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15 Itinerari spirituali calabresi da non perdere

Il turismo religioso in Italia ed Europa è una vacanza evoluta che non presenta solo profili ludici o culturali, ma vuole cercare emozioni particolari visitando i luoghi religiosi. In Italia, ma anche nel resto d’Europa, questa nuova frontiera del turismo è in forte espansione, in controtendenza all’attuale crisi, e mette a disposizione dei fedeli interessanti offerte per raggiungere le destinazioni più prestigiose.

Perfino le agenzie di viaggio si stanno specializzando per poter al meglio soddisfare ogni tipologia di richiesta, sia per singole persone, sia per gruppi organizzati fornendo adeguate offerte.

Il turismo religioso sta vivendo un momento particolarmente fortunato legato alla possibilità di esplorare territori carichi di fascino e simbologie. Un viaggio religioso è un percorso fatto in modo consapevole; si parte con l’intento della scoperta e dell’arricchimento culturale oltre che religioso. Sono viaggi che escludono le corse frenetiche con itinerari sovraffollati, ma che danno la priorità al piacere della scoperta.

Anche la Calabria, con la sua ricca offerta di siti di interesse, offre una ricca offerta spirituale, che unisce non solo il piacere di scoprire e riscoprire il culto e la devozione ai Santi, ma anche un modo per viaggiare, conoscere luoghi, borghi e territori dal fascino unico ed immutato.

In questo itinerario ne abbiamo selezionato, dieci fra i santuari e i siti di interesse spirituale, che non è una classifica, ma è un itinerario che si pone l’obbiettivo di far conoscere l’essenza stessa di una Calabria mistica e spirituale, che offre, e sa offrire valide alternative turistiche, in grado di competere con i maggiori Santuari.

 

1) Reggio Calabria – Madonna della Consolazione

La festa di Santa Maria Madre della Consolazione, o più comunemente chiamata festa della Madonna della Consolazione, è il principale evento religioso e civile della città di Reggio Calabria. E’ celebrata in onore della compatrona della città. La festa prende avvio la mattina del secondo sabato del mese di settembre con la processione della sacra Effigie, che dalla Basilica dell’ Eremo viene portata alla Basilica Cattedrale. Una seconda processione, che segue un percorso nel centro storico cittadino, avviene il martedì immediatamente successivo. La sacra effige della Madonna, collocata su una pesante vara, viene trasportata in processione dalla collina dell’ Eremo fino al Duomo, dai famosi “portatori”, che a spalla conducono il quadro attraverso un percorso cittadino che si snoda fra ali di folla in preghiera e giubilo.

2) San Luca (RC) Santuario della Madonna di Polsi

Il Santuario Madonna di Polsi (noto anche come santuario della Madonna della Montagna, è un santuario situato presso la frazione di Polsi del comune di San Luca e fa parte della Diocesi di Locri-Gerace. Sulla Madonna si raccontano molte leggende. Una di queste vuole che nel XI secolo alcuni monaci si siano spinti nel cuore dell’Aspromonte, ai piedi di Montalto, dove fondarono una piccola colonia e chiesa. Secondo un’altra versione tradizionale, molto diffusa, nell’XI secolo un pastore di nome “Italiano”, intento a cercare una giumenta smarrita in località Nardello, scorse l’animale che disotterrava una croce di ferro, qui gli sarebbe apparsa la Vergine col Bambino, chiedendogli che fosse costruita in quel luogo una chiesa a lei dedicata. Tutt’oggi all’interno del santuario vengono conservate una statua in tufo di provenienza Messinese, il cui peso sfiora gli 8 quintali, e la Santa Croce, ritrovata dal pastorello “Italiano”. La festa ogni anno si tiene il 3 Settembre, ed ogni 25 anni avviene uno dei momenti più solenni ed attesi dai fedeli, che giungono da tutto ul sud Italia, l’incoronazione della madonna. Altra solennità importante è il giorno dell’Esaltazione della croce il 14 settembre.

 

3) Riace (RC) Santuario dei Santi Cosma e Damiano

La festa dei Santi Cosma e Damiano di Riace è una festa che si svolge dal 25 al 27 settembre ogni anno a Riace (RC) in onore dei santi Cosma e Damiano. La festa avrebbe avuto origine nel 1669 quando a Roma giunsero le reliquie dei due santi, i quali divennero i Patroni della città nel 1734. La festa dei Santi Medici attrae ogni anno una grande affluenza di fedeli e le comunità Rom e Sinti devoti dei santi medici considerati loro protettori le cui radici sono molto antiche e profonde. Arrivano da tutta la Calabria per onorare, anche, il Beato Zeferino Giménez Malla, detto “El Pelé” (1861-1936). Ciò che caratterizza questa festa e la procesisone dalla Chiesa del Paese sino al Santuario, è la processione che è seguita da balli tradizionali come la tarantella suonata con strumenti tipici della tradizione, accompagnata dai balli e soprattutto abiti tradizionali che le comunità Rom o Sinti vestono fanno indossare anche ai bambini in segno di devozione o per grazia ricevuta.

 

4) Paola (VV) Santuario di San Francesco

E’ stato un religioso italiano, proclamato santo da papa Leone X l’1 gennaio 1519. Eremita, ha fondato l’Ordine dei Minimi. Francesco nacque a Paola, in Calabria Citeriore, Regno di Napoli (oggi in provincia di Cosenza). Il 27 maggio 1416 da Giacomo Martolilla, e Vienna da Fuscaldo. La famiglia di Giacomo proveniva da Cosenza, e ancora prima originaria da Messina. Il nome viene dato al bambino in onore a san Francesco d’Assisi, per l’intercessione del quale i due coniugi chiesero la grazia di un figlio, pur trovandosi già in età avanzata. Alcuni anni dopo nacque la figlia Brigida. Fin da piccolo , Francesco fu particolarmente attratto dalla pratica religiosa, denotando umiltà e docilità all’obbedienza. All’età di tredici anni narrò la visione di un frate che gli ricordava il voto fatto dai genitori. Poi trascorse un anno in convento adempiendo alla promessa dei genitori

5) Palmi (RC) San Fantino di Taureana

Il complesso archeologico di San Fantino è un’area ubicata a Taureana frazione di Palmi e prospetta sulla piazza di San Fantino. Composta da una chiesa ottocentesca, dai resti precedenti chiese paleocristiane e medievali e dalla “cripta di San Fantino”, luogo cristiano piu’ antico della Calabria che conservava un tempo le sfoglie del santo. Nel 1952 , nella chiesa di San Fantino già in stato di abbandono per la costruzione nel nuovo luogo di culto in un’altra zona di Taureana, vennero effettuati degli scavi che portano alla luce, in maniera del tutto fortuita, la cripta di San Fantino, nella quale probabilmente era sepolto il santo titolare. Negli scavi del 1993 emersero anche le pavimentazioni anche della chiesa ricostruita nel 1552 dal conte Pietro Antonio Spinelli feudatario di Seminara e Palmi. Di questa chiesa sono state rinvenute le mura interne allineate sull’asse est-ovest con ingresso a nord.

6) Melicuccà (RC) Grotta di Sant’Elia

Secondo la “vita” fonte principale per la sua biografia, scritta da un anonimo monaco e raccolta in unico manoscritto , scritto nel 1308 nel monastero di s. Salvatore in lingua Phari a Messina, Elia nacque a Reggio Calabria da famiglia agiata fra l’860 e l’865. Da bambino in un grave incidente perse una mano e perciò ebbe dai contemporanei il soprannome di (moncherino). Appena diciottenne decise di farsi monaco intraprendendo cosi un lungo cammino spirituale che lo portera’ alla santità. La prima tappa di questo percorso e’ il ritiro a vita eremitica nella chiesa di s. Aussenzio nelle pendici di un monte presso Taormina . Succesivamente Elia, condusse un pellegrinaggio per visitare le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma, dove ebbe la possibilità di conoscere l’esperto Ignazio che lo educo’ alla vita monastica. Finito questo periodo di apprendistato Elia rientra nella sua Reghion per unirsi ad uno anziano monaco allora famoso, Arsenio, che viveva al tempo nel monastero di Santa Lucia, è qui che riceve l’abito monacale. Fonte: FAI Fondo Ambiente Italiano

7) Paravati (VV) Natuzza Evolo – Santuario Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime

Natuzza Evolo, è stata una mistica, nacque a Paravati, frazione del comune di Mileto. Il padre, Fortunato, qualche mese prima che lei nascesse, nella speranza di poter contribuire economicamente al sostegno familiare emigrò in Argentina, da dove non sarebbe tornato mai più, formando una nuova famiglia. La madre, Maria Angela Valente, rimasta sola con numerosi figli da accudire, si adattò ai lavori più umili per sfamare la famiglia. La bambina non ricevette una particolare formazione religiosa, anche perché la condotta di sua madre era abbastanza chiacchierata in paese. A 14 anni, per aiutare la famiglia ando’ a lavorare come domestica in casa dell’avvocato Silvio Colloca, guadagnandosi subito la fiducia della famiglia . Ma dopo poco tempo Natuzza fu al centro di presunti fenomeni paranormali, quali la visione di persone che erano gia’ defunte. Nel 1941 Natuzza si licenziò da quel lavoro, andò a vivere presso la nonna paterna e pensò di farsi suora, ma questa idea gli fu sconsigliata, proprio perché era protagonista di questi fenomeni “inquietanti”.

