Casalnuovo (o Casalinuovo) è una frazione del Comune di Africo in provincia di Reggio Calabria. I suoi abitanti, che anticamente venivano chiamati “Tignanisi”, Il paese, che è stato costruito a 737 metri sul livello del mare, oggi disabitato, è situato su una rupe, nei pressi di Africo, alla destra del torrente Apòscipo. Lo si può raggiungere seguendo lo stesso itinerario per andare ad Africo fino ad un bivio dopo i Campi di Bova (Monte Lestì o Grosso).

Pur seguendo le vicissitudini storiche, sociali e umane di Africo e di Casalnuovo si trovano segni distintivi in resoconti di alcuni storici le cui testimonianze si trovano sia nel libro “Africo” di Corrado Stajano che nel libro “Africo dalle origini ai nostri giorni – Una storia millenaria”  di Bruno Palamara. Le cronache, nel seicento, parlano di un casale di Africo nel territorio di Bova; nel Settecento accennano a un gruppo di monaci orientali che a Casalnuovo di Africo professavano il proprio rito e poi lo abbandonarono si stabilirono dapprima in Sicilia, poi in Calabria. La provincia di Reggio, fin dall’ VIII secolo era caratterizzata dalla massiccia presenza di monasteri basiliani. Questi monaci, come sappiamo vivevano in  isolati sulle montagne dell’Aspromonte, lontano dai centri abitati, erano dediti alla preghiera, agli studi religiosi, alla copiatura e traduzione di manoscritti biblici.
Lo storico Fiore riporta nella sua “Della Calabria illustrata” un documento che ricorda che “Nel concedimento fattone dal Re Roberto a Niccolò Ruffo nell’anno 1328, vedo notati per i suoi villaggi Motta Bruzzano o Motticella, il Salvatore o Casalnuovo e Ferruzzano”.


Secondo A. Oppedisano, nel 1629 il Principe di Roccella costruisce a Casalnuovo la chiesa del SS. Salvatore, eretta prima ad oratorio, poi con la bolla del Vescovo Barisani del 4 dicembre 1798 elevata a chiesa parrocchiale.
Verso la fine del 1700 Casalnuovo, che praticava l’allevamento del baco da seta, contava 600 abitanti. Si ricorda anche che, nel 700, “un gruppo di monaci greci a Casalnuovo e ad Africo professavano il proprio rito che poi abbandonarono”. Le tracce dell’origine greca si conservano tutt’oggi nella parlata, tuttavia corrotta dalla modernità.

Lorenzo Giustiniani nel 1797 così descrive Casalnuovo: “Villagio in Calabria ulteriore in diocesi di Gerace, dalla quale città si è lontano miglia 32 circa. Egli è abitato da circa 600 individui tutti addetti all’agricoltura e alla pastorizia. Dal territorio raccolgono tutti i generi di prima necessità ed hanno similmente l’industria dei bachi da seta. La sua situazione è tra monti di aria mediocre. Si appartiene in feudo alla famiglia Caraffa, de’ principi di Roccella”. Nella parte opposta di Africo, e questa è la tesi di Costantino Romeo “Una squadra di pastori fondò molti secoli fa un altro paesello di nome Tignano, anzi gli anziani dicevano che combatterono contro gli arabi”. Dal nome Tignano nacque, secondo il Romeo, il termine “tignanisi” dato agli abitanti di Casalnuovo, che si conservò fino alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso.


I terremoti del 1905 e del 1908 danneggiarono gravemente la chiesa insieme a gran parte del paese. Di seguito la chiesa sarà ricostruita ex novo. Da altre fonti citate dal Palamara si desumono le seguenti altre notizie: “Il suo nome cambiò parecchie volte, passando da Casalnuovo a Casalnuovo d’Africo a Salvatore, a seconda dell’appartenenza al comune capoluogo di Bruzzano prima e Africo poi.

Nel 1815 Casalnuovo si stacca da Bruzzano per essere aggregato definitivamente ad Africo che, con l’accorpamento di Casalnuovo, raggiunge una popolazione di 1726 abitanti. Nel 1830, ci ricorda A. Oppedisano, il Vescovo di Gerace si interessa per far elevare Casalnuovo a comune autonomo smembrandolo da Africo; richiesta che non viene accolta perché… la popolazione della frazione non supera i mille abitanti.


Come Africo, anche Casalnuovo è stato gravemente danneggiato dall’alluvione che avvenne dal 15 al 20 ottobre del 1951, in cui morirono sei persone;  e poi, definitivamente, da quella, meno grave, del 1953. Le persone che hanno vissuto quel periodo, raccontano il susseguirsi delle piogge continue e lente che provocarono frane e trasportando a valle valanghe di detriti, fango e pietre dalle montagne adiacenti.

(FONTI: https://www.giuseppemorabito.it/casalnuovo.html )

 

LA RIFLESSIONE:

Casalinuovo, rappresenta tristemente quella parentesi mai interrotta dei centri interni dell’Asprmonte, abbandonati per necessità, per l’evolversi (o l’involversi dei tempi), per l’inerzia politica d’un tempo, che li ha fatto morire. Ed è utile oggi come oggi, tornare ad osservare, a contemplare quei resti che solitari e fragili rimangono a guardare il viandante che s’interroga su come sia potuto accadere che un popolo abbandoni per sempre le loro case.

Questi interrogativi servono e serviranno ad interrogarsi sul futuro, sulla nostra capacità di ascoltare e capire la storia di un passato non molto lontano, che ci ha attraversato velocemente e che attende una decelerazione sul contesto della conservazione del nostro patrimonio storico e culturale.

E’ sempre affascinante tornare a Casalinuovo, cogliere nel volto dei pastori quel senso di inquietudine e di estraneità al mondo contemporaneo. Bisognerebbe tornare spesso in questi luoghi, per resettare i nostri pensieri, riabituarci alla lentezza e al programmare il nostro futuro che appartiene alla montagna.

© Carmine Verduci