etna era conosciuto nell’età romana come Aetna. Gli Arabi si riferivano ad essa come la montagna Jabal al-burkān o Jabal Aṭma Ṣiqilliyya (“vulcano” o “montagna somma della Sicilia”); questo nome fu più tardi mutato in Mons Gibel cioè: la montagna due volte (dal latino mons “monte” e dall’arabo Jebel (جبل) “monte”) proprio per indicarne la sua maestosità. Il termine Mongibello rimase di uso comune praticamente fin quasi ai nostri giorni (ancora oggi qualche anziano chiama l’Etna in questa maniera). Secondo un’altra teoria il nome Mongibello deriva da Mulciber (qui ignem mulcet), uno degli epiteti con cui veniva chiamato, dai latini, il dio Vulcano, che serviva a placare la forza distruttiva dell’Etna. Le popolazioni etnee, per indicare l’Etna, usano  il termine ‘a muntagna, semplicemente nel suo significato di montagna per antonomasia.

Oggi il nome Mongibello indica la parte sommitale dell’Etna; l’area dei due crateri centrali, nonché i crateri sud-est e nord-est.

 

 

I calanchi di Palizzi, patrimonio da preservare!

Lungo tutta la fascia ionica della Calabria centrale e meridionale affiora, in maniera più o meno continua, una successione sedimentaria di età pliocenica (Zancleano – Piacenziano), costituita da un’alternanza ritmica di marne e calcari (questi ultimi ricchi in foraminiferi planctonici, foraminiferi bentonici e coccoliti), assimilata alla siciliana formazione dei Trubi.

Nei pressi dell’abitato di Palizzi Marina (RC) è presente uno degli affioramenti calabresi più conosciuti di questa formazione. In questo lavoro vengono illustrate le prime osservazioni sulle tracce fossili rinvenute nella porzione centrale di questa successione. L’ icnoassociazione rinvenuta è riconducibile alla Zoophycos Ichnofacies, confermando gli studi precedenti che stabilivano per questa formazione un paleo ambiente di scarpata-bacino, ad una profondità di deposizione di circa 800-1000 m, determinato sulla base del contenuto in foraminiferi planctonici e bentonici.

Ci troviamo nella costa Sud Orientale della Calabria affacciati sul Mar Ionio in Località Spropoli di Palizzi provincia di Reggio Calabria. Il sito S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario) dei Calanchi rappresenta un patrimonio naturalistico di grande rilevanza geologica e naturalistica che affascina i viaggiatori che attraversano la SS106.

I calanchi chiamati anche “Trubi” sono dei sedimenti di mare profondo pliocenici che risalgono a circa 2,5-5 milioni di anni, che affiorano sulle coste siciliane e calabresi. Questi sedimenti sono in prevalenza costituiti da gusci calcarei di globigerine, piccoli organismi planctonici. All’origine si sono formati in un mare chiuso, ad una profondità tra 800-1000 metri circa. Alcuni denotano delle striature di colore bianco alternati a striature di colorazione grigio-azzurro.

Il colore bianco si riferisce ai periodi di mare caldo, ed è dovuto ad un deposito di micro-organismi con gusci, sul fondo. Il grigio invece consiste nel deposito di argilla sgretolata, nel periodo in cui il mare era più freddo.

Tra le caratteristiche naturali di questo sito, sono sicuramente i “ponsai” ( alberi nani) cresciuti così naturalmente per lo scarso nutrimento trovato in questo terreno argilloso. Si differenziano dai “bonsai” che sono alberi nani ottenuti tramite una tecnica specifica.

In questo luogo è possibile notare anche dei pezzetti di zolfo, dovuti ad un processo di fossilizzazione di una probabile foresta esistita secoli fa. Il prof. Sebastiano Stranges  fa notare anche alcune rare specie di piante autoctone, in via di estinzione, fra queste spicca il Ginepro.  Il ginepro fenicio è stato ampiamente utilizzato, fin dall’ antichità, con alberelli scortecciati si preparavano attaccapanni e supporti per la macellazione, impalcature per pozzi, travature varie. Il legno veniva anche ampiamente utilizzato per la costruzione di telai, piattaforme lignee per barche, altari, sedie, cassapanche, lavori di intarsio, utensili per la casa. Il legno si presta bene anche come legna da ardere, bruciando con fiamma vivace, ma, per il suo pregio in altri settori, era scarsamente utilizzato a questo scopo. In questa zona, sono stati anche ritrovati  importanti reperti archeologici (come frammenti di anfore provenienti da Corinto), caratterizzati da striature in blu, e un forno particolare che serviva per l’essiccazione di uva, fichi e pere (molto coltivate fino ai primi del ‘900).

Fonti: Claudia Caruso

 

*Il termine ponsai è riferito alle piante nanizzate per condizioni edafiche naturali, mentre le piante nanizzate artificilamente si dicono BONSAI.

E’ stato un anno meraviglioso, lo abbiamo riassunto così…

Carissimi amici, compagni di viaggio e di avventure, soci e non soci, collaboratori e partners

Si conclude un anno davvero impegnativo per il nostro progetto che la Pro-Loco di Brancaleone insegue già da tre anni. La riscoperta dei luoghi in chiave culturale ed esperienziale risulta essere essenziale per un territorio che ricerca  nuovi slanci e nuovi stimoli, per questo nell’anno appena trascorso abbiamo fatto conoscere tante nuove belle realtà non solo a chi ci segue da tanto tempo, ma anche ai nuovi compagni di viaggio. Abbiamo inseguito il sogno di ampliare i nostri confini per imparare da tante realtà presenti sul territorio cosa significa fare turismo e valorizzazione. Abbiamo conosciuto tante persone che ci hanno guidato attraverso la passione e l’amore per questa terra e noi ci siamo innamorati ancora di più!!!

