Una terra autentica

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Domenica 3 Novembre; l’anello di Pentedattilo (RC)

Domenica 3 novembre Kalabria Experience vi porterà a scoprire Pentedattilo, con un trekking attraverso l’anelo di monte calvario su cui sorge il borgo.

Sarà un viaggio emozionante che ci permetterà di entrare in contatto con le suggestioni ed i panorami che suscita il borgo, dove storia, natura e leggenda si mescolano in un contesto davvero particolare. Faremo questo viaggio in compagnia e grazie alla collaborazione della Guida AIGAE Domenico Guarna che ci condurrà attraverso secoli e secoli di storia.

PROGRAMMA

Ore 09.30 Raduno e registrazione partecipanti al parcheggio di Pentedattilo (https://goo.gl/maps/MKEX2kZ5TkNhPAYp6)

Ore 10.00 inizio trekking Ore 13:00 Pranzo a sacco

Ore 14.00 Fine e saluti (rientro alle auto)

 

SCHEDA TECNICA:

Livello: T (Turistico)
Difficoltà: Facile
Adatto ai bambini: SI (se accompagnati da un adulto)

 

ATTREZZATURA CONSIGLIATA:
Scarponcini da trekkig, abbigliamento a strati o comunque adatti al periodo climatico, k-way, bastoncini da trekking (facoltativi) cappellino, acqua (almeno 1,5lt), pranzo o spuntino per il pranzo, macchina fotografica.

 

QUOTA DI PARTECIPAZIONE:
15€ (da versare al momento dell’incontro)

 

Iscrizioni a numero chiuso: fino ad un massimo di 20 partecipanti

 

PRENOTAZIONE:
Obbligatoria entro e non oltre il 31 Ottobre tramite WhatsApp al numero: 3470844564, fornendo il proprio Nome e Cognome

 

Domenica 13 Ottobre; Uniti per la Solidarietà 2024 in memoria di Elita

Torna anche quest’anno l’appuntamento per la solidarietà. Uniti per la Solidarietà in Memoria di Elita ha lo scopo di ritrovarci tutti insieme per condividere una giornata nella natura e nel segno della solidarietà e collaborazione al fine di raccogliere fondi per chi soffre. L’iniziativa di quest’anno farà opera di beneficenza a due entità territoriali molto importanti “l’Hospice Fondazione Via delle Stelle” di Reggio Calabria struttura socio-sanitaria residenziale per malati terminali e l’Associazione “La Danza della Vita Odv” di Palmi (RC) che è un’associazione di volontari che sostengono umanamente e psicologicamente le persone ammalate di cancro e i loro familiari per una migliore qualità della vita che fornisce parrucche per gli ammalati oncologici in tutto il territorio.

L’escursione “L’anello di Gambarie”, sarà di livello T, di circa 9,5 Km con dislivelli +340 m e -340 m, della durata preventivabile col metodo CAI di circa 2 ore e mezza effettive (escluse le soste), sarà condotta dall’accompagnatore Escursionistico FIE – Federazione Italiana Escursionismo dell’A.S.D. SudTrek Saverio Gerardis, che si avvarrà della collaborazione degli AE e delle Guide delle varie Associazioni coinvolte.

Il raduno è previsto alle 9:00 presso il Rifugio CAI “Riccardo Virdia”   RIFERIMENTO GOOGLE MAPS in Via Risorgimento, 2 a Gambarie, frazione di Santo Stefano in Aspromonte (RC).

