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escursione in notturna a Brancaleone vetus

Escursione in notturna a Brancaleone Vetus (RC) “Tra leggende e misteri”

Torna anche quest’anno il consueto appuntamento con l’escursione in notturna presso Brancaleone Vetus (RC) borgo fantasma dalle antichissime origini e ricco di suggestioni. 

Il Parco Archeologico Urbano di Brancaleone vetus, al centro della grande opera di rigenerazione portata avanti dalla Pro Loco di Brancaleone in collaborazione con  volontari e i cittadini, non smette di stupire ed attrarre visitatori, che ormai giungono da ogni luogo della terra per ammirare, conoscere ed immergersi  tra le sue grotte ed i suoi panorami mozzafiato. 

Non saremo alla ricerca di spirito o fantasmi, in quanto questo non è l’obbiettivo del nostro cammino, saremo altresì alla scoperta dei segreti del borgo, in chiave favolistica e spirituale che tra questi ruderi ci daranno modo di poter cogliere l’anima di questo luogo abbandonato ma vivo di esperienze e di sensazioni.

Questo borgo di notte, offre panorami bellissimi sull’intera vallata e sul mare, già risalendo la strada che porta al borgo che ci condurranno silenziosamente nei meandri del paese abbandonato, tra vicoli e scorci, fermandoci di tanto in tanto ad ascoltare nel silenzio i rumori della natura ed a carpire la luce delle stelle e delle costellazioni.

Muniti ognuno di torcia elettrica visiteremo:

Le pareti rocciose mioceniche, i silos-granai, la chiesa-grotta dell’Albero della vita, l’antica chiesa Protopapale dell’Annunziata con le sue tombe-cripta, e la chiesa nuova dell’Annunziata degli anni ‘30 che ospita il “Centro Documentazioni di Brancaleone Vetus” oltre a ciò che resta dell’antico altare barocco.

 

–PROGRAMMA–

Ore 21:20 Raduno degli escursionisti in Piazza Chiesa Maria S.S. Annunziata (frazione Paese Nuovo)
Ore 21:40 Partenza con le proprie auto per Brancaleone Vetus.
Ore 21:50 circa arrivo presso località Bova a 800mt dal borgo antico.
Ore 22:00 arrivo presso la piazza del borgo di Brancaleone Vetus e inizio esperienza immersiva tra i vicoli del borgo, attraverso storie, leggende, vicissitudini e percorsi con istallazioni luminose in tema medievale, con finale presso la piazza del ponte “a mirar le stelle”.
Ore 00:30 partenza dalla piazza del borgo per il rientro alle auto.
Ore 00:45 Arrivo previsto al punto auto

 

–SCHEDA TECNICA–

ESCURSIONE: T (Turistica)
LIVELLO DI DIFFICOLTA’: Facile
DISLIVELLO: irrisorio
KM A PIEDI: 1km (andata e ritorno)
CONDIZIONI DEL PERCORSO: strada asfaltata e selciati
PRESENZA D’ACQUA: Punto ristoro al borgo

 

–EQUIPAGGIAMENTO CONSIGLIATO–

Scarpe comode (da ginnastica o da trekking), torcia elettrica a mano o frontale, scorta d’acqua (almeno 1,5lt), k-way, crema o spry anti-zanzare.

 

–COME PARTECIPARE–

Prenotazione obbligatoria telefonando al numero 347-0844564 fornendo il proprio nome e cognome (entro e non oltre il 12 Agosto 2020) NO SMS O MESSAGGI WHATSAPP!

 

–QUOTA DI PARTECIPAZIONE–

La partecipazione ha un costo simbolico di 10€ per i minori 5€ a testa (quale contributo volontario per il sostegno delle attività di rigenerazione del borgo) 

 

–ISCRIZIONI LIMITATE–

PER UN MINIMO DI 10 PERSONE ED UN MASSIMO DI 30 PERSONE!
*I minori sotto i 18 anni possono partecipare se accompagnati e sotto tutela di un adulto

 

–NOTE IMPORTANTI–

Ogni partecipante è tenuto ad equipaggiarsi di Mascherine monouso marchio CE, disinfettante/gel mani, a tenere le distanze previste dalle regole anticontagio (almeno 1,5mt), 

Trattandosi di attività all’aperto gli ingressi in grotta e nei luoghi al chiuso (centro documentazioni di Brancaleone Vetus) avverranno nel rispetto delle normative vigenti. Ogni partecipante è pregato di collaborare.

