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25 Aprile 2022- alla scoperta dei borghi della “Valle degli Armeni”

Il 25 Aprile Kalabria Experience e Calabria Condivisa organizzano un Tour Esperienziale e fotografico alla scoperta dei Borghi della “Valle degli Armeni” un viaggio nella storia e nel tempo, che attraverserà secoli di storia, vita e vicissitudini di questo lembo di Calabria. Dalle prime colonie Greche al passaggio degli Armeni in Calabria che in questo territorio hanno lasciato tracce indelebili del loro passaggio ed il loro stanziamento in epoca Bizantina.

Ci si muoverà raggiungendo i siti e borghi con le proprie auto!!!

Il tour Valle degli Armeni propone la scoperta di Brancaleone Vetus, l’Abbazia di Santa Maria di Tridetti, il Borgo di Staiti e la leggendaria Rocca degli Armeni a Bruzzano vetere, tra storia e visioni, panorami mozzafiato e particolari inediti che vogliono riscoprire il piacere del “turismo lento” e culturale, nell’ottica della promozione del territorio, attraverso la fotografia e la narrazione di luoghi facili ed accessibili a tutti.

L’iniziativa sarà legata al contest fotografico con la collaborazione con l’Associazione Calabria Condivisa mediante l’hashtag  #valledegliarmeni, dove i migliori scatti saranno postati sulle piattaforme web e social collegate a Calabria Condivisa e Kalabria Experience per valorizzare i luoghi e far conoscere attraverso i propri punti di vista, l’anima e l’essenza di questi luoghi ricchi di bellezza e spiritualità.

 PROGRAMMA:

Ore 09:00 Raduno registrazione dei partecipanti (Piazza Stazione Brancaleone)
Ore 09:15 Partenza con le proprie auto verso Brancaleone Vetus (visita del sito storico, grotte, ruderi del Borgo e Centro Documentazioni).

Ore 11:30 Trasferimento all’Abbazia di Santa Maria di Tridetti (Staiti) visita guidata dell’abbazia
Ore 12:00 Trasferimento a Staiti (borgo) – passeggiata tra le vie del borgo, il sentiero delle chiese Bizantine,il Geosito delle “Rocche di Quartu”, le tipiche fontane, il Museo dei Santi Italo Greci e la Chiesa delle Vittorie.

Ore 13:30 Pranzo Buffet Tipico presso la “TAVERNA DEI SANTI” (all’aperto)
Ore 15:00 Trasferimento a Bruzzano Vetere, visita alla leggendaria “Rocca degli Armeni”, arco trionfale dei Principi Carafa.
Ore 17:00 Saluti e partenza per il rientro.

 

SCHEDA TECNICA

Comuni interessati: Brancaleone, Bruzzano Zeffirio, Staiti.

Escursione di tipo: T (Turistica)
Difficoltà: nessuna
Durata complessiva: 7,5 ore (soste e pausa pranzo incluso)
Acqua: Meglio rifornirsi da casa

Adatta ai bambini: SI (purchè accompagnati e sotto la responsabilità di un genitore)

 

ATTREZZATURA CONSIGLIATA:

Scarpe comode (da ginnastica), cappellino, occhiali da sole, k-way, acqua almeno 2lt, spuntino, macchina fotografica o smartphone e tanta curiosità.

 

PRENOTAZIONI:

Telefonare al num.  3470844564  fornendo i propri dati anagrafici (NOME E COGNOME), entro e non oltre il 22 Aprile ore 12:00

ISCRIZIONI A NUMERO CHIUSO :

MAX 30 persone

QUOTA DI PARTECIPAZIONE:

30€ Include degustazione a “Buffet” a base di prodotti tipici locali di Staiti.

Domenica 22 Agosto; La Via dei Borghi alla scoperta di Bova (RC)

Domenica 22 si consumerà l’ultima tappa estiva del progetto La via dei Borghi. Si concluderà nel cuore dell’Area Grecanica, a Bova, la capitale di questo importante distretto. Dopo il raduno presso il Campo Sportivo di Bova Marina partiremo alla volta della rupe che domina l’intera vallata. Tantissimi i luoghi simbolo che faranno da perle all’anello che abbiamo pensato nel cuore del vecchio abitato: Palazzo Mesiani, la Giudecca, la Chiesa del Carmine, la Cattedrale, la Grotta degli innamorati, Largo Cuveddu, San Leo, la Chiesa dell’Immacolata, Il Municipio (ex Palazzo Marzano) e Palazzo Nesci.