Fonte: giornaledicalabria.it

 

8) Cerchiara di Calabria (CS) Santuario della Madonna delle armi

Il santuario di Santa Maria delle Armi, è un complesso monumentale, di origine medievale, della Calabria. Si trova nel territorio di Cerchiara di Calabria alle pendici del monte Sellaro . Il titolo Madonna delle Armi deriva dal greco (Ton armon) ossia “delle grotte, degli anfratti”, con riferimento ad alcune grotte del monte Sellaro. L’odierno santuario sorge su un antico sito monastico bizantino, alle pendici del monte Sellaro, anche noto come monte santo. Già prima nel X secolo si ha notizia nella vita si san Saba di un monachus ascetarii Armon ( un monaco proveniente dall’ascetario delle armi) e, poco distante dell’esistenza del celebre monastero bizantino di sant’Andrea, guidato dagli abati (egumeni) Pacomio e e san Gregorio da Cerchiara. Nel 1192 una ricca donazione in greco di un facoltoso cherchiarese, Gervasio Cabita, menziona, tra gli altri benefici, il monastero femminile di Santa Maria delle Armi e la sua chiesa.

 

9) Serra San Bruno (VV) La Certosa di San Bruno

Bruno era nato a Colonia, in Germania, intorno al 1030. Studiò lettere a Reims e teologia nella sua città natale. Divenuto maestro alla scuola della Cattedrale di Reims, da lui diretta, ebbe fra i suoi allievi, il monaco benedettino Ottone di Châtillon, che nel 1088 diverrà papa con il nome di Urbano II. Fu costretto ad abbandonare la sua terra e la scuola a causa di forti dissidi con il vescovo Manasse di Gournay (1067 – 1082). Il vescovo Ugo di Grenoble che lo aiuterà donandogli un terreno, secondo la tradizione, vide in sogno sette stelle che indirizzavano sette pellegrini in un luogo solitario, nel cuore della Chartreuse, e fu proprio assieme a sei compagni che, nel 1084, Bruno eresse la casa madre: la Grande Chartreuse, dove si dedicherà alla vita contemplativa. Alcuni anni dopo, papa Urbano II lo scelse come consigliere privato e lo convocò a Roma, dove risiedette per alcuni anni. Rifiutata la nomina arcivescovile di Reggio Calabria, Bruno si stabilirà nella località detta La Torre (oggi Serra San Bruno), sulle terre del conte Ruggero d’Altavilla, dove eresse nel 1094 l’Eremo di Santa Maria, mentre a poco meno di 2 km più a valle, fondò per i conversi il Monastero di Santo Stefano. Bruno morì nella certosa calabrese il 6 ottobre 1101.

10) S. Domenica di Placanica (RC) – Santuario della Madonna dello scoglio

La storia di questo Santuario, è legata a doppio filo con quella di Fratel Cosimo, infatti, l’uomo ha più volte ricevuto la visita della Santissima Vergine, la prima volta fu nel maggio del 1968, poco dopo l’imbrunire, mentre Cosimo Fragomeni era intento nel portare agli animali del fieno. In quell’occasione la Madonna gli Chiese di costruire sul luogo della sua apparizione una Cappella, per permettere alle genti di pregare. Altre apparizioni si susseguirono, insieme ad eventi miracolosi, dopo la costruzione della Cappella, Fratel Cosimo chiese ad un pittore di Caulonia di nome Ilario Tarsitani, di dipingere un’immagine della Madonna, secondo la sua visione. In seguito Fratel Cosimo ebbe un’altra visione, da un punto del terreno sgorgava dell’acqua miracolosa, ebbene nell’Ottobre del 2001 durante la Messa, sentì lo scroscio di acqua come quella di una cascata. Cosimo divenne terziario francescano il 17 gennaio 1987 e per circa 10 anni di fila ha ricevuto le visite della Vergine, lui si è sempre appuntato le sue parole e si premurò di consegnarle al parroco.

11) Seminara (RC) Monastero dei Santi Elia e Filarete

Il Monastero dei Santi Elia il Giovane e Filarete l’Ortolano a Seminara, uno dei più interessanti Monasteri Ortodossi presenti nel Sud Italia, che richiamò l’attenzione in passato di regnanti e papi. Secondo la tradizione, Sant’Elia il Giovane ebbe una visione in Antiochia di Siria in cui gli venne indicato dove edificare “l’ascetica palestra”: si trattava dell’antica Vallis Salinarium (Valle delle Saline), l’attuale Piana di Gioia Tauro, in un luogo a due chilometri a nord-est di Seminara. Gli storici datano nell’anno 884 la costruzione del cenobio, inizialmente concepito come asceterio. Presto accorsero i primi discepoli, fra i quali il monaco Saba, e divenne meta di pellegrinaggio. Il monastero imperiale di S. Elia fu assegnato da Roberto il Guiscardo nel 1062 all’abbazia benedettina di S. Maria, nella valle di Nicastro, nel luogo detto di San’Eufemia. Nel periodo normanno il monastero, continuò ad essere un importante luogo di culto, meta di tantissimi pellegrini desiderosi di venerare le miracolose reliquie dei santi protettori del cenobio. Il nome Filarete secondo la tradizione latina significa “pescatore”, mentre secondo quella greca significa “amante della virtù”. Morì nel 1070 e fu seppellito nel cenobio di Seminara che nel 1133 venne dedicato dai latini anche a lui, oltre al fondatore Elia. A Seminara, nella Basilica della Madonna dei Poveri fu custodito un avambraccio del santo in un reliquiario d’argento proveniente dal monastero, e anche il cranio fu rinchiuso in un reliquiario d’argento, probabile lavoro di scuola messinese del 1717.

Fonte; Alfonso Morelli team Mistery Hunters

 

12) Bivongi (RC) San Giovanni Theristis

Il Monastero di San Giovanni Theristis, a Bivongi è l’unico in Italia fondato dai monaci del monte Athos (in Grecia. Il monastero venne intitolato a San Giovanni Theristis perché si racconta che nell’XI° secolo, in questo territorio, sia vissuto San Giovanni, un giovane monaco nato a Palermo, al quale si attribuiscono molti miracoli tra i quali quello dell’improvvisa mietitura del grano a Maroni. Da qui l’appellativo di Theristis, che appunto significa mietitore. Con la costituzione dell’Ordine Basiliano d’Italia nel 1579 l’edificio divenne uno dei maggiori cenobi della congregazione religiosa greco-ortodossa “uniate”. Nel XVII° secolo, a causa delle scorrerie di alcuni briganti, i monaci abbandonarono il monastero e si trasferirono a Stilo nel convento di S. Giovanni Theristis fuori le mura dove vennero traslate le reliquie del “Mietitore” e dei Santi Nicola e Ambrogio. All’inizio del XIX° secolo, in seguito alle leggi napoleoniche, la basilica divenne proprietà del comune di Bivongi e dal 1994 i monaci greco-ortodossi del monte Athos vivono stabilmente nel monastero. Il piccolo monastero con alcune celle , rimane a sinistra del grande portale granitico attraverso il quale si accede al cortile e quindi alla basilica. In fondo al cortile rimangono i ruderi del vecchio monastero. Attualmente ci vive una comunità di monaci ortodossi rumeni.

Fonti: https://borghidellariviera.wordpress.com/il-monastero-bizantino-di-s-giovanni-theristis/

13) Crotone – Santuario della Madonna di Capocolonna

La tradizione di questo Santuario vuole che l’immagine della Vergine sia stata portata a Crotone da S. Dionigi Aeropagita, primo Vescovo di Crotone, e che sia stata dipinta da S. Luca. La sacra l’immagine su tela è probabilmente opera bizantina, nel corso dei secoli ha subito vari restauri ad opera di artisti diversi. La tradizione narra che, nel 1519, i turchi assediarono la città di Crotone mettendo a ferro e fuoco tutto. Nella loro opera di distruzione, essi non risparmiarono gli edifici sacri: distrussero tutto ma, quando provarono ad incendiare la tela della Vergine non vi riuscirono. Intimoriti dall’accaduto, i turchi buttarono il quadro in mare; ma presto, questo riapprodò dolcemente a riva dove venne trovato e portato in salvo da un pescatore. Da allora la sacra icona è conservata presso la cappella ottocentesca del Santuario di Santa Maria di Capocolonna e onorata con una grande festa che si tiene la terza domenica di maggio. L’opera su tela è certamente di stile bizantino. Nel V secolo a.C., dove oggi sorge il Santuario, emergeva un tempio pagano – in stile dorico- dedicato alla Dea Hera Lacinia, che conteneva immensi tesori tra cui la Veste di Alcistene. Sul promontorio Lacinio ora sorge la chiesa dedicata alla Madonna di Capo Colonna: al culto pagano di Hera, la dea più importante dell’Olimpo, si è sostituito il culto cristiano della Madonna regina dei cieli.

14) Gimigliano (CZ) Santuario della Madonna di Porto

Le origini dello splendido e mistico santuario calabrese affonda le sue origini nella storia del giovane ladruncolo Pietro Gatto, e all’anno 1751. Il culto alla Madonna di Gimigliano risaliva tuttavia al 1626, quando il popolo di Gimigliano di proclamare la Vergine di Costantinopoli protettrice del paese per difendersi dalle catastrofi naturali.La Basilica permette infatti l’incontro dei pellegrini con il Signore nel bel mezzo della pace della natura, come vera “oasi” di silenzio, preghiera, incontro, in cui attingere alle sorgenti della Parola e della Comunione. Negli anni infatti il Santuario della Madonna di Porto è diventato uno dei centri più famosi della spiritualità mariana in Calabria, e il messaggio che la Madonna di Porto affida ai suoi pellegrini è piuttosto eloquente. Maria chiede a tutti i suoi figli, infatti, “la conversione come cambiamento di mentalità e comportamenti di vita”.