L’organizzazione si esime da ogni responsabilità civile o penale che possa derivare da infortuni durante lo svolgimento dell’escursione.

 

 

amendolea

Amendolea; bagliori d’argento di una storia millenaria

Uno scrigno lucente in cui ogni ciottolo è pietra preziosa che risplende dal passato, incastonata in una valle antica; un affresco luminoso in ogni stagione dell’anno, anche in attesa del sole e illuminato dalla luna; un narratore silenzioso di Storie di popoli e culture al cospetto delle maestose montagne dell’Aspromonte. Un lungo e sinuoso filamento d’argento di giorno e un affascinante cratere lunare di notte: così la vallata dell’Amendolea si mostra in tutto il suo incanto e, nel cuore dell’area grecanica che la custodisce, narra millenni di storia. C’è una magia palpabile in questo luogo saldato tra cielo e terra.

AMENDOLEA

Frazione del comune di Condofuri, Amendolea (Amiddalia – Amigdala in greco di Calabria mandorleto) deve con ogni probabilità il suo nome ai mandorli in fiore che un tempo copiosi popolavano gli argini. La fiumara, il corso d’acqua più importante della provincia di Reggio Calabria, lungo 36 chilometri, un tempo navigabile secondo la penna antica e autorevole di Strabone, ha lasciato tracce vive in quello scroscio leggero e armonioso delle acque e in quel flusso trasparente che scorre delicatamente sopra le pietre a mormorare, a sussurrare instancabilmente che la storia da lì è passata lasciando segni. Oggi quel che sopravvive di questo torrente è traccia suggestiva, capace di ispirare rievocazioni intense di quanto maestosa essa sia stata al tempo dei Greci.

E’ ancora controversa se fosse questa o la fiumara di Palizzi a dividere le due gloriose colonie Magno greche di Rhegion e Lokroi Epizephirioi.

Dall’Aspromonte fino al mar Ionio, la fiumara dell’Amendolea approda al mare dopo aver bagnato Roccaforte del Greco, Roghudi e Condofuri, mentre Bova resta a dominare la valle ellenofona. Attraversa gole e dirupi, delinea curve e pendii, fluttua nelle cascate di Maesano e nel lago Olinda, in prossimità della contrada Santa Triada di Roccaforte del Greco, fino alla sua massima espansione in larghezza (pari a 500 metri) quando incontra il torrente Colella. Accoglie le acque del Menta nel suo incedere a valle e, giuntovi, accoglie la fiumara di Condofuri segnando nella montagna la Rocca del Lupo.

A dominare la vallata, il suo borgo di cui vi è traccia documentata dal 1099. Raggiunto a piedi dopo una salita ripida e addolcita da una flora variegata e pregna di tradizioni e memorie e dalla storia delle ere geologiche impresse sulle rocce, esso si presenta con un piazzale dal quale è possibile guardare ai ruderi dell’abside della chiesa di Santa Caterina, al campanile della chiesa di San Sebastiano, ai resti delle abitazioni private e a quelli della chiesa dell’Annunziata, orientata ad est, secondo la tradizione religiosa orientale.

Domina la vallata anche il Castello di epoca normanna che attraversò secoli e casate fino a giungere ai Ruffo di Bagnara, che la abitarono per ultimi quasi fino al 1800. Di esso restano rovine parlanti, come le avrebbe definite il giornalista e scrittore viaggiatore triestino Paolo Rumiz (qualora si fosse recato nel reggino anche lì oltre che ad Africo e Ferruzzano nei suoi viaggi tra le Dimore nel Vento); rovine che incorniciano il cielo e conducono ai resti di una cappella costruita in età normanna che nel suo secondo livello rivela la presenza di una chiesetta a pianta absidale, bizantina e pertanto orientata a sud.

Sui muri nessuna traccia degli affreschi, che pure ci saranno stati ad adornarla, e lì anche i resti di una piccola cisterna, anch’essa molto antica. Un grande camino fu costruito tra il XIII e il XV secolo. I suoi resti, con le altre rovine, sono sopravvissuti ai sismi del 1783 e del 1908.

Da vedere anche la chiesa nuova dell’Annunziata, con la Madonna con Bambino in marmo bianco della scuola del Montorsoli.