Tutto verrà reso ancora più magico dalle ultime luci nelle vallate sottostanti. Alla fine del giro consigliamo di consumare le specialità locali come la Lestopitta nei tanti locali grecanici.

 

Programma

Ore 17.30 Raduno in prossimità del cancello d’ingresso del Campo Sportivo di Bova Marina ( link Google maps )

Ore 17.45 Dopo la registrazione ci sposteremo in macchina direzione Bova dove daremo inizio al nostro percorso trekking che ci permetterà di assaporare con lentezza i luoghi che rendono unico questo angolo di Calabria

Ore 20.00 Fine

Costo esperienza

15€ a persona (Max partecipanti 35)

Attrezzatura per l’escursione:

Zainetto, Scarponcini da trekking (vietate calzature aperte), Acqua 1,5Lt , Mascherina.

PER INFO E PRENOTAZIONI

Telefonare al num. 3924009180 (Fornendo i propri dati anagrafici)!

 

 

Tradizioni in Aspromonte; La Musulupara

Con il termine di musulupara si identifica nell’Aspromonte meridionale uno stampo per formaggio quaresimale chiamato musulupo. Intagliati solitamente in legno di gelso questi stampi raffigurano sovente una figura femminile, dai tratti stilizzati. I fori, spesso in corrispondenza dei seni, servivano a far defluire il siero, al momento della pressatura della cagliata sullo stampo, garantendo l’impressione, sul formaggio, dell’immagine intagliata.
Il nome di questo stampo si lega a quello del musulupo, una sorta di toma, il cui termine deriva dal dialetto calabrese, muso lupo, traduzione dell’espressione in greco bovese “to mousso tou likou” (muso di lupo).
Secondo il Rohlfs si tratterebbe di un arabismo, “maslûk” (cotto), importato in Calabria durante la dominazione musulmana della Sicilia. Sull’isola il vocabolo musulucu si riscontra ad indicare sia diversi tipi di formaggi, sia persone dall’aspetto molto magro, forse in allusione alla Quaresima.
Nell’Aspromonte meridionale, il musulupo si prepara infatti nel periodo pasquale, servendosi di due diverse tipologie di stampo che gli conferiscono ora una forma semisferica, simile ad una mammella, ora un’immagine femminile, priva di gambe e di grazia, vista la forte componente astratta che qualifica di norma gli intagli. Il formaggio si consuma fresco o rosolato a pezzetti, come ingrediente principale di una frittata, servita la mattina della vigilia di Pasqua. Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso le musulupare erano un dono tipico del fidanzamento.
La foggia a seno della musulupara, in parallelo al colore bianco della toma, lasciano intendere possibili riferimenti alla maternità o più in generale alla fertilità della terra. Più complessa appare l’identificazione dell’immagine femminile, secondo alcuni allusiva alla Vergine, nei tratti stilizzati delle icone bizantine o delle enkolpia altomedioevali.
Interessanti collegamenti si riscontrano con la tipica rappresentazione della Quaresima, immaginata nel folklore dell’Italia meridionale come una vecchia magra, spesso raffigurata con la bocca chiusa, in segno di digiuno, e con sette piedi, ad indicare le sette settimane di Quaresima, (ogni sette giorni una gamba veniva recisa, per mostrare quante settimane di astinenza rimanevano fino a Pasqua).  
Non è quindi da escludere che il cerimoniale di distruzione della Quaresima si incarni nel consumo stesso del musulupo, secondo un rituale non dissimile dallo smembramento delle “pupazze di Bova”, manichini femminili, costruiti con foglie di ulivo, portati in processione la Domenica delle Palme.
Fonti: Pasquale. Faenza
scheda Musulupara in Cibi e pietanze del mondo antico: un viaggio tra quotidiano, rituali ed etnografia–catalogo della mostra, Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria,
(3 Ottobre -15 Dicembre 2015) a cura di R. Agostino, F. Lugli, Laruffa, Reggio Calabria, 2015, pp. 51-52.