 

15) Torre di Ruggiero (CZ) Santuario della Madonna delle Grazie

Il Santuario della Madonna delle Grazie, sorge nel cuore delle serre calabresi e trae le sue origini al tempo dell’iconoclastia, quando i monaci basiliani in fuga dall’oriente fondarono in questo luogo una Dacia basilina. Il 17 aprile del 1677 due ragazze del luogo, Isabella Cristello e Antonia De Luca, andarono al Santuario per pregare e qui mentre erano raccolte Isabella guarì dal male che da tempo l’ affliggeva e contemporaneamente le due giovani assistevano alla visione celestiale della Vergine che chiedeva di essere in quel luogo riverita dai popoli vicini e lontani e da quel luogo, Lei avrebbe dispensato abbondanti le sue grazie e i suoi favori. Le grazie nei giorni seguenti si susseguirono senza numero e man mano che la notizia si divulgava, sempre più gente si recava in processione per assistere agli eventi prodigiosi. Distrutto dal terremoto che il 5 febbraio del 1783, 74 anni dopo la Madonna stessa tornò per destare la secolare devozione, apparendo alla contadina torrese, Pascale luna, chiedendo la ricostruzione del Santuario. Ma i mezzi necessari mancavano e così il popolo piano piano dimenticò la promessa della ricostruzione. Il pomeriggio del 10 aprile 1858, sabato in albis, mentre lavorava il terreno nei pressi del Santuario vide zampillare una polla d’acqua e ricordandosi che proprio in quel luogo la tradizione ricordava una fonte, si dissetò e si lavò gli arti doloranti guarendo all’istante. Commosso dal prodigio corse in paese e i torresi capirono che era l’ennesimo segno voluto dalla Madonna per ricostruire il suo Santuario. L’8 maggio dello stesso anno la cuiria vescovile di Squillace autorizzò la ricostruzione della Chiesa che in tempi brevissimi per quel perido fu ultimata e consacrata l’8 settembre 1858. La nuova statua della Madonna delle grazie fu un dono di Vittorio Emanuele II. La festa principale della Madonna si celebra l’8 settembre.
Fonti: FAI Fondo Ambiente Italiano

 

Sono innumerevoli i Santuari e luoghi mistici caratterizzano la nostra regione, in un percorso spirituale che affonda le proprie origini in tempi remoti.

Qui https://www.viaggispirituali.it/santuari-in-italia/santuari-della-calabria/ una lista completa dei luoghi della fede Calabresi che esprime tutto il carattere spirituale e religioso di una regione, da secoli considerata una “terra benedetta”, che diede natali e ospitalità a numerosi Santi, che oggi fanno parte del nostro bagaglio culturale, spirituale, religioso e artistico.

PROGETTO:

Itinerari culturali e sostenibilità sociale nel meridione d’Italia a cura di; Alessandra Sgrò e Antonino Guglielmini.

Copertina a cura di Leonardo Condemi

 

Si ringraziano le fonti e gli autori delle immagini.

Otto itinerari letterari da scoprire nella Calabria Ulteriore

Cos’è il turismo letterario?

La letteratura ed il turismo vanno a braccetto, poiché i luoghi possono disegnare una geografia letteraria attraverso la quale, sfruttando gli strumenti di marketing e promozione, si accresce il settore turistico ed economico di una città. Il turismo letterario è un settore del turismo culturale che molti considerano di nicchia, pur riconoscendo che, storicamente, la letteratura è stata una delle prime forme d’incentivazione al viaggio. Il turismo letterario è «travel induced by, or associated with, works of literature, authors and the places featured within literature» (Croy, 2012) vale a dire che esso si rivolge ad utenti la cui immaginazione turistica è stata stimolata da esperienze riconducibili alla letteratura (ma non solo!). Tale turismo si sviluppa, cioè, intorno a luoghi descritti in famose opere letterarie, oppure rilevanti nella vita degli autori di quelle opere. Un tipico itinerario letterario può riprodurre gli spostamenti di un famoso personaggio in un romanzo, può comportare la visita dell’abitazione o della tomba di uno scrittore (la casa di D’Annunzio cioè il Vittoriale d’Italia a Gardone Riviera, quella di Leopardi a Recanati), o ancora può essere legato ad un festival letterario (e dunque alla visita della città dove si svolge, come nel caso di Mantova con il festival della Letteratura) o, infine, a luoghi che ospitano importanti fondi librari o famose biblioteche (si pensi alla Bodleian Library a Oxford) e fiere del libro (come quelle di Torino o Francoforte) e molto altro.

Ma dove nasce?

­­Le origini del turismo letterario ante litteram partono dal 1300 circa con Giovanni Boccaccio, quando in “Trattatello in laude di Dante” ammonisce Firenze per aver ripudiato e mandato in esilio il Sommo poeta annullandone ogni legame quando invece la città ed i suoi cittadini avrebbero dovuto proteggerlo e glorificarlo (in effetti bisogna sapere che la Casa di Dante a Firenze è un vero caso speciale rispetto alla classificazione basata sull’autenticità delle Case Museo detta per autenticità riconosciuta per autorità, poiché il comune solo nel 1895 incaricò una commissione di trovare quella che poteva essere la casa di Dante ma poi se ne individuò e acquistò una che per autorità divenne la Casa-Museo di Dante Alighieri).

Il grande sviluppo del turismo letterario si registra soprattutto nel 1800 quando si assistette alla diffusione e anche alla conclusione, sul finire del secolo, del fenomeno del Grand Tour. La  visita dei luoghi letterari si sposava con gli ideali del pensiero romantico e con tale pratica, le cui tappe italiane rappresentavano i momenti più formativi per lo spirito e per l’intelletto (Venezia era conosciuta come la città decadente, a Roma si studiava l’arte e l’architettura antica, la Sicilia era la destinazione finale, non sempre raggiunta ma, per Goethe, imprescindibile per comprendere bene l’Italia) che dovevano essere celebrati con nostalgia nel ricordo di un passato aureo vissuto dagli autori classici studiati.

 

I luoghi letterari non sempre sono geograficamente riconoscibili o accuratamente segnalati poiché essi possono avere accolto per un singolo momento di passaggio o di breve soggiorno l’autore o il poeta (si tratterebbe dei casi di cafè, hotel, strade). Per esprimere l’inteso e profondo rapporto tra letteratura e promozione del territorio, è possibile far riferimento a cinque strumenti che hanno assunto una crescente importanza negli ultimi trent’anni: le guide letterarie, le case museo e case degli scrittori, i parchi letterari, i festival e le riviste letterarie. Ultimamente si parla anche di percorsi di turismo letterario quali vie, strade, tappe in diverse località della stessa regione o sparse che creano un percorso legato ad un unico tema come nel caso delle Vie di Dante, un percorso tra Toscana ed Emilia Romagna  o la Strada degli Scrittori, la SS 640 dedicata a Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, per citarne alcuni…

Il Contesto territoriale;

La Calabria vanta numerosi scrittori e filantropi che hanno lasciato una grande eredità culturale al nostro tempo. Luoghi, aneddoti ed opere composte in questa terra che diede i natali ai grandi filosofi dell’epoca Magnogreca, che rappresentano vere e proprie “pietre miliari” della nostra fiorente cultura, legata non solo al patrimonio materiale ma anche al patrimonio storico-naturalistico e paesaggistico che rappresenta e può senz’altro rappresentare un volano di sviluppo in grado di muovere il turismo nei luoghi che ancora raccontano, che parlano, che narrano vita e autori degni di rilievo. Bisogna però distinguere due tipologie di autori; quelli nativi di Calabria, e chi, pur non essendo originario di questa terra si è distinto per opere di grande rilevanza letteraria.

Nello specifico, in questo percorso-itinerario andremo a riscoprire, luoghi, borghi e peculiarità in lungo e in largo per la nostra provincia reggina, dallo ionio fino alle cime dell’Aspromonte, passando per altre località ricche di interesse. Lo scopo è quello di riscoprire anche i personaggi locali in una sorta di narrazione che si intreccia con uomini, donne e personaggi della storia e della cultura locale, attraverso itinerari narrativi che completano l’esperienza di un viaggio tra le righe del tempo, tra i vari borghi che caratterizzano il territorio.