Nonostante alcuni  rinvii causati dal maltempo che ha imperversato per tutto quest’anno, siamo riusciti a portare una ventata nuova sul territorio, grazie a nuove importanti collaborazioni che ci hanno davvero onorato essere tra i motori trainanti del nuovo “turismo consapevole” in Calabria.

Primo fra tutti come non menzionare il progetto “La Via Dei Borghi” costruito grazie all’Associazione Culturale Il Giardino Di Morgana con il suo giovane presidente Domenico Guarna, che ha saputo guidare attraverso la bellezza, la storia e la magia dei borghi tantissimi calabresi, tra cui molti giovani che è riuscito in poco tempo ad affermarsi sul territorio come uno degli eventi più attesi dell’anno.

Noi abbiamo cercato di seminare i buoni propositi, molta gente ha compreso questa mission e si è imbarcata con noi in questo viaggio di pura gioia e divertimento, alla scoperta di quella primordiale essenza di questa terra che ha atteso per lungo tempo di essere riscoperta e amata.

Kalabria Experience non è solo escursionismo, ma anche e sopratutto “Cultura” i nostri cammini arricchiti da contenuti e significati umani, fanno la differenza, ed è grazie a questo spirito siamo diventati un punto di riferimento anche per nuovi “curiosi” che giungoo in questa fascia calabrese e che hanno avuto  il nostro supporto logistico per visitare la montagna. Noi siamo stati il ponte fra loro e le guide del Parco Nazionale d’Aspromonte (figure importanti e preposte all’accompagnamento in sicurezza in montagna)

Abbiamo partecipato a molti convegni dedicati al “turismo sostenibile”, grazie al quale oggi il nome “Kalabria Experience” non solo è conosciuto sui banchi di scuola e delle migliori Università, ma anche preso come “modello” da numerose associazioni italiane che si sono interfacciati con noi molte volte.

I nostri partners hanno svolto un ruolo molto importante in tutto questo, offrendoci la possibilità di far conoscere ed apprezzare le eccellenze del territorio, nuovi marchi e nuovi brand che hanno intrapreso un cammino davvero bello ed interessante con noi, lasciandosi guidare dall’entusiasmo che non ha mai ceduto di fronte alle difficoltà.

I nostri contest-Instagram realizzati grazie alla collaborazione con @Ig_calabria e @Ig_reggiocalabria sono stati un trampolino di lancio per un territorio oggi conosciuto in tutto il mondo grazie alla partecipazione dei fruitori che si sono dati da fare condividendo e facendo conoscere al mondo le bellezze del nostro territorio.

Un altro anno è appena cominciato e le sorprese non finiscono…, nuovi progetti e nuove prospettive a cui saremo chiamati ci aspettano!  E saranno la base essenziale del nostro cammino che non si ferma, ma continua nell’ottica della promozione del turismo consapevole. Abbiamo ricevuto molte proposte di collaborazione che abbiamo valutato per la crescita del nostro gruppo di promozione territoriale che mira a far conoscere questa terra al mondo, che merita di essere vissuta, compresa e raccontata.

Abbiamo riassunto nelle nostre consuete foto di gruppo, un anno fatto di tante belle domeniche trascorse insieme e soddisfazioni che sono arrivate grazie a tutti coloro che si sono impegnati attivamente alla nascita di un nuovo modo di promuovere il territorio; “mediante la condivisione”

 

ALBUM RICORDO DEL 2018

PROGETTO: LA VIA DEI BORGHI 2018

Ringraziamo le associazioni:

Associazione Il Giardino di Morgana, Porpatima Trekking, , Caretta Calabria Conservation, SudTrek, Fondazione La Via delle Stelle (RC), Associazione Rudina, Associazione Innovus, Centro studi Grecofono, Pro-Loco di Motta San Giovanni, Pro-Loco di Staiti, Pro-Loco di Condofuri, Pro-Loco di Bruzzano Zeffirio, Pro-Loco di Bovalino, Pro-Loco Mammola.

I GRUPPI:

Fitwalking Roccella Jonica, Nordic Walking Reggio Calabria, Area 51 Reggio Calabria.

 

GLI ENTI:

Città Metropolitana di Reggio Calabria, Consiglio Regionale della Calabria

 

LE AMMINISTRAZIONI: 

Comune di Montebello Jonico, Comune di Brancaleone, Comune di Bova, Comune di Motta S. Giovanni, Comune di Condofuri, Comune di Staiti, Comune di Bruzzano Zeffirio, Comune di Ferruzzano, Comune di Bovalino, Comune di Sant’Agata del Bianco, Comune di Placanica, Comune di Sant’Ilario dello Jonio,

 

GLI SPONSOR:

AKU, Santo Antonio Caffe’, DolciArt.

 

I PARTNERS:

0964biz, @ig_calabria, @ig_reggiocalabria , Gruppo Iuntamu, Gruppo PhotoThree.

 

Continuate a seguirci, nuove ed entusiasmanti avventure ci aspettano per il 2019…!

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