Il Natale nell’area grecanica attraverso la gastronomia tipica

Oggi è uso comune indicare e consumare come dolci tipici della nostra area per le feste natalizie i protali e le nacàtole. Ma non è così. Infatti  da alcune ricerche fatte dallo studioso bovese Pasquale Casile e pubblicati in in uno dei suoi quaderni di cultura greco-calabra “Dèi e Zangréi” questi dolci solo di recente sono divenuti esclusivi del Natale ma  invece un passato avevano una funzione rituale di dolci prenuziali (i pretali) e nuziali (le nacàtole) in ambito magno-greco.

Secondo una descrizione del Marzano le nacàtole, di forma ellissoidale, con una piccola cuna e con una spirale dentro, che figurerebbe da bamboccio agli inizi del novecento era il dolce che veniva offerto specialmente nei matrimoni.Quindi la loro funzione dal punto di vista rituale era quella di propiziare il concepimento e la nascita di una nuova vita. Inoltre vengono prodotte in territorio bovese utilizzando il fuso e il vaglio “u crivu” che sono gli unici due attrezzi ad essere adoperati dalle massaie per comporre e modellare le nacàtole (in nessun’altra occasione li ritroviamo utilizzati insieme). La presenza di questi due attrezzi sembra che non assolva ad una funzione meramente pratica per  la preparazione del dolce  ma a quella del tutto simbolica di servire, col loro impiego, a sacralizzarlo.

Il fuso infatti nella tradizione greco-pagana rappresenta l’attributo delle Mòire, le antiche divinità del parto. Il loro compito era tessere il filo del fato di ogni uomo, svolgerlo ed infine reciderlo segnandone la morte. Queste erano tre: Cloto la “filatrice“, Lachesi la “fissatrice della sorte” ed Atropo, “la irremovibile“, particolarmente temuta dagli uomini perché colei che taglia il filo, e recide con il suo drastico gesto la vita. Mentre il vaglio è l’attrezzo rituale più importante del culto di Dioniso infatti veniva indicato pure come Dio del Vaglio.

Clotho, Lachesis and Atropos, the Greek Fates or Moirai. . Handcolored copperplate engraving engraved by Jacques Louis Constant Lacerf after illustrations by Leonard Defraine from Mythology in Prints, or Figures of Fabled Gods, Blanchard, Paris, c.1820.

I pretali invece, chiamati anche con le varianti pratàli, pretàli, petràli, pitràli, protàli ecc. la cui origine etimologica del nome indicava “le offerte prenuziali” portate al tempio dai genitori della promessa sposa.Ciò è confermato dalla Suda, un dizionario enciclopedico greco redatto intorno al X sec. d.C., che alla voce “protélia”, indica una determinata festività ateniese che precedeva in ordine temporale quella assai più nota dei “gamélia”, che cadeva nel mese di gennaio, il mese delle nozze.

Protélia: È questo il nome del giorno in cui i genitori conducono alla dea sull’acropoli la fanciulla in procinto di sposarsi, e compiono dei sacrifici. A rafforzare questa tesi dell’importanza che avevano i riti prenuziali  e nunziale nell’antica cultura magno greca  che sono giunti fino a noi vi sono i rinvenimenti archeologici di  frutta votiva in terracotta, le raffigurazioni di dolci antropomorfici che hanno per soggetto bambini, nonché la cerimonia misterica del “corredo della sposa” nelle pìnakes locresi. Infine, quindi, essendo il mese delle nozze a gennaio e comunque vicino al Natale e le nacàtole una rappresentazione della natività, con il tramonto inevitabile dei rituali greco-pagani a favore della religione cristiana, questi dolci sono accostati oggi alle feste natalizie. Tutto questo ci porta ancora una volta ad avvalorare ed a sostenere la cultura e l’identità grecanica che per fortuna ancora oggi si nasconde e si conserva tra le nostre tradizioni.