 

Saverio Strati: Sant’Agata del Bianco (RC)

Saverio Strati è uno scrittore italiano nato a Sant’Agata del Bianco (RC) il 16 agosto 1924 e morto a Scandicci (FI) il 9 aprile 2014 a Scandicci. Dopo gli studi primari inizia a lavorare con il padre come muratore e diventa capo-mastro. Grazie alla sua passione per la lettura, nel corso degli anni legge tante opere della cultura popolare come “Quo Vadis” di Henryk Sienkiewicz o “I miserabili” di Victor Hugo. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, decide di riprende gli studi. Con l’aiuto finanziario di uno zio che abitava negli Stati Uniti, inizia a ricevere lezioni private da parte di alcuni professori della Scuola Media Galluppi di Catanzaro e comincia a leggere anche grandi scrittori come Croce, Tolstoj, Dostoevskij o Verga. Nel 1949 ottiene il titolo di liceo classico e si iscrive in Medicina presso l’Università di Messina (Sicilia) per soddisfare i desideri dei genitori; tuttavia, dopo un breve periodo di tempo, si trasferisce alla Facoltà di Lettere. Decisivo per il suo destino di scrittore è l’incontro con il critico letterario Giacomo Debenedetti che in quel momento insegnava a Messina e del quale diventa uno degli allievi prediletti. Nel 1953, Debenedetti legge il libro di racconti “La Marchesina” e ne sollecita la pubblicazione presso Alberto Mondadori a Milano. Durante questo periodo Strati inizia a scrivere il suo primo romanzo “La Teda”. Nel giugno del 1953 incontra Corrado Alvaro a Caraffa del Bianco e poi si trasferisce a Firenze per preparare la sua tesi di dottorato su riviste di letteratura dei primi due decenni del ventesimo secolo. Intanto, i racconti di Strati vengono pubblicati sulle riviste “Il Ponte”, “Paragone” e sul quotidiano “Il Nuovo Corriere”. Subito dopo aver completato “La Teda” inizia a scrivere il suo romanzo più poetico, “Tibi e Tascia”, edito sempre da Mondadori nel 1959. Nel 1958 Strati sposa una ragazza svizzera e si trasferisce in questo paese dove vive fino al 1964 (periodo durante il quale scrive diversi romanzi e numerosi racconti). Nel 1972 vince il Premio Napoli e nel 1977 il PREMIO CAMPIELLO con il romanzo Il Selvaggio di Santa Venere. I libri di Strati vengono stampati in tutto il mondo. Ma dopo il bellissimo romanzo “L’uomo in fondo al pozzo” (1989), la casa editrice Mondadori, inspiegabilmente, decide di non pubblicare più le sue opere. Il suo paese, Sant’Agata del Bianco, con le sue storie, la sua umanità ed i suoi personaggi, resterà per tutta la vita fonte di ispirazione inesauribile.

(Fonti: Comune di Sant’Agata del Bianco)

ITINERARIO 1: Sant’Agata del Bianco  e Caraffa del Bianco (RC)

L’itinerario giunge nel piccolo paesino di Sant’Agata del Bianco in un itinerario storico letterario ed artistico che attraverso straordinari murales raccontano storie di vita ma anche storie di contadini ed artisti che hanno trasformato questo piccolo paesino in un vero e proprio libro illustrato. La caratteristica di questo itinerario sarà anche la possibilità di ammirare e conoscere persone, fatti e misfatti del borgo, con la visita al piccolo “museo delle cose perdute”, palazzi storici, artisti locali, la chiesa dedicata a Sant’Agata a cui gli abitanti sono molto legati. La vicinanza al borgo di Caraffa è notevole, qui in quattro passi si raggiungerà il centro storico, che ci catapulta in uno scenario completamente diverso, fatto di scorci panoramici, casette tipiche e palazzi antichi che ci raccontano di un passato rivoluzionario, come le vicende legate ad uno dei 5 martiri di Gerace Rocco Verduci e non solo…

Cesare Pavese: Brancaleone (RC)

ll 15 maggio del 1935 lo scrittore Cesare Pavese, in seguito ad altri arresti di intellettuali aderenti a “Giustizia e Libertà“, venne sospettato di frequentare il gruppo di intellettuali a contatto con Leone Ginzburg, e venne trovata, tra le sue carte, una lettera di Altiero Spinelli detenuto per motivi politici nel carcere romano. Accusato di antifascismo, Cesare Pavese venne arrestato e incarcerato dapprima alle Nuove di Torino, poi a Regina Coeli a Roma e, in seguito al processo, venne condannato a tre anni di confino a Brancaleone. Cesare Pavese resta a Brancaleone dal 4 agosto 1935 al 15 marzo del 1936. Ancora intatta la casa dove visse Pavese, questa abitazione conserva ancora ti fascino di una stanza d’altri tempi, dove ancora è possibile respirare il profumo del gelsomino ed ascoltare il rumore dei treni che ogni ora attraversano la ferrovia prospiciente al giardino della dimora.

(Fonti: www.prolocobrancaleone.it)

ITINERARIO 2: Brancaleone Marina – Brancaleone Vetus (RC)

L’itinerario parte dalla Stazione Ferroviaria dove lo scrittore arrivò ammanettato, prosegue, lungo il corso Umberto I°, passa dalla Chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo, il Museo del Mare, il Municipio, L’albergo Roma per poi seguire il corso Umberto fino ad arrivare sul lungomare dove ammirare e soffermarsi di fronte allo scoglio lungo, lo scoglio ove lo scrittore amava rifugiarsi per qualche attimo a pensare e guardare il borgo marinaro. Si proseguirà lungo il tratto di lungomare che giunge sino al sottopasso che ricollega l’itinerario sul Corso Umberto, si passerà di fronte all’ex Caserma dei Carabinieri e la Scala Pavesiana dove fare qualche foto ricordo. L’itinerario giunge presso la dimora del confino dove aneddoti, storie e vicissitudini verranno raccontate anche da tanta documentazione esistente all’interno. Il percorso si conclude in piazza Stazione dove sarà possibile visitare e conoscere e visitare il Centro di Recupero delle Tartarughe marine di Brancaleone, per conoscere ed approfondire tutte le realtà del territorio che operano e rendono viva la cittadina. Nel contempo per concludere l’itinerario è possibile concludere con la visita al Borgo abbandonato di Brancaleone Vetus, dove delle straordinarie rocce racconteranno di Pavese, Gianni Carteri e le antiche origini rupestri del luogo, contraddistinto da molti siti di interesse, fra cui: Le grotte-chiese, silos granai scavati nella roccia, vicoletti ed affacci caratteristici, la casa grotta, la Chiesa Matrice e la chiesa nuova dell’Annunziata che ospita al suo interno un centro documentazioni.

 

Corrado Alvaro: San Luca (RC)

Corrado Alvaro nasce il 15 aprile 1895, primogenito dei sei figli di Antonio e di Antonia Giampaolo, a San Luca, un piccolo paese nella provincia di Reggio Calabria, sul versante ionico dell’Aspromonte. Il padre, maestro elementare, è fondatore di una scuola serale per contadini e pastori analfalbeti; la madre proviene da una famiglia della media borghesia. A San Luca trascorre un’infanzia felice, ricevendo la prima istruzione dal padre e da un vecchio maestro del luogo. Nel corso del 1930 pubblica ben tre raccolte di racconti (Gente in Aspromonte, Misteri e avventure, La signora dell’isola) e il romanzo Vent’anni, il più intenso fra quelli italiani imperniati sulla Grande Guerra, che gli valgono il prestigioso (e remunerativo) premio letterario di «La Stampa». L’affettuosa amicizia con Margherita Sarfatti è determinante per stemperare l’inimicizia del regime e per consentirgli una «silenziosa renitenza». Alvaro congiunge il microcosmo calabrese, il paese dell’anima che funge da sostrato a tutto il suo itinerario di scrittore, e la realtà europea, in cui ambiva innestarsi, ma senza cancellare l’identità storico-culturale dei padri. Nella sua opera si raggruma e si esalta l’immagine stessa della Calabria, riproposta nella grandezza della sua storia e nella sua fermentante forza d’irradiazione; e vi confluisce tutta una linea di tradizione culturale e di civiltà, che va dalle radici magnogreche a Gioacchino da Fiore, da Campanella a Padula. Nel gennaio del 1941 torna per l’ultima volta a San Luca, per i funerali del padre; poi, più volte, a Caraffa del Bianco, in visita alla madre e al fratello don Massimo, parroco del paese.

(Fonti: Fondazione Corrado Alvaro)

ITINERARIO 3: San Luca  e Polsi (RC)

L’itinerario inizia con la visita al centro storico di San Luca, dove ancora oggi è possibile ammirare la casa natale di Corrado Alvaro, sostenuta e resa viva grazie all’opera della Fondazione Corrado Alvaro, che consente di visitare gli interni dell’abitazione. Tra i vicoli del borgo, e la vista sulla grande fiumara Buonamico, tra scorci Aspromontani ed il mare che fa sempre da sfondo, si attraversano vita opere e vicissitudini dello scrittore attraverso un viaggio interiore che si inerpicherà per la montagna, fino a giungere a Polsi, dove un antichissimo Santuario legato alla Madonna della Montagna, rievocherà quelle visioni dello scrittore intramontabili. Corrado Alvaro attraverso la sua opera letteraria sarà in grado di trascinare il visitatore all’interno di un percorso che si intreccia con la storia e la spiritualità dell’Aspromonte.