DESCRIZIONE

Partendo dal Rifugio “Riccardo Virdia” (1260 m s.l.m.), intitolato alla memoria dell’eroico vicepresidente del Club Alpino Italiano Sezione Aspromonte di Reggio Calabria, che nel 1967 donò la sua vita nel tentativo di salvare due giovani sciatori, ci si incamminerà lungo la strada asfaltata verso il Belvedere di Gambarie, il primo punto panoramico della giornata, da cui sarà possibile ammirare contemporaneamente l’Etna, lo Stretto di Messina e tutte le Isole Eolie: Vulcano, Lipari, Salina, Panarea, Stromboli e persino Alicudi, Filicudi e Basiluzzo se le condizioni atmosferiche saranno particolarmente favorevoli. Dal Belvedere ci si dirigerà alla volta della riserva forestale Basilicò, dove sarà possibile raccogliere e gustare qualche castagna appena caduta. Si arriverà così alla fontana dell’area pic-nic della Fragolara e poi all’area pic-nic di Tre Aie (1330 m s.l.m.), si seguirà, così, il sentiero che insiste nella faggeta ai piedi di Monte Basilicò e si attraverserà il Bosco delle Fate incontrando il ruscello Troia, la sorgente della Fiumara Gallico, e ci si fermerà presso la sua cascata principale per qualche foto. Si passerà, così, sull’altra sponda della Valle Scura ai piedi di Monte Scirocco e si giungerà nel Bosco degli Artisti (1420 m s.l.m.). Si giungerà, così, all’arrivo dello skilift Mare-Neve, il secondo punto panoramico della giornata, molto più bello del primo grazie alla maggiore quota di altezza. Si taglierà la pista da sci Sud e si percorrerà un sentiero che conduce al vecchio skilift Scoiattolo, ormai in disuso, si supererà anche la pista Nord e si potranno ammirare le recenti opere in legno realizzate nel Bosco della Chanson D’Aspromonte e nel Bosco di Mezzo. Si proseguirà con un breve giro nella pineta del Bosco dei Terreni Rossi per poi immettersi nel Fantabosco e ridiscendere per un breve tratto il torrente Fiumarella, uno degli affluenti della Fiumara Catona. Infine giunti nel Piazzale ANAS (1315 m s.l.m.) si tornerà attraverso Via Monte Scirocco al Rifugio “Riccardo Virdia”.

La quota di partecipazione di € 10,00 sarà interamente devoluta all’ Hospice Fondazione Via delle Stelle di Reggio Calabria e all’associazione La Danza della Vita Odv di Palmi.

COME ADERITRE ALL’INIZIATIVA: 

Al num. 3470844564 (via whatsapp) fornendo i dati dei partecipanti (nome e cognome)

 

ATTREZZATURA CONSIGLIATA:

Si consiglia un abbigliamento “a strati” idoneo al trekking [indispensabili: scarponi (obbligatori) e pantaloni lunghi da trekking, T-shirt traspirante, giacca a vento, poncho impermeabile, occhiali da sole, copricapo, crema solare, burro di cacao per le labbra, torcia frontale e bastone da montagna]; pranzo al sacco e almeno 1 litro d’acqua.

NOTE IMPORTANTI:

    • Non è previsto un orario preciso per il termine dell’escursione, ma sicuramente verrà occupato l’intero arco della giornata per godere appieno della bellezza dei luoghi dedicando ampio spazio ad attività ludico-ricreative come la fotografia.

      – L’escursione sarà annullata in caso di condizioni meteo particolarmente avverse. – L’accompagnatore escursionistico, a sua discrezione, potrà decidere di variare il percorso o di annullare l’escursione, anche in corso, se dovesse risultare compromessa la sicurezza del gruppo o di singoli partecipanti o per qualsiasi altro motivo ritenuto valido dallo stesso.

  • Vista l’Ordinanza del Commissario ad acta della Regione Calabria n. 1 del 19.05.2023 sulle Misure di contenimento della Peste Suina Africana, si raccomanda ai partecipanti di rispettare le misure di cui all’ Allegato 2 dell’Ordinanza del Commissario Straordinario alla Peste Suina Africana n. 5/2023, per evitare di propagare involontariamente l’epidemia.

 

La tomba rupestre “a putridarium” di Ferruzzano (RC)

In una visita con un gruppo di appassionati ricercatori, ci siamo recati tra i comuni di Ferruzzano e Bruzzano dove erranti tra le argille si rinvengono dei grossi massi di arenaria. Un blocco di arenaria presenta una porticina con evidenti interventi umani, compresi quasi subito che si trattava di una tomba a seduta detta “a putridarium”.