LA RICETTA NACATOLE
Ingredienti per quattro persone:

farina: 1 Kg

uova: 3
strutto: 150g
zucchero: 300g
anice: 1 bicchiere
lievito:  200 g

Man mano che le preparate sistematele tra due tovaglie in un luogo caldo e lasciatele lievitare. Sistemate la farina a fontana sulla spianatoia. Mettere dentro le uova, lo strutto, lo zucchero l’anice e il lievito sciolto in un poco d’acqua tiepida; sbattete il tutto con una forchetta quindi impastate la farina. Lavorate a lungo la pasta ottenuta, fino a farla diventare soffice e liscia, a questo punto staccate una parte dell’impasto, formate dei cordoncini abbastanza lunghi che distenderete prima sul vaglio e poi avvolgerete nel fuso (o nel manico di un cucchiaio di legno) e date la forma alle “nacatuli”. Quando diventano gonfie e leggere, friggetele in abbondante olio di oliva extravergine.

RICETTA PER I  PRETALI
Ingredienti:

Per la sfoglia
Farina: 1 kg
zucchero: 300 g
strutto: 250 g
lievito per dolci: 2 bustine
uova: 4
latte: quanto basta
bicchierini di anice: 2
buccia grattugiata di un limone

Per il ripieno:

mandorle sgusciate: 500 g
fichi secchi: 1 kg
gherigli di noci: 200 g
uva passa: 200 g
un pizzico di cannella in polvere
un pizzico di chiodi di garofano in polvere
la buccia di un mandarino tritata finemente
miele: 600 g

Per ornare:
Glassa bianca o al cioccolato, 1 busta di confettini colorati. Sgusciate le mandorle  poi pelatele e fatele tostare brevemente in forno.

Sgusciate, quindi, le noci e spezzettatele insieme alle mandorle, mescolandole insieme. Tagliare i fichi in piccolissimi pezzetti, mescolandoli poi a cinque cucchiai abbondanti di miele naturale, di castagno preferibilmente o meglio ancora locale.
Mettete tutti questi ingredienti aggiungendo i chiodi di garofano, la cannella e la buccia del mandarino, in una pentola ben capiente, a fuoco basso per circa 10 minuti e con un cucchiaio di legno mescolate spesso per evitare che si attacchino.  Lentamente, e poco alla volta, alternando, aggiungete al composto un po di caffè, e di mosto cotto.
Levatela dal fuoco, versandola in una terrina capiente e spruzzandovi dentro una dosa abbondante di liquore di anice. Coprite con un coperchio e lasciate riposare (preferibilmente per almeno un giorno).

Sfoglia di copertura:
Fate un cerchio con la farina e nel foro centrale dovete aver cura di versare tutti gli ingredienti a partire dallo zucchero, poi dalle uova,  e poi tutto il resto.
Mescolate bene e poi rapidaιrιente unitevi la farina lavorando il tutto molto delicatamente fino ad ottenere una pasta liscia e compatta.
Fatene una specie di palla. Intanto scaldate il forno a 200 gradi.
A questo punto si possono dare diverse forme. Col mattarello stendete delle fogliette  piuttosto sottili quindi tagliate dei quadrati; con un cucchiaio prendete un po’  del ripieno e sistemate su una metà, piegate l’altra metà del quadrato fino a coprire completamente il ripieno e così fino all’esaurimento degli ingredienti.
Sistemateli su una teglia unta o coperta  di carta da forno, infornate e fate cuocere fino a che non abbiano preso un buon colore dorato in superficie. Toglieteli dal forno e guarnite i petrali con i confettini colorati o con la glassa.

By Pasquale Callea

 

 

 

escursione in notturna a Brancaleone vetus

Escursione in notturna a Brancaleone Vetus (RC) “Tra leggende e misteri”

Torna anche quest’anno il consueto appuntamento con l’escursione in notturna presso Brancaleone Vetus (RC) borgo fantasma dalle antichissime origini e ricco di suggestioni. 

Il Parco Archeologico Urbano di Brancaleone vetus, al centro della grande opera di rigenerazione portata avanti dalla Pro Loco di Brancaleone in collaborazione con  volontari e i cittadini, non smette di stupire ed attrarre visitatori, che ormai giungono da ogni luogo della terra per ammirare, conoscere ed immergersi  tra le sue grotte ed i suoi panorami mozzafiato. 

Non saremo alla ricerca di spirito o fantasmi, in quanto questo non è l’obbiettivo del nostro cammino, saremo altresì alla scoperta dei segreti del borgo, in chiave favolistica e spirituale che tra questi ruderi ci daranno modo di poter cogliere l’anima di questo luogo abbandonato ma vivo di esperienze e di sensazioni.