 

Mario La Cava: Bovalino e Casignana  (RC)

Mario La Cava è nato a Bovalino (11 settembre 1908 – 16 novembre 1988) nella Locride, alla sua terra d’origine rimase sempre fedele, svolgendo per un cinquantennio l’attività di intellettuale coerente e leale, stimato dalla gente comune ed apprezzato dagli addetti ai lavori. Possedeva una cultura umanistica, acquisita negli anni di formazione tra Reggio Calabria, Roma e Siena, a contatto con i foyers letterari in voga intorno agli anni Trenta. Ridotto al silenzio dalla censura del regime fascista, trascurato dai mass-media durante la prima Repubblica, La Cava trascorse la sua vita lontano dal mondo industrializzato delle metropoli per meglio meditare sulle ripercussioni sociali e morali che le scelte politiche ed economiche delle varie classi dirigenti hanno avuto sul destino del nostro Mezzogiorno. Di tanto in tanto intraprendeva un viaggio all’estero con lo spirito entusiasta di un osservatore curioso. Prendendo a modello i classici greci l’autore si cala attentamente nella quotidianità contemporanea e ne ricava ritratti e bozzetti dei più avariati tipi di umanità. I temi sociali sono sempre presenti nei romanzi di La Cava, come testimoniano I fatti di Casignana, romanzo improntato sul dramma delle lotte contadine nella Calabria del 1922, in cui il popolo ricopre il ruolo di co-protagonista. L’altro versante della poetica lacaviana è costituito dalla vis comica: intessute di ilarità sono le Opere teatrali, in cui la realtà oscurantista e castrante si deforma per scomporsi in gustose situazioni comiche. La prima opera pubblicata da La Cava, Il matrimonio di Caterina e l’ultimo romanzo edito dallo stesso, Una stagione a Siena, seppur lontani nello stile e nei contenuti, sono accomunati dalla grande passione dell’Autore per il mondo dei giovani con le loro speranze sempre vive e puntualmente travolte da forze sopraffattrici di volontà perverse.

(Fonti: Fondazione Mario La Cava)

ITINERARIO 4: Bovalino e Casignna (RC)

L’itinerario parte da Bovalino dove la casa natale custodisce ancora l’arredamento originario della sua dimora, qui la cava trascorse la sua infanzia. Ci si sposterà verso Casignana, un borgo antichissimo dove oltre ai ruderi dell’antico nucleo storico, ampia spazi paesaggistici ci offrono l’opportunità di cogliere la vastità dei campi coltivati, stessi i quali furono teatro della sanguinosa vicenda legata ai latifondisti del 1922 conosciuti come “i fatti di Casignana”

 

Francesco Perri; Careri e Natile di Careri (RC)

E’ stato scrittore, poeta e giornalista tra i maggiori calabresi ed italiani del Novecento. Nacque il 15 luglio 1885 a Careri (Reggio Calabria), piccolo centro situato su una collina ventosa del territorio ionico tra Capo Bruzzano e Locri.  La famiglia dello scrittore era di modeste condizioni economiche. Nella società del tempo occupava un posto intermedio tra i cosiddetti ‘gnuri’ e il ‘popolino’. Il padre, don Vincenzo, uomo mite e pio, speziale del paese con la modestissima scorta di qualche prodotto galenico, faceva anche l’assistente del medico condotto ed era una delle poche persone che sapeva leggere nel paese. La madre, donna Teresa Sciplini energica e virtuosa era analfabeta. Primo di cinque figli maschi, restò orfano di padre in tenera età, ebbe un’ infanzia e un’adolescenza difficili per le scarse risorse finanziarie della famiglia, ma fu libero e gaio, sempre a contatto con la natura e l’ambiente contadino. La madre riuscì, nonostante le difficoltà, a provvedere alla istruzione del figlio facendolo studiare presso il seminario vescovile di Gerace, unica scuola accessibile all’epoca.  A conclusione della quarta ginnasiale fu costretto a tornare al paese perché contrasse la febbre di Malta. In quegli anni conobbe più da vicino la povera gente prostrata dai bisogni e dalla sofferenza e i contadini insoddisfatti dalla scarsa produttività delle terre. Conservò per tutta la vita la memoria dei contatti quotidiani con la natura, i paesaggi e le notti stellate. Nel 1904 lasciò il paese per poter completare gli studi privatamente e si sosteneva con i proventi da istitutore nell’orfanotrofio provinciale Lanza di Reggio Calabria. Nel 1908 abbandonò Reggio. Aveva 23 anni quando si trasferì in Piemonte a Fossano avendo vinto un concorso nelle Poste Italiane. Lavorando e studiando conseguì la maturità classica nel 1910 e nel 1914 la laurea in Giurisprudenza all’Università di Torino. Nel 1916 si sposò con Francesca Olocco, giovane contadina piemontese. Si iscrisse alla facoltà di filologia moderna presso l’Università di Pavia senza però conseguire la laurea a causa del sopravvenuto conflitto mondiale che da interventista e patriota lo coinvolse. Si arruolò come volontario e con la qualifica di Ufficiale di Artiglieria, prese parte alla prima guerra mondiale. In quegli anni così ricchi di tensioni e contrasti non dimenticò la Calabria.  Nel 1921 recatosi a Careri per visitare i suoi fratelli incontrò ex combattenti impegnati nella lotta per l’assegnazione delle terre demaniali usurpate. Si mise al loro fianco per poterli aiutare nei rapporti con il Prefetto, arbitro della vertenza, ma per questo fu denunciato e condannato. Nel 1945 accettò la direzione del quotidiano ‘Il Tribuno del Popolo’, giornale dei repubblicani di Genova. Nel 1946 il Partito Repubblicano lo nominò direttore del quotidiano ‘La voce Repubblicana’. Tale incarico durò da marzo a luglio di quell’anno. In quell’anno fu anche candidato all’Assemblea Costituente nelle liste del Partito Repubblicano per la circoscrizione della Calabria, ma non venne eletto per pochi voti. Nello stesso anno fu riassunto dall’Amministrazione delle Poste e come Direttore provinciale assegnato a Pavia. Nel 1954 si ritirò dal lavoro e continuò a vivere a Pavia con la famiglia fino alla morte. Durante tutta la sua vita, collaborò e pubblicò articoli su diversi quotidiani e periodici: La Voce Repubblicana, Provincia Pavese, Gazzettino di Venezia, Il Tribuno del Popolo, Anima e Pensiero, Domenica del Corriere, Corriere dei Piccoli, ed altri. Francesco Perri morì a Pavia il 9 dicembre 1974 e per suo desiderio è stato sepolto nel cimitero di Careri.

(Fonti: www.associazioneculturalefrancescoperri.it)

ITINERARIO 5: Careri  e Natile di Careri (RC)

L’itinerario parte da Careri, paese nativo dello scrittore, secondo la leggenda il paese trarrebbe origine dall’antica Pandora, distrutta da un terrificante terremoto nel 1507. Gli abitanti di questo centro, in seguito al sisma, si sarebbero dispersi in varie zone insediandosi soprattutto nell’area che ospita oggi il paese. Fino a quando non fu riconosciuto Comune autonomo, nel 1836, fu feudo conteso da ricchi casati, subendo, dunque, come molti altri centri, il sistema feudale. Venne colpito duramente, riportandone gravi danni, dai sismi del 1783 e del 1908, a cui si aggiunse la catastrofe operata dalle alluvioni del 18 ottobre del 1951 e del 1973. Si raggiungerà Natile di Careri, dove dal piccolo borgo si intraprende un percorso che ci porterà alla scoperta del “monolite più Grane d’Europa”, alla coperta di un Aspromonte misterioso e struggente, magari con la possibilità di incontrare il Lupo Kola del romanzo di Perri.

 

Tommaso Campanella: Stilo e Stignano (RC)

Filosofo di Stilo, Reggio di Calabria nato nel 1568. Entrato adolescente nell’ordine dei domenicani, venne formando la sua cultura filosofica soprattutto con la lettura dei platonici e di Telesio; a Napoli, dove si recò assai presto per contese con i suoi confratelli in Calabria, strinse amicizia con G. B. Della Porta interessandosi a ricerche e pratiche di magia e di astrologia. A Napoli pubblicò la Philosophia sensibus demonstrata (1591) e fu sottoposto a un processo per eresia (1592); successivamente a Padova subì un altro analogo processo e ancora un terzo a Roma (1596), terminato con la condanna e l’abiura; poco dopo un altro processo lo obbligò al ritorno in Calabria. Frattanto aveva scritto fra l’altro De Monarchia christianorum (1593), De regimine Ecclesiae (1593), Discorsi ai Principi d’Italia (1594), Dialogo contro Lutero, Calvinisti e altri eretici (1595). Le linee fondamentali del pensiero di Campanella sono già definite: l’ antiaristotelismo, il panvitalismo, l’idea di una riforma politico-religiosa, il quadro astrologico-magico. Nel 1602 fu condannato al carcere perpetuo. Restò in prigione ventisette anni: in questo periodo  riuscì a lavorare e compose gran parte delle sue opere maggiori: la Monarchia di Spagna (1601), la Città del sole (v.), De sensu rerum (1603), Monarchia Messiae (1605), Antiveneti (1606), Atheismus triumphatus (1607), Philosophia rationalis (1619), Quod reminiscentur (1625). Liberato nel 1626, fu nuovamente rinchiuso nel carcere del Sant’Uffizio, donde fu liberato (1629) per la benevolenza di Urbano VIII (che gli aveva fatto dare il titolo di magister e lo teneva come consigliere in fatto di astrologia).  Il 21 ottobre 1634 il Campanella lasciò Roma e l’Italia: a Parigi, dove ebbe accoglienze amichevoli, poté finalmente iniziare la pubblicazione delle sue opere; ma la morte lo colse nel convento di Saint-Honoré, quando erano stati pubblicati solo cinque volumi. Prima di morire, aveva dettato a G. Naudé una sua autobiografia, De libris propriis et recta ratione studendi syntagma (postuma, 1642). Muore a Parigi nell’anno 1639.