Insolita come del resto quasi tutta l’archeologia di queste aree incognite. La località dove è stata ricavata la tomba, presenta un doppio toponimo, quello di “Judarìo” e quello meno conosciuto ma riportato sulle carte antiche di “Crimi” o da alcuni detto “Crini”.

Le fonti antiche descrivono queste zone come ricche di conventi e luoghi di culto. Purtroppo non è facile ritrovare dalle scarne notizie e dalle trasformazioni del territorio le località o i resti di conventi o chiese. Servono a poco anche i toponimi, in quanto negli anni o cambiano in maniera radicale o vengono posizionati altrove, causando nel ricercatore dubbi ed incertezze. La tomba a grotticella ritrovata in quello che attualmente si può descrivere come luogo franoso in un contesto disadorno, non aiuta di certo a fornire elementi di leggibilità del sito.

Ricognizione

Nei giorni seguenti ho effettuato diverse visite controllando il territorio che si presenta di natura argillosa di origine pliocenica, con diverse fasi di movimenti franosi nelle aree a maggior degrado si vanno formando dei mammilloni di argille policrome. San Crimi o Judario, è sito poco al disotto della strada per Ferruzzano. Si presenta come un’ampia vallata che declina verso il mare, lambendo le località costiere di Marinella e Pietra Cuzzafri o Cuzzufri (lo scoglio) La distanza tra la località d’interesse ed il mare è meno di tre chilometri, mentre è posta a metà strada tra Bruzzano e Ferruzzano, poco discosta dall’attuale chiesa – santuario della “Madonna della Catena”.

Dalla strada per Ferruzzano, superando di 150 m la chiesa Madonna della Catena, si trova sulla destra, una pista in terra battuta che passa proprio sopra in quello che si legge, come un’antica struttura muraria, dove a nord, quasi inglobata dalla struttura, emerge una formazione rocciosa d’arenaria, dove è stata scavata la tomba.

I massi d’arenaria staccatesi dalla formazione dove poggia il vecchio paese di Ferruzzano, sono erranti, in scivolamento verso sud-ovest. Non distante dalla roccia, dove si trova la tomba, si rinvengono altri massi della stessa natura.

Tutti i massi, compreso la tomba, presentano tagli ottenuti col metodo della “Ghalia” (da pronunciarsi Chalia come per Chorio- o Xalia), vale a dire un sistema atavico in uso ancora oggi che prevede lo scavo di fori circolari secondo una linea di probabile frattura dei massi. Per ogni tipo di masso si attua un foro diverso. Per i graniti è sufficiente una fitta rete di fori profondi pochi cm distanziati tra loro tra 15 ai 30 cm.  Per le arenarie, i fori sono più grandi e profondi, distanziati tra loro dai 40 cm ai 70 cm.  Il taglio delle rocce serviva per ottenere macine per mulini e mole per arrotini. Purtroppo è evidente su un masso vicino che altre tombe sono state distrutte.

La stessa tomba presenta i fori per il taglio sia sulla parte sommitale che nella parte esposta ad est. Solo la buona sorte ha conservato almeno questa testimonianza.

Da una ricognizione effettuata nella vallata Orlando Sculli e Luigi Saccà hanno recuperato molti frammenti ceramici di diverse epoche. Molti sono i tegoloni sia di produzione greca arcaica che successiva, altri di epoca romana ed altri tardo antichi. Un frammento di un’anfora del tipo K L II (uguale a quelli dello scavo della sinagoga di Bova Marina in località San Pasquale). Altri dello stesso periodo di produzione nord africana. Forse serve ricordar che il toponimo principale della località è Judario e questo potrebbe supportare la presenza di una comunità ebraica tra il V ed il VII sec. d. C. Le altre ceramiche tra l’altro le più abbondanti sono tutte medievali, alcune grossolane sono da cucina, altre presentano decorazioni a volte di un certo livello sia cromatico che figurativo. Sono queste invetriate o figuline con decorazioni a strisce policrome.  Un solo frammento presenta tracce di colore rosso come spesso nelle anfore bizantine.