Questo borgo di notte, offre panorami bellissimi sull’intera vallata e sul mare, già risalendo la strada che porta al borgo che ci condurranno silenziosamente nei meandri del paese abbandonato, tra vicoli e scorci, fermandoci di tanto in tanto ad ascoltare nel silenzio i rumori della natura ed a carpire la luce delle stelle e delle costellazioni.

Muniti ognuno di torcia elettrica visiteremo:

Le pareti rocciose mioceniche, i silos-granai, la chiesa-grotta dell’Albero della vita, l’antica chiesa Protopapale dell’Annunziata con le sue tombe-cripta, e la chiesa nuova dell’Annunziata degli anni ‘30 che ospita il “Centro Documentazioni di Brancaleone Vetus” oltre a ciò che resta dell’antico altare barocco.

 

–PROGRAMMA–

Ore 21:20 Raduno degli escursionisti in Piazza Chiesa Maria S.S. Annunziata (frazione Paese Nuovo)
Ore 21:40 Partenza con le proprie auto per Brancaleone Vetus.
Ore 21:50 circa arrivo presso località Bova a 800mt dal borgo antico.
Ore 22:00 arrivo presso la piazza del borgo di Brancaleone Vetus e inizio esperienza immersiva tra i vicoli del borgo, attraverso storie, leggende, vicissitudini e percorsi con istallazioni luminose in tema medievale, con finale presso la piazza del ponte “a mirar le stelle”.
Ore 00:30 partenza dalla piazza del borgo per il rientro alle auto.
Ore 00:45 Arrivo previsto al punto auto

 

–SCHEDA TECNICA–

ESCURSIONE: T (Turistica)
LIVELLO DI DIFFICOLTA’: Facile
DISLIVELLO: irrisorio
KM A PIEDI: 1km (andata e ritorno)
CONDIZIONI DEL PERCORSO: strada asfaltata e selciati
PRESENZA D’ACQUA: Punto ristoro al borgo

 

–EQUIPAGGIAMENTO CONSIGLIATO–

Scarpe comode (da ginnastica o da trekking), torcia elettrica a mano o frontale, scorta d’acqua (almeno 1,5lt), k-way, crema o spry anti-zanzare.

 

–COME PARTECIPARE–

Prenotazione obbligatoria telefonando al numero 347-0844564 fornendo il proprio nome e cognome (entro e non oltre il 12 Agosto 2020) NO SMS O MESSAGGI WHATSAPP!

 

–QUOTA DI PARTECIPAZIONE–

La partecipazione ha un costo simbolico di 10€ per i minori 5€ a testa (quale contributo volontario per il sostegno delle attività di rigenerazione del borgo) 

 

–ISCRIZIONI LIMITATE–

PER UN MINIMO DI 10 PERSONE ED UN MASSIMO DI 30 PERSONE!
*I minori sotto i 18 anni possono partecipare se accompagnati e sotto tutela di un adulto

 

–NOTE IMPORTANTI–

Ogni partecipante è tenuto ad equipaggiarsi di Mascherine monouso marchio CE, disinfettante/gel mani, a tenere le distanze previste dalle regole anticontagio (almeno 1,5mt), 

Trattandosi di attività all’aperto gli ingressi in grotta e nei luoghi al chiuso (centro documentazioni di Brancaleone Vetus) avverranno nel rispetto delle normative vigenti. Ogni partecipante è pregato di collaborare.

L’organizzazione si esime da ogni responsabilità civile o penale che possa derivare da infortuni durante lo svolgimento dell’escursione.

 

 

amendolea

Amendolea; bagliori d’argento di una storia millenaria

Uno scrigno lucente in cui ogni ciottolo è pietra preziosa che risplende dal passato, incastonata in una valle antica; un affresco luminoso in ogni stagione dell’anno, anche in attesa del sole e illuminato dalla luna; un narratore silenzioso di Storie di popoli e culture al cospetto delle maestose montagne dell’Aspromonte. Un lungo e sinuoso filamento d’argento di giorno e un affascinante cratere lunare di notte: così la vallata dell’Amendolea si mostra in tutto il suo incanto e, nel cuore dell’area grecanica che la custodisce, narra millenni di storia. C’è una magia palpabile in questo luogo saldato tra cielo e terra.