(Fonti: Associazione Innovus APS )

ITINERARIO 6: Stilo, Stignano e Placanica (RC)

L’itinerario parte da Stilo, qui un itinerario storico ed artistico seguirà i monumenti del borgo contraddistinti dalla famosa cattolica di Stilo patrimonio UNESCO, il Duomo, la chiesa di San Giovanni Teristhis, la statua bronzea del filosofo e la fontana dei delfini, il viaggio prosegue verso Stignano paese natio del Filosofo (com’è ben noto per molti anni l’abitazione del noto filosofo è stata oggetto di disputa tra i Comuni di Stilo e Stignano), motivo della contesa il luogo di nascita di Tommaso Campanella, assegnato a Stilo perché a quei tempi Stignano, non possedendo autonomia finanziaria, dipendeva amministrativamente da Stilo. In effetti, nel 1968, un Decreto ministeriale ha confermato che la nascita del grande filosofo è avvenuta a Stignano. In paese, infatti, esiste una piccola casa in pietra indicata come la culla natia del grande filosofo. Litinerario prosegue e si conclude a Placanica dove oltre la bellezza del borgo, le sue chiese ed i suoi panorami, si giunge al Monastero dei Padri Domenicani, dove il filosofo prese i voti.

 

Leonida Repaci: Palmi (RC)

Nacque a Palmi (Reggio Calabria), ultimo di dieci figli, il 5 aprile 1898 da Antonino, imprenditore edile, e da Maria Parisi. A circa un anno rimase orfano del padre ed ebbe un’infanzia poverissima; all’indomani del terremoto calabro-siculo del 1908, insieme a un fratello e a due sorelle fu mandato a Torino presso il fratello Francesco, avvocato. A Torino, completò gli studi liceali e, iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, interruppe i corsi universitari per partecipare alla prima guerra mondiale come tenente nel corpo degli Alpini. Ferito sul Grappa, a Malga Pez, fu congedato con il grado di capitano e con una medaglia al valore. Si laureò nel 1919; nello stesso anno, dal 18 al 27 settembre, perse di febbre spagnola una sorella e due fratelli. La loro scomparsa gli ispirò i versi della silloge Il ribelle e l’Antigone (Palmi 1919) poi riveduti e, con il titolo La Raffica, accorpati ai Poemi della solitudine (Palmi 1920). Influenzato dalle idee politiche del fratello Francesco, abbracciò gli ideali del socialismo, consolidati, nella Torino del primo dopoguerra, grazie alla vicinanza con Piero Gobetti e soprattutto con Antonio Gramsci nella redazione dell’Ordine nuovo, rivista sulla quale Répaci firmava, con lo pseudonimo Gamelin, articoli di intervento e di critica letteraria. Nel 1921si trasferì a Milano dove iniziò la professione forense e assunse la difesa di Federico Ustori (uno degli anarchici accusati della strage conseguente all’attentato dinamitardo al teatro Diana). Abbandonò subito dopo la toga con una netta scelta di campo per la letteratura. Esordì con il romanzo “L’ultimo cireneo” (1923), Répaci fu scrittore torrenziale, per la furia del dire, produsse un abnorme accumulo di elementi narrativi di grande spessore. Ciò è riscontrabile anche nella Storia dei fratelli Rupe, a cui lo scrittore lavorò dal 1932 al 1973 costruendo un vastissimo quadro degli eventi storici nazionali europei e mondiali del Novecento.

(Fonti: Associazione Fogghi di Luna)

ITINERARIO 7: Palmi e la Costa Viola (RC)

Il percorso narrato si sviluppa per 15 km. Partendo da Piazza Primo Maggio, continua verso Villa Mazzini e prevede fra le mete la Caletta di Rovaglioso, le spiagge di Buffari, di Tombaro e della Pietrosa, e poi le grotte archeologiche di Trachina e Perciata, la Casa Oliva e Repaci con vista dalla guardiola. Ed ancora l’affaccio dalla scalette sopra lo Scoglio dell’Ulivo, le cui origini e la tipologia di miloniti,(roccia proveniente dalle viscere della terra e formazione geologica del tutto differente da tutte le altre porzioni di spiaggia) rendono l’esperienza completa sotto tutt i punti di vista, il Parco Archeologico dei Tauriani, con il santuario di San Fantino, Pietrenere, Fortino di Murat e lo Scoglio dell’Isola. ll percorso si sviluppa ed amplia la sua offerta attraverso il “Sentiero Tracciolino”, che parte dal centro storico, passando per la “Casa della Cultura Leonida Repaci” la villa Mazzini con i sui straordinari affacci, che rende questa destinazione unica nel suo genere, grazie ad il suo paesaggio incantevole, la  storia millenaria dei luoghi, le emergenze archeologiche ed mare color viola che si amalgamano in modo straordinario, con la natura incontaminata di questi luoghi. Un cammino letterario sospeso tra cielo e mare come un “balcone” sullo Stretto con panorami  mozzafiato e vista sulle isole Eolie, rese ancora più affascinanti dalla sensazione di poterle toccare con un dito, in un luogo nel quale la montagna dell’Aspromonte si tuffa sul Tirreno.

 

Umberto Zanotti Bianco: Africo e Ferruzzano (RC)

Umberto Zanotti Bianco, conosciuto anche con lo pseudonimo di Giorgio D’Acandia, nacque il 22 gennaio del 1889 a Creta dove il padre Gustavo, diplomatico piemontese, si era trasferito con la moglie, l’inglese Enrichetta Tulin, per motivi di lavoro. Ritornato in Piemonte, Umberto frequentò il collegio «Carlo Alberto» di Moncalieri dei Padri Barnabiti, dove approfondì gli studi sul Cristianesimo e apprese la lezione mazziniana sulla libertà, i diritti e i doveri degli uomini. Nel 1910 condusse con Giovanni Malvezzi un’inchiesta sulle tragiche condizioni di vita della gente dell’Aspromonte, da cui nacque un saggio dal titolo: “L’Aspromonte Occidentale”. Avendo compreso che era necessario affiancare le popolazioni nel difficile momento di ricostruzione e di superamento dello stato di indigenza e di degrado diffuso, fondò, assieme a Pasquale Villari e Leopoldo Franchetti, l’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (A.N.I.M.I.), con lo scopo di formare insegnanti, alfabetizzare adulti e bambini, costruire asili, scuole elementari, biblioteche, circoli di cultura, cooperative di produzione e di consumo, centri di assistenza. Grazie anche all’aiuto di personalità del calibro di Giuseppe Lombardo Radice, Giuseppe Isnardi e Tommaso Gallarati Scotti, Zanotti Bianco portò avanti una serie di iniziative educative nelle zone più impervie della Calabria, per sconfiggere l’analfabetismo imperante. I suoi interessi includevano anche l’arte e l’archeologia; nel 1920 fondò assieme a Paolo Orsi la «Società Magna Grecia», grazie alla quale condusse una serie di scavi a Sant’Angelo Muxaro e a Sibari. Nel 1944 fu nominato presidente della Croce Rossa Italiana, che organizzò (La Croce Rossa, 1944-47, 1947). Nel 1947 socio corrispondente dei Lincei, nel 1952 divenne senatore a vita. Fu anche presidente dell’associazione Italia nostra, per la tutela del patrimonio artistico e naturale.

ITINERARIO 8: Africo  e  Ferruzzano (RC)

L’itinerario è costituito dalle vicende che legano l’Aspromonte ed i suoi “ormai” paesi fantasma dell’entroterra, si inerpicherà per le ripide montagne dell’Aspromonte fino a raggiungere Africo antico, ammirare la scuola che Zanotti fondò, raggiungerà Ferruzzano Superiore, ormai quasi disabitato per immergersi anche qui nell’atmosfera dei paesi abbandonati, ma nel contempo scrigni di storia e di identità, qui anche la scuola per l’infanzia voluta da Zanotti Bianco ancora è esistente. Le vedute panoramiche, gli scorci e le storie legate al borgo e alle sue origini, incorniceranno il viaggio in un unicum fatto di storia antica e moderna, dell’Italia meridionale degli anni ’40.

(Fonti: www.kalabriaexperience.it)

 

PROGETTO IN COLLABORAZIONE CON:

Servizio Civile Universale – Pro Loco di Brancaleone APS, EPLI Calabria, Promozione Italia ETS.

Domenica 8 Agosto “La Via dei Borghi” a Sant’Agata del Bianco

Domenica 8 Agosto La via dei borghi “summer” giungerà nel paese natale del grande scrittore Saverio Strati. Sarà un viaggio emozionale, alla ricerca della nostra radice culturale ed identitaria con la visita di un paese che trasuda voglia di riscatto, capace di mescolare la bellezza suggestiva dei tipici vicoli delle borgate calabresi alla street art, senza dimenticare i tanti punti di interesse storico come la casa dello scrittore Saverio Strati. Tanti momenti di condivisione, letture ed approfondimenti, incontro con gli attori locali della rinascita del Borgo caratterizzato ormai da innumerevoli iniziative che durante l’anno catturano l’attenzione dei media e del turismo fuori stagione.