La grotticella

La porta d’ingresso si presenta di forma rettangolare. In alto sono evidenti degli incavi per incastrare una porticina, entro questi rimangono segni impasto di sabbia e calce, come se almeno uno stipite fosse stato murato. L’interno è scavato a forma di forno con cielo più alto rispetto alla circonferenza del cerchio che compone lo scavo della tomba dove gli alloggiamenti per i feretri sono a forma di sedia con uno scavo nella seduta atto a raccogliere i liquidi della decomposizione. Tutte le tre sedute presenti all’interno della tomba convogliano il putrido verso una canaletta che fuoriesce dalla porticina. La capacità delle sedute è limitata ad un corpo femminile. Già all’ingresso sul montante interno della porticina si fa notare chiaramente il graffito-bassorilievo di un’ala che corre su tutta la superficie della cupola e scende verso le sepolture come l’atto di proteggere, come una chioccia fa con i suoi pulcini.

E’ da evidenziare che un graffito a forma di casetta con tetto a doppio spiovente sormonta la porticina della tomba. L’ipotesi suffragata dai dati frammentari, ed il tipo di sepoltura, riporta alla mente la presenza di suore francescane; più tardi dette Clarisse da Santa Chiara. Queste nella maniera più umile, com’era il loro stile di vita, hanno voluto rappresentare il ricordo della loro provenienza. La Porziuncola è la chiesa che Francesco restaurò e fece il centro della sua preghiera. Nella stessa detta anche Santa Maria degli Angeli; Chiara accettò la fede e istituì il suo gruppo di suore che all’inizio erano seguaci del modo di vivere Francescano. La Porziuncola all’ingresso, sulla parte destra della porta, presenta un affresco con una figura d’angelo. Qui nella tomba, l’angelo protegge le sepolte. La pratica della sepoltura a putridarium per le clarisse è nota soprattutto per Ischia dove si trova una tomba con diverse sepolture a seduta. In Calabria l’uso delle sepolture a seduta con putridarium è conosciuto per Gerace e Bova dove si sta ancora lavorando all’interno della cattedrale. Una notizia riferitami a voce, vuole che anche il castello di Potamìa nel comune di San Luca ospiti sepolture simili, che siano state saccheggiate nel passato.

Il Toponimo San Crimi o San Crini.

La tomba si trova accanto alla contrada di “Trovatura” (ed anche questo toponimo andrebbe indagato, infatti nel dialetto locale è legato a ritrovamenti archeologici.). Si diceva per Paolo Orsi che dovunque andasse” faceva le trovature”. Il toponimo ricorrente è di Judario ma molti suddividono il toponimo in San Crimi o San Crini. Nella lingua slava ed armena troviamo l’equivalente di San Klmni con le tre prime lettere congiunte da un trattino, questo secondo una nota di P.G. Kalemkiarian potrebbe essere una forma di genitivo deformato di Klemes ovvero San Clemente [6]. Nella lingua locale è plausibile che tale nome possa aver subito la trasformazione che oggi conosciamo. Non escludiamo altre forme dal greco come lo stesso nome per Clemente. Il nome armeno, se accertato, ancora porterebbe una prova sulla presenza degli armeni in Calabria, le fonti antiche forniscono molti elementi d’indagine. Noi stessi abbiamo nel recente passato indagato il territorio tra Brancaleone Superiore e Bruzzano dove insiste il toponimo di “Rocca degli Armeni” e la presenza di una chiesa rupestre con pavone inciso ai piedi della croce.

Gli armeni sono arrivati probabilmente come forza militare prima del nono secolo. Molte fonti rilette danno per scontato che gli armeni raggiunsero la nostra terra per difenderla dalle avanzate arabe.

Conclusioni

La lettura critica delle fonti antiche, ma soprattutto la ricerca sul territorio, sta fornendo risultati esaltanti al fine della conoscenza della nostra storia delle nostre radici. La segnalazione di Sculli di un manufatto atipico sul territorio di Ferruzzano, ha innescato un nuovo interesse culturale per l’intera area che è Calabro- Greca, ma anche è stato territorio dove molte culture si sono incontrate. La toponomastica sopravvissuta al cambiamento linguistico riserva ancora molte sorprese. La fiumara “La verde” nel dialetto locale è detta dagli anziani “da virdi “ a “virdi o lavirdi”. Il toponimo Alaverdi è il nome di una città armena al confine con la Georgia. Altri toponimi ricordano appartenenze linguistiche ormai dimenticate. Le sepolture a seduta, sono conosciute (e molto sconosciute) anche per altri luoghi della Calabria.