AMENDOLEA

Frazione del comune di Condofuri, Amendolea (Amiddalia – Amigdala in greco di Calabria mandorleto) deve con ogni probabilità il suo nome ai mandorli in fiore che un tempo copiosi popolavano gli argini. La fiumara, il corso d’acqua più importante della provincia di Reggio Calabria, lungo 36 chilometri, un tempo navigabile secondo la penna antica e autorevole di Strabone, ha lasciato tracce vive in quello scroscio leggero e armonioso delle acque e in quel flusso trasparente che scorre delicatamente sopra le pietre a mormorare, a sussurrare instancabilmente che la storia da lì è passata lasciando segni. Oggi quel che sopravvive di questo torrente è traccia suggestiva, capace di ispirare rievocazioni intense di quanto maestosa essa sia stata al tempo dei Greci.

E’ ancora controversa se fosse questa o la fiumara di Palizzi a dividere le due gloriose colonie Magno greche di Rhegion e Lokroi Epizephirioi.

Dall’Aspromonte fino al mar Ionio, la fiumara dell’Amendolea approda al mare dopo aver bagnato Roccaforte del Greco, Roghudi e Condofuri, mentre Bova resta a dominare la valle ellenofona. Attraversa gole e dirupi, delinea curve e pendii, fluttua nelle cascate di Maesano e nel lago Olinda, in prossimità della contrada Santa Triada di Roccaforte del Greco, fino alla sua massima espansione in larghezza (pari a 500 metri) quando incontra il torrente Colella. Accoglie le acque del Menta nel suo incedere a valle e, giuntovi, accoglie la fiumara di Condofuri segnando nella montagna la Rocca del Lupo.

A dominare la vallata, il suo borgo di cui vi è traccia documentata dal 1099. Raggiunto a piedi dopo una salita ripida e addolcita da una flora variegata e pregna di tradizioni e memorie e dalla storia delle ere geologiche impresse sulle rocce, esso si presenta con un piazzale dal quale è possibile guardare ai ruderi dell’abside della chiesa di Santa Caterina, al campanile della chiesa di San Sebastiano, ai resti delle abitazioni private e a quelli della chiesa dell’Annunziata, orientata ad est, secondo la tradizione religiosa orientale.

Domina la vallata anche il Castello di epoca normanna che attraversò secoli e casate fino a giungere ai Ruffo di Bagnara, che la abitarono per ultimi quasi fino al 1800. Di esso restano rovine parlanti, come le avrebbe definite il giornalista e scrittore viaggiatore triestino Paolo Rumiz (qualora si fosse recato nel reggino anche lì oltre che ad Africo e Ferruzzano nei suoi viaggi tra le Dimore nel Vento); rovine che incorniciano il cielo e conducono ai resti di una cappella costruita in età normanna che nel suo secondo livello rivela la presenza di una chiesetta a pianta absidale, bizantina e pertanto orientata a sud.

Sui muri nessuna traccia degli affreschi, che pure ci saranno stati ad adornarla, e lì anche i resti di una piccola cisterna, anch’essa molto antica. Un grande camino fu costruito tra il XIII e il XV secolo. I suoi resti, con le altre rovine, sono sopravvissuti ai sismi del 1783 e del 1908.

Da vedere anche la chiesa nuova dell’Annunziata, con la Madonna con Bambino in marmo bianco della scuola del Montorsoli.

Il paesaggio, i colori e anche i sapori tra i bergamotti la cui essenza naturale è commercializzata nel mondo tramite il consorzio Bioassoberg, con sede a Melito Porto Salvo e di cui fa parte anche Ugo Sergi che, con la sua passione e la sua determinazione, valorizza la molteplicità dei prodotti derivanti dall’essenza naturale del nostro oro verde.

Non è solo la storia di questi luoghi a dover essere riscoperta e tramandata, a dover arricchire la nostra conoscenza e sanare la nostra smemoratezza; è anche la nostra economia a doversi interrogare sulla capacità di generare sviluppo, negato in loco e conquistato solo lontano, pur avendo a chilometro zero risorse di primo ordine come il bergamotto e talenti capaci di rispettarne l’essenza e di trarre un profitto etico, in armonia con la natura e l’ambiente.

By Anna Foti

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