PROGRAMMA
Ore 17:00 – Raduno e ritrovo presso piazzale Antistante al cimitero di Africo M.na
Ore 17:30: Arrivo Piazza Municipio a Sant’Agata del Bianco – Accoglienza dell’Amministrazione Comunale) premessa progetto culturale Amministrazione di Sant’Agata

L’ITINERARIO AL BORGO:
Murales “Ragazzo illuminato dalla luce della storia”, Murale “nascondino e panchina letteraria”, Murale pittore Fàbon, Opera Linfa Vitale, Murale Cinema, Piazzetta e Murale Tibi e Tascia “Improvvisazione serenata”, Visita casa Saverio Strati e Museo delle cose perdute, Discesa Palazzo Borgia (casa dove si riunivano i Rivoluzionari Santagatesi), Via delle porte Pinte, Murale Poeti Contadini, Casa Vincenzo Tedesco (con installazione inizio libro Gaudio Incorpora), Discesa Museo Artisti Santagatesi, Visita Museo, Murale S.Agata V.M., Visita Murale Dante, Murale “Orecchio dei desideri”

GRAN FINALE
Sosta nel “Giardino del Pensiero” con letture e riflessioni su Saverio Strati, accompagnata da musicisti locali.

SCHEDA TECNICA:
Itinerario T (Turistico Culturale)
Difficoltà: Facile
Adatto ai bambini: SI (se accompagnati da un adulto)

ABBIGLIAMENTO CONSIGLIATO:
Indumenti leggeri adatti al periodo cappellino, scarpe da ginnastica, macchina fotografica.

Quota di Partecipazione:
15€ (da versare al momento dell’incontro prefissato nella giornata)

PRENOTAZIONE:
Obbligatoria entro e non oltre il 6 Agosto al numero: 3924009180, fornendo Nome Cognome e recapito telefonico di ogni singolo partecipante.

Iscrizioni a numero chiuso: fino ad un massimo di 40 partecipanti

Brancaleone (RC) L’antica Torre di Galati ci svela il suo fascino

Uno scrigno di storia e biodiversità

A pochissimi chilometri dalla piccola e ridente frazione di Galati sorge una splendida torre che si erge su una piccola collinetta naturale a 190mt s.l.m., l’edificio probabilmente è stato costruito alla fine del ‘500 e rientrava nel sistema delle torri di avvistamento volute dal Regno di Napoli su tutte le coste del mediterraneo. Queste torri, oltre a svolgere la funzione di sorveglianza dei mari e in caso di attacchi pirateschi, dovevano comunicare non solo fra di loro, ma anche con l’entroterra, essendo molti i centri abitati che sorgevano nell’entroterra. La torre di Galati oltre ad avere avuto una funzione militare, ha sicuramente svolto un ruolo istituzionale sul territorio, grazie alla sua importante e strategica ubicazione (al confine tra i territori di Palizzi e Brancaleone) Fonti storiche riferiscono che tale edificio ricadeva all’interno delle proprietà del Governo.

L’itinerario

Un ottimo spunto per raggiungere la torre, è quello di approfittare dei periodi meno caldi, come la primavera e l’autunno. Per raggiungere la torre effettuando una piacevole camminata immersi nella natura, è possibile farlo direttamente dalla piccola frazione di Galati che si trova al 59°km sulla SS 106 ionica. Giunti presso il cimitero che sorge vicino alla grande arteria stradale si lascia l’auto nell’ampio parcheggio. Si prosegue a piedi seguendo una sterrata che costeggia un complesso residenziale semi-costruito. La stradina costeggia il piccolo torrente, quasi sempre in secca conosciuto come “vallone Pezzimenti” che ad un certo punto comincia a scavalcare la prima collinetta.

Giunti alla fine della salita, le praterie che si ammirano sono vastissime, in particolare nei mesi di Novembre/Dicembre questi prati profumano di Narcisi selvatici che un tempo venivano raccolti per estrarre l’olio essenziale per l’industria profumiera Francese. Si prosegue verso destra seguendo la mulattiera principale che di li ad 1km giunge presso a dei ruderi di una piccola chiesa che apparteneva ai possedimenti dei proprietari della torre, che sorgono su una piccola collinetta adiacente alla strada e posta in un crocevia. Si svolta a sinistra ed ecco che in cima alla strada irrompe la Torre, che solitaria e imponente appare allo sguardo come un edificio di modeste dimensioni. La natura qui è incontaminata, contraddistinta da appezzamenti di terreno coltivati ad ulivi e vigne.

La torre naturalmente non ha un custode e non vi si può accedere al suo interno, ma grazie alla documentazione fotografica della Pro Loco di Brancaleone è possibile ammirare i due arconi di pietra locale che sorreggono i piani superiori. Tutto intorno sorgono vecchie mura che ci danno l’impressione di unità abitative ed ambienti funzionali, quali ad esempio sul lato destro della torre, un ambiente conserva ancora le vasche dell’antico frantoio, e nella parte retrostante, fra rovi e vegetazione infestante si notano quello che un tempo erano le scuderie, necessarie alla custodia dei cavalli.

Ritornando indietro e ripercorrendo lo stesso itinerario è possibile effettuare una variante, che consiste nel completare l’escursione ad anello, non senza però stare attenti alle mulattiere che si dipanano dallo sterrata principale che riscende le colline e giunge proprio sulle sponde della fiumara Spartivento con sullo sfondo il Faro (che da queste parti è conosciuto col nome di Semaforo), si costeggiano le coltivazioni di una nota azienda agricola di Brancaleone e si mantiene sempre la sinistra della strada sterrata, che ad un certo punto compie una piccola salita dove alla fine con grande sorpresa e meraviglia si arriva alla strada asfaltata, qui si stagliano i Calanchi che offrono all’escursionista un paesaggio lunare a pochi passi dall’abitato e dal mare azzurro che fa da cornice.

Si prosegue scendendo la suddetta strada che di li a poco giunge alle abitazioni e fin verso la SS.106, per ritornare al punto di partenza si segue la direzione nord verso Taranto, attraversando la Chiesa dell’Addolorata, La bottega della frazione, il Bar caffetteria e percorrendo 500mt si giunge all’ingresso della stradina del cimitero che conclude il percorso. In alternativa si rifà il percorso fatto all’andata.

*(Fonti: Carmine Verduci- Kalabria Experience)

Fonti storiche e documentaristiche:

Nel 1626 il governo si vide costretto a mettere all’asta tutte le foreste, ma il principe di Roccella Fabrizio Carafa vantava dei diritti acquisiti sulle stesse, fu così che si arrivò a un accordo economico che prevedeva la cessione delle foreste ai Carafa. Queste proprietà nel secolo precedente appartennero alla Famiglia Marullo da Messina (Conti di Condojanni). Nel 1628 Fabrizio Carafa vendette il feudo di Galati al Magnifico Giovanni Antonio Genoese per 19.000ducati. Nel 1745 risulta che la foresta di Galati unitamente alla Torre, erano intestate al Barone Paolo Filocamo che l’aveva affidata al Dott. Michele Francesco Cafari (del casale di Staiti). In realtà il territorio di Galati era anche la destinazione finale della transumanza del bestiame che giungeva dalle serre Catanzaresi, inoltre nella Torre e negli edifici annessi trovavano ricovero i pastori che conducevano le greggi. Nel 1779 il pastore di Fabrizia Giovanni Monteleone, fece testamento proprio all’interno della “Torre di Galati”, il cui territorio nello stesso atto testamentario viene chiamato “Villa di Galati”. Nel 1800 la Torre ed i suoi possedimenti erano di proprietà della famiglia Retez che furono tra gli ultimi ereditari. Intorno ai primi anni del 2000 la torre in avanzato stato di abbandono venne restaurata, grazie a dei fondi europei e l’interessamento della Regione Calabria, Mibact e Comune di Brancaleone. Si evince che l’intera area della torre aveva non solo ambienti ad uso abitativo, ma anche ambienti come il frantoio, le scuderie ed altri ambienti di servizio che servivano probabilmente a dare stallo ai viandanti, pastori ecc… Ma si hanno notizie che almeno fino agli anni ’50 questa torre fu utilizzata non solo come deposito, ma anche come ricovero di fortuna per gli abitanti dell’omonima Galati.

* (Fonti: Carmine Laganà, Vincenzo De Angelis, Carmine Verduci)

CURIOSITA’

Il toponimo “GALATI” deriverebbe dall’arabo Qualat, ma è un’ipotesi alquanto surreale, se consideriamo che la costa orientale calabrese sia stata caratterizzata da influenze non solo di popolazioni di passaggio ma anche caratteri linguistici che hanno lasciato parecchie forme di derivazione greca dell’onomastica e toponomastica delle nostre zone. Quindi volendo inseguire anche la tesi più accreditabile del nome GALATI potremmo sicuramente dire che derivi dalla lingua greca, ovvero: GALA= Latte. Tesi che trova riscontro proprio con l’ubicazione del luogo che si trova in una porzione di territorio caratterizzato dalla presenza di marne bianchissime che durante le stagioni secche, appena dopo una eccezionale precipitazione abbondante e in condizioni di mare calmo, si riversa in mare l’acqua bianchissima nell’azzurro ionio, fenomeno che crea lunghe strisce bianche sul mare, dando appunto l’impressione del latte. Tesi poetica, ma più verosimile.

Sappiamo come nel periodo Mago-Greco i confini tra Locri e Reggio furono ridisegnati più volte,a distinguere questi confini erano spesso le fiumare, infatti tutta l’area intorno alla torre ed a questi territori è costellata da reperti archeologici come confermano indagini archeologiche condotte dal Prof. D. Cordiano dell’Università di Siena nel 2016, i rilevamenti archeologici e scientifici hanno indagato le località Stracozzara, Monumenti e Cafuni ed i territori tra Brancaleone e Palizzi pubblicati nel saggio: “Carta archeologica del litorale ionico aspro montano” Comuni di Palizzi – Brancaleone – Staiti e d’intorni

*(Fonti: Isidoro Bonfà, Sebastiano Stranges)

 

Sulle orme dei Bizantini, nella Vallata degli Armeni

“La storia della Calabria è una storia fatta di numerosi popoli che si sono succeduti ed hanno lasciato segni indelebili del loro passaggio in questa regione. Dai Greci ai Bizantini e dagli Armeni agli Ebrei. 