La documentazione anche se incompleta e frammentaria, con la tipologia di sepoltura di San Crimi, mette una tessera al grande mosaico dell’archeologia locale. L’attribuzione ad un monastero femminile dei minori francescani della tomba, è suffragato dalla capacità di contenimento delle sedute. Nei fatti le sedute sono atte a contenere dei corpi minuti come quelli femminili. Si sa che per lo stesso periodo, le clarisse erano presenti, nella Croazia nella Romania e nel nord Africa, dove le umili francescane portavano l’amore per il creato secondo gli insegnamenti di Francesco. Che cosa o chi abbia fermato all’ultimo istante gli scalpellini, dall’azione distruttiva della tomba? Qualcosa è successo, se quegli uomini hanno smesso la loro opera di distruzione di una testimonianza che un giorno potrebbe rivelarsi indicativa. Una datazione per la tomba potrebbe esser quella suggerita dai documenti sopraccitati cioè 1200 poiché già nel 1280 il sito era considerato antico, sempre che non esistesse un altro monastero più antico che le clarisse occuparono. Sta di fatto che una struttura è ancora evidente a partire dalla tomba con direzione est, sono visibili chiaramente dei grossi muri semi interrati dove un altro muro moderno taglia il disegno di quello antico. La Ghalia (suono gutturale) è il cuore di legno marcito per disgregazione causate da agenti fungini. Viene essiccata a volte infornata per renderla asciutta.  Posta nei fori effettuati per il taglio delle rocce, è pressata con l’ausilio di cunei e successivamente bagnata. L’acqua riporta la ghalia al suo volume iniziale causando una pressione lungo la linea dei fori considerevole. I cunei calati con forza oltre che a mantenere l’umidita del legno, sono anch’essi causa di ulteriore pressione. Dopo alcuni giorni, gli scalpellini, determinano il punto adatto e con un colpo di mazza ben assestato, la roccia si stacca con un taglio netto. Inutile dire che le fonti per quanto le abbiamo cercate, non ne abbiamo trovate. Le poche e frammentarie non sono molto d’aiuto, poiché spesso in contraddizione tra loro. E’ però necessario utilizzare come linea guida quanto scritto da Domenico Minuto nel suo Catalogo, il quale fornisce una lettura critica e “visitazione” dei luoghi menzionati. L’unica nota che si avvicina alla realtà del sito rupestre, è, però controversa in quanto colloca altrove quanto la certezza archeologica afferma. Sia l’Ughelli che altri autori menzionano un monastero femminile per il territorio, collegandolo sia ai Santi Anargiri Cosma e Damiano sia Santa Venere. L’anno citato è tra il 1279 ed il 1280. Una nota riporta il monastero ormai fatiscente da abbandonare dove vivono frati minori francescani, riportata dal vescovo di Gerace O. Pasqua nel 1574 al 1591. Nella nota di Pasqua si parla di un monastero femminile dei francescani minori. Altre note si riferiscono alla presenza di monasteri femminili che già nel 1282 erano antichi

 Di  Sebastiano Stranges

 

Bibliografia:

  • Domenico Minuto-Catalogo dei monasteri e luoghi di culto tre Reggio e Locri-Thesaurus ecclesiarum Italiane-ed. storia e Letteratura Roma 1977.
  • Ferdinando Ughelli- Italia Sacra sive de Episcopis Italiane et Insularum vol.IX –Romae typis Vitalis Mascardi -1662
  • Minuto –ogc.pag 275
  • Antonio Oppedisano-Cronistoria della Diocesi di Gerace- Gerace superiore-1934
  • L.B. Zekiyan-Le Colonie Armene del Medio Evo In Italia e le Relazioni Culturali Italo-Armene (Materiale per la storia degli armeni in Italia) Estratto Atti Simposio Internazionale di Arte Armena 1975 Venezia San Lazzaro 1978.
  • Sebastiano Stranges –Armeni in Calabria-Due toponimi un castello ed una chiesa-Calabria Sconosciuta Anno XIX-Gennaio Marzo 1996

Pietra Castello (San Luca) e la leggenda della Principessa Atì

Il peggiore feudatario della lunga storia di Potamìa fu il duca Gambacorta – Don Carlo Papalia Gambacorta di origine messinese Barone di Potamìa che acquista la baronia di Ardore, San Nicola e Bombile con R.A. il 9 maggio 1626.