Il paesaggio, i colori e anche i sapori tra i bergamotti la cui essenza naturale è commercializzata nel mondo tramite il consorzio Bioassoberg, con sede a Melito Porto Salvo e di cui fa parte anche Ugo Sergi che, con la sua passione e la sua determinazione, valorizza la molteplicità dei prodotti derivanti dall’essenza naturale del nostro oro verde.

Non è solo la storia di questi luoghi a dover essere riscoperta e tramandata, a dover arricchire la nostra conoscenza e sanare la nostra smemoratezza; è anche la nostra economia a doversi interrogare sulla capacità di generare sviluppo, negato in loco e conquistato solo lontano, pur avendo a chilometro zero risorse di primo ordine come il bergamotto e talenti capaci di rispettarne l’essenza e di trarre un profitto etico, in armonia con la natura e l’ambiente.

By Anna Foti

Alla scoperta del borgo di Pentedattilo (RC)

Pentedattilo: cinque dita. Cosi è chiamato questo piccolo borgo arroccato sul monte Calvario nel comune di Melito di Porto Salvo. Un borgo che cattura l’attenzione anche del più distratto, non solo per la morfologia della rocca su cui sorge ma anche per la bellezza della disposizione delle case distribuite lungo una ripida e instabile scoscesa. L’immagine di questo borgo silente è suggestiva tanto da meritargli l’appellativo di “borgo fantasma”.

Dell’antico paese di Pentedattilo si hanno notizie scritte per la prima volta nel IX secolo d.C., epoca in cui era già una cittadella fortificata, e il territorio cui faceva capo era molto esteso – dalle zone marine di Saline Joniche, passando per la Valle del Tuccio e infine arrivando alle zone pedemontane di Bagaladi. Costituì anche un centro nevralgico per l’amministrazione dell’economia agricola relativa ai terreni monastici di tutto il territorio melitese.

Nel 1500 Pentedattilo ebbe per la prima volta un proprietario laico, cioè Michele Francoperta, figlio di Ferrante; nel 1509 il feudo venne acquistato dalla famiglia Alberti di Messina che furono in gran parte protagonisti del clima di rinascita culturale ed economica che il nuovo secolo portò con sé; la casata degli Alberti è diventata famosa in Calabria a causa di un evento funesto: l’eccidio della nobile famiglia, compiuto a opera del barone Abenavoli del Franco di Montebello Jonico.

La strage si consumò la notte di Pasqua del 1686 a causa di dispute sui confini e in parte del rifiuto da parte del fratello di Antonia Alberti di concedere la stessa in sposa a Bernardino Abenavoli. In quella tragica notte venne dato l’assalto al castello e gran parte della famiglia Alberti venne massacrata: non vennero risparmiati né donne né bambini. Nei secoli a seguire Pentedattilo venne dapprima danneggiata dal terremoto del 1783 e in seguito cedette il passo a Melito di P.S., diventando una sua frazione. Oggi la parte antica del borgo è parzialmente in abbandono; ma grazie all’impegno di alcune associazioni sta divenendo un suggestivo centro di cultura e per l’artigianato locale, che si può ammirare nelle casette riadattate a bottega.

Dalla statale 106 è possibile ammirare la sua particolare collocazione che, soprattutto di sera, lo trasforma in un vero e proprio presepe. E’ facilmente raggiungibile in auto ed è possibile visitarlo interamente anche attraverso un percorso di trekking ad anello che consente di ammirarlo nella sua totale bellezza. In modo particolare, al calar del sole, la punta delle dita di questo gigante dormiente si colorano di rosso mentre il tepore dell’aria si fa sempre più denso.

Lo sguardo si perde in mezzo alle infinite vallate circostanti, solcate dalla fiumara Sant’Elia che partendo dagli altopiani dell’Aspromonte e costeggiando le frazioni del comune di Montebello raggiunge la spiaggia di Melito di P.S. per poi perdersi nelle trasparenti acque del mar Jonio. L’erosione di questa rocca di arenaria causata dagli eventi atmosferici la stanno lentamente consumando; anche i ruderi del castello, visibili solo in parte, si stanno progressivamente sgretolando. Probabilmente in futuro resterà ben poco delle antiche vestigia, ma la storia e la memoria di questo borgo continuerà a viaggiare attraverso i racconti e gli scritti, perché la conoscenza non muore ma si conserva nella memoria di chi ama la propria terra.

By Cristian Politanò

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