PH. Fedele Stranges

Sulla sponda dello Ionio verso l’Aspromonte, sulle cime che scendono frastagliate e ventose verso la vallata della fiumara Bonamico, si eleva “Pietra Castello” uno sperone roccioso coronato dalle rovine di un castello: è il castello di Atì. Il luogo è selvaggio e inospitale, anche se pieno di suggestioni, la roccia sprofonda a picco fino al greto del torrente e i ruderi del castello quasi si confondono con la vegetazione spontanea. Questo castello ha una storia, una storia che ha dato adito ad una leggenda che dice di un’immagine di donna velata che pare sporgersi alcune sere guardando verso il crinale dei monti. Vi era un tempo la città di Potamìa, dove viveva un nobile signore, un conte altero e insolente, tanto che per i suoi modi ostili e villani si era attirato l’odio di tutti. La sua continua alterigia gli procurava forti contrasti anche con i suoi pari e spesso osava sfidare apertamente in duello coloro che gli recavano anche lievi offese. Una volta un nobile suo pari ebbe a scontrarsi con lui per una questione e il conte, adirato, lo uccise; dopo l’assassinio lo assalì il terrore della vendetta dei parenti della vittima e decise quindi di rifugiarsi in quel castello solitario in compagnia solo della sua figliola e di un paggio. La figlia del conte era molto bella e, diversamente dal padre, mite e dolce di carattere; il paggio ere poeta e menestrello e rallegrava la prigionia della fanciulla raccontando antiche storie e suonando il suo liuto.

PH. Domenico Catanzariti

Il castello, una volta alzato il ponte levatoio, era imprendibile, protetto com’era dai profondi burroni e dalle rocce e neppure le più potenti macchine d’assedio potevano far nulla contro quelle torri sfidate solo dai venti. Nella torre maggiore il conte aveva costruito un mulino a vento e in una cisterna aveva raccolto l’acqua piovana cosicché, anche se isolati, non mancasse mai pane fresco. Sicuro della sua fortezza, il conte leggeva le antiche canzoni cavalleresche che parlavano di eroi, di maghi e di incantesimi e nella solitudine ascoltava il rumore degli alberi dei boschi e il fragore dei temporali. Anche la bella Atì leggeva, o ricamava, o seguiva con gli occhi il volo degli uccelli dai monti fino al mare e, quando la malinconia la raggiungeva, chiamava il paggio e lo invitava a cantare le sue canzoni. Fu così, fra la solitudine e la poesia di quei canti, che la ragazza e il paggio si innamorarono, ma ella per pudore non lo fece capire ed egli, per rispetto, fece altrettanto. I nemici avevano ovunque delle spie che, ascoltando il suono del liuto e vedendo i lumi accesi fino a tarda notte, capirono quello che stava accadendo fra i due giovani; decisero quindi di inviare un messaggio al paggio in cui era scritto che se egli li avesse aiutati a conquistare il castello, abbassando il ponte levatoio, loro lo avrebbero ricompensato consentendogli di sposare la contessina.

Il giovane paggio aveva sentimenti nobili e non si prestò al tradimento, ma ogni giorno era più angosciato e più innamorato che mai e ogni notte il suo cuore era tormentato da mille dubbi. Ma un giorno che la bella Atì era più dolce del solito e l’arcigno conte più sgradevole del solito, decise che avrebbe compiuto il tradimento e si chiuse nella sua stanza scrivendo una nuova canzone, una ballata religiosa che aveva come tema il tradimento di Giuda. Fece giungere ai nemici il messaggio che nella notte del prossimo venerdì, nell’ora in cui tutti dormivano, egli avrebbe preso il liuto cantando i versi: “E disse Cristo agli Apostoli suoi, quando volete entrare sta solo a voi”. Quello sarebbe stato il segno che il ponte levatoio era abbassato e la strada al castello aperta. Venne la notte del venerdì stabilito, sui monti si abbattè una forte tempesta e il vento fischiava fra le torri, mentre il fiume ingrossato nel fondo della valle faceva rotolare grandi massi. Il conte dormiva profondamente, ma Atì vegliava pensando al suo amore, ascoltando il suono del liuto proveniente da una stanza lontana. Al segnale convenuto, con un rumore di argani, il ponte levatoio fu calato e i nemici s’impossessarono del castello. Senza rispettare il patto catturarono il giovane paggio legandolo mani e piedi e presero il conte nel sonno. Andarono dunque alla ricerca della fanciulla, ma trovarono il letto vuoto e il Vangelo alla pagina in cui San Matteo racconta il tradimento di Giuda.

Cercarono ancora la contessina, nelle camere, nei sotterranei, ma non trovarono alcuna traccia. Il conte e il paggio legati insieme furono messi in una botte e rotolati giù dal dirupo. Di Atì non si seppe più nulla e il suo corpo non fu mai rinvenuto. Solo il suo spirito è ancora fra quei monti, fra quei torrioni e i pastori, nelle notti di luna, dicono di vedere le belle sembianze di una donna avvolta da un velo che guarda lontano e ascolta. Dal fondo della valle, invece, salgono le voci dei fantasmi del conte e del paggio: l’uno altero e concitato giura vendetta, l’altro piange il suo tradimento…

 

ALCUNI SCATTI CHE TESTIMONIANO GLI ANTICHI RESTI DEL CASTELLO (foto dal Web)

Alla scoperta dei Calanchi di Palizzi al tramonto

Domenica 29 Settembre ci immergeremo nella bellezza del tramonto di fine estate con l’escursione ai Calanchi di Palizzi. Sarà un entusiasmante viaggio che ci proietterà indietro nel tempo di 3 milioni e mezzo di anni fa, tra queste formazioni di “Marne bianchissime” tra natura e ricchissima biodiversità che contraddistingue questo luogo dichiarato S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario).

L’escursione si svolgerà in due tappe, vicine fra loro e raggiungibili in automobile.

I contrasti, il paesaggio, la forza della terra, sarà prorompente, in un luogo tra i più suggestivi del territorio reggino, portato in auge dalla nostra associazione che sin dal 2015 promuove questo sito, oggi divenuto fra i più instagrammabili del territorio Calabrese e Reggino.

Come da tradizione, ci sarà anche la visita ad una nuova realtà imprenditoriale del territorio, un complesso residenziale immerso nella natura che scopriremo insieme ai gestori, sarà anche un modo per conoscere una bella realtà del territorio che si proietta verso una nuova formula di ospitalità diffusa che rappresenta un volano importante di sviluppo per questo territorio.

 PROGRAMMA:

Ore 15:30 Raduno e registrazione partecipanti a Palizzi Marina (ex SS106). Riferimenti Google maps https://maps.app.goo.gl/bn9FLrCaaWHjerUC9

16:00 Visita ed esplorazione nella “prima parte” del sito dei calanchi antistanti al mare per godere di paesaggi inediti.

Ore 17:00 Trasferimento in auto presso la “Pineta Comunale di Palizzi” con Visita ed esplorazione alla “seconda parte” del sito dei Calanchi, per godere del magico tramonto.

Ore 19:30 (poco distante) saremo ospiti presso il BeB “Una terrazza sul mare” dove vi sarà un apericena all’interno dei giardini della struttura, e visita all’intero complesso residenziale, per conoscere una nuova realtà imprenditoriale giovanile

Ore 20:30 Fine e saluti

 

SCHEDA TECNICA

Escursione di tipo: T (Turistica)
Lunghezza complessiva: Irrilevante
Dislivelli: Irrilevanti
Terreno: Marne bianche
Acqua: No
Adatta ai bambini: Si (se accompagnati da un adulto)

 

ATTREZZATURA CONSIGLIATA;

Abbigliamento adatto al periodo, scarponcini o scarpe da ginnastica di gomma, cappellino, occhiali da sole, giacca a vento, acqua (almeno 1lt), macchina fotografica o smartphone, bastoncini (facoltativi)

 

COME PARTECIPARE?

Le adesioni sono aperte sino al 27 Settembre2024 inviando un messaggio WhatsApp al numero 347-0844564 (inviando il proprio nome e cognome).

 

QUOTA DI PARTECIPAZIONE;

Quota di partecipazione 20€ a persona (comprende apericena)
(La quota potrà essere versata direttamente presso il luogo dell’appuntamento)

 

NOTA IMPORTANTE:

Non è prevista polizza assicurazione infortuni, la partecipazione implica l’esonero di ogni responsabilità civile o penale dell’organizzazione, la quale svolge il ruolo di organizzazione, divulgazione e promozione dei luoghi sul territorio Calabrese.

 

14 Agosto, escursione notturna a Brancaleone Vetus

Torna l’appuntamento più cult dell’anno con la tradizionale escursione notturna a Brancaleone vetus per conoscere i segreti e i misteri del sito rupestre.

Brancaleone Vetus come molti altri borghi abbandonati della Calabria, racconta un mondo fatto di storia, fatti, misfatti, vicissitudini che hanno caratterizzato la grande storia di popoli e genti che hanno abitato questi luoghi dal fascino immutato nel tempo. Un piccolo mondo nascosto tra anfratti, grotte e abitazioni, vicoli, scorci e profumi, che anche di notte regalano sensazioni indescrivibili. Un viaggio alla scoperta dell’antica città rupestre, dei suoi segreti e della profonda spiritualità.

Muniti ognuno di torcia elettrica visiteremo: Le pareti rocciose mioceniche, i silos-granai, la chiesa-grotta dell’Albero della vita, l’antica chiesa Protopapale dell’Annunziata con le sue tombe-cripta, e la chiesa nuova dell’Annunziata degli anni ‘30 che ospita reperti antichi dell’altare barocco e tante altre particolarità.

 

–PROGRAMMA–

Ore 21:20 Raduno degli escursionisti in Piazza Chiesa Maria S.S. Annunziata (frazione Paese Nuovo) punto gps
Ore 21:40 Partenza con le proprie auto per Brancaleone Vetus.
Ore 21:50 circa arrivo al borgo antico e inizio percorso tra i vicoli del borgo, attraverso storie, leggende, vicissitudini e percorsi esplorativi “a mirar le stelle”.
Ore 00:45 Fine

 

–SCHEDA TECNICA–

ESCURSIONE: T (Turistica)
LIVELLO DI DIFFICOLTA’: Facile
DISLIVELLO: irrisorio
KM A PIEDI: 0 km
CONDIZIONI DEL PERCORSO: selciati antichi
PRESENZA D’ACQUA: Punto ristoro al borgo

 

–EQUIPAGGIAMENTO CONSIGLIATO–

Scarpe comode (da ginnastica o da trekking), torcia elettrica a mano o frontale, scorta d’acqua (almeno 1,5lt), k-way, crema o spry anti-zanzare.

 

–COME PARTECIPARE–

Prenotazione obbligatoria telefonando al numero 3470844564 fornendo il proprio nome e cognome (entro e non oltre il 12 Agosto) MESSAGGI WHATSAPP!

 

–QUOTA DI PARTECIPAZIONE–

La partecipazione ha un costo simbolico di 10€

per i minori 5€ a testa

(Il contributo sarà interamente destinato al sostegno delle attività di rigenerazione urbana del borgo) 

 

–ISCRIZIONI LIMITATE–

PER UN MINIMO DI 10 PERSONE ED UN MASSIMO DI 30 PERSONE!
*I minori sotto i 18 anni possono partecipare se accompagnati e sotto tutela di un adulto

 

–NOTE IMPORTANTI–

L’organizzazione si esime da ogni responsabilità civile o penale che possa derivare da infortuni durante lo svolgimento dell’escursione.

 

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