Il nostro viaggio ripropone un’esperienza a cavallo dell’ VI ed il IX secolo, quando dall’oriente giunsero religiosi provenienti dall’Armenia e dalla Cappadocia, fuggiti sotto l’incalzare delle conquiste musulmane prima e delle persecuzioni iconoclaste dopo,  per giungere  in queste terre, ricche anfratti naturali e luoghi sicuri dove fu facile condurre una vita ascetica in totale solitudine ed armonia con la natura.

Proprio da queste “rocce rosse lunari” (per citare il noto scrittore Piemontese Cesare Pavese) che a Brancaleone (RC) trascorse il suo confino politico tra l’Agosto del 1935 e Marzo del 1936 partirà il nostro viaggio, alla ricerca di quei lasciti che fanno di questo piccolo lembo di territorio, inserito nell’Area Grecanica Calabrese, un itinerario ricco di storia, fascino e mistero, alla scoperta del mondo Armeno e della spiritualità ancora palpabile e percepibile nei luoghi e nei borghi che costellano quest’area.

1- Il nostro itinerario partirà da Brancaleone Vetus un borgo ormai abbandonato ma ancora ricco di testimonianze del passaggio degli Armeni Bizantini che si insediarono all’interno di cavità naturali costituendo talvolta anche delle chiese-grotte di notevole importanza.

Brancaleone Vetus anticamente chiamata  Sperilnga o Sperolonga  dal greco Spelugx che significa: Grotta-Caverna- Spelonca,  sorge su un colle a 300mt s.l.m., le cui origini sono antichissime. Recenti studi e ricerche affermano la presenza degli Armeni nel VIII-IX  sec. d.C. di particolare pregio e interesse vi è la chiesa grotta dell’”Albero della vita” dalle caratteristiche identiche alle chiese-grotte dell’antica Armenia e Cappadocia. Sulla piazza principale del borgo si possono ammirare ancora i silos-granai, poi nella parte bassa del paesino, insiste un’altra chicca costituita dalla  grotta della “Madonna del riposo” che custodisce ancora affreschi seicenteschi e case ingrottate  prospicienti alla chiesa nuova dell’Annunziata datata 1935-36 che oggi custodisce un “centro documentazioni” di grande pregio. Sarà qui che sul finire della visita esperienziale, il panorama offerto dal contesto condurrà i nostri sensi e papille gustative verso il fantastico mondo del Bergamotto, considerato “l’oro verde della Calabria” dalle proprietà benefiche miracolose,  che oggi costituisce una risorsa delle aziende agricole del territorio che hanno riqualificato i terreni incolti su cui un tempo fiorivano i gelsomini, ma questa sarà un’altra storia da conoscere e scoprire.

2- Il viaggio proseguirà riscendendo a valle, dove raggiungeremo Rocca degli Armeni o Rocca Armenia sita nel territorio di Bruzzano Zeffiro (RC), dove poter ammirare uno dei pochi castelli del territorio pre-Aspromontano della Calabria Ionica ricavati nella roccia, che costituì nei secoli un regno florido per Principi, Marchesi e nobili Calabresi che qui costituirono uno Stato all’interno del Regno d’Italia.

Un luogo mistico e magico, dove poter ammirare straordinarie vedute su tutta la vallata oggi ribattezzata “valle degli Armeni”. Rocca Armenia ha origini antichissime. Qui è possibile ancora ammirare i resti del suo castello, del Borgo antico e un arco trionfale eretto dalla nobile famiglia Carafa di Roccella con i suoi affreschi rinascimentali che lo caratterizzano. L’occasione sarà quella di degustare “u pani conzatu” che è tipico della tradizione popolare e agropastorale di Bruzzano Zeffirio, che si consuma a freddo o appena sfornato e viene farcito di pomodoro fresco, olio extravergine d’oliva  locale e olive verdi, che ci trasporteranno in un’esperienza gastronomica dai sapori prettamente medievali.

3- Ci porteremo verso l’interno del territorio e cominceremo a risalire di quota raggiungendo il borgo medievale di Staiti, non prima di aver fatto una sosta nel tempio di epoca Bizantina e Normanna di Santa Maria di Tridetti.

L’edificio sorge nella vallate conosciuta con il suo toponimo antico di “Badìa”.  Fu scoperto dal noto Archeologo Paolo Orsi nel 1912 e dichiarato “Monumento Nazionale Bizantino dell’ XI° sec.” Qui, leggenda  e storia si fonde con il mondo Bizantino, che per molti secoli animò queste terre  in un susseguirsi i vicende  e vicissitudini  che diedero vita ai piccolo borgo di Staiti non distante da questo luogo di grande spiritualità e suggestione

 4- Risaliremo i tornanti di monte Giambatore per raggiungere il pittoresco borgo di Staiti che ha il triste primato di essere “il più piccolo Comune della Calabria”

Staiti sorge a 550mt slm, conta circa 220abitanti, ma dalle caratteristiche urbane ancora immutate, qui sarà possibile percorrere il sentiero delle chiese bizantine che è costituito da 18  bassorilievi in terracotta lungo le vie del borgo, e poi la chiesa di Santa Maria della Vittoria con il suo campanile cuspidato e la statua della vergine col bambino opera seicentesca di Martino Regi,  come non fare una visita al bellissimo museo dei Santi Italo-Greci sito all’interno del Palazzo Cordova, godere delle numerose piazzette che si affacciano sul borgo dai caratteristici vicoli dalle porte pinte che conducono  verso il punto panoramico di “Rocche di Quartu” dove poter ammirare tutta la vallata ed il mar ionio che fa da cornice al territorio. Non potremo mai andarcene senza aver gustato i famosissimi Maccheroni conditi con il sugo di capra e la buonissima ricotta biologica delle aziende locali.

5- Il nostro viaggio proseguirà verso Ferruzzano Superiore, dove sulla collina sorge uno dei borghi più interessanti del territorio, dove la natura ci ha regalato ambienti dalle caratteristiche uniche come il bosco di Rudina che custodisce numerosi palmenti rupestri di epoca ellenica e bizantina.

Il borgo di Ferruzzano Superiore sorge non lontano dal bosco di Rudina adagiato su un pianoro roccioso ad un altitudine di 470mt slm. E considerato una vera e propria terrazza sul mar ionio. Il borgo è ormai un paese semi-abbandonato, ma passeggiare tra i suoi vicoli scavati talvolta nella roccia di Arenaria è come fare un salto nel passato che con gli antichi palazzi, le sue vedute sulle vallate circostanti offrono al visitatore una narrazione storica legata alle vicissitudini di popolazioni che per sfuggire agli attacchi saraceni, decisero di porre le fondamenta proprio su queste alture, per potersi difendere meglio. Non distante dal paese è possibile ammirare i meravigliosi palmenti rupestri che costituiscono un insieme di circa 160 palmeti sparsi su tutto questo territorio, dove gran parte si trova all’interno del sito S.I.C. del “bosco di Rùdina”, un territorio che, grazie al suo particolare microclima, offre l’opportunità di poter conoscere ed ammirare  esemplari antichissimi di alberi e piante rare. Per concludere la nostra esperienza a contatto con la natura e la cultura locale, incontreremo uno degli apicoltori locali, che attraverso l’antica arte dell’allevamento delle api in arnia, produce un preziosissimo miele che si sposa egregiamente con la tradizione agropastorale del luogo, costituita da formaggi caprini dal gusto sublime.

“La Calabria è stata crocevia di popoli, che attraverso i loro lasciti archeologici e culturali rappresentano un germe di una forte di cristianità, ancora oggi viva nei luoghi che furono un rifugio, una casa e base su cui fondare nuove civiltà”

In conclusione, questo viaggio alla scoperta degli Armeni e dei loco lasciti archeologici e culturali, ci proietterà in un universo letteralmente affascinante, che ci porterà a comprendere il valore intrinseco di luoghi del tutto fuori da ogni logica e stereotipo di vacanza. Perché per meglio conoscere la Calabria è necessario affondare le proprie conoscenze attraverso una narrazione che non esclude la stratigrafia dei popoli che hanno caratterizzato i territorio

 

© Copyright Carmine Verduci

(Operatore del Turismo Esperienziale

La via dei Borghi a Scilla e Chianalea

La via dei borghi alla scoperta di Scilla e Chianalea

Domenica 25 Ottobre il secondo appuntamento del progetto #LaViaDeiBorghi 2020. Un’esperienza unica immersi nel fascino dei vicoli della perla della Costa Viola reggina, una passeggiata in un luogo carico di storia e mito. Inizieremo facendo due passi per il quartiere San Giorgio di Scilla, il più alto e panoramico,entreremo in contatto prima con il mito di Scilla per passare poi alla sua millenaria storia, rimanendo sempre immersi nelle bellezze del paesaggio.

Ecco il punto di raduno che sarà la piazza San Rocco con il suo splendido affaccio: LINK GOOGLE MAPS

Dopo aver narrato la storie della chiesa di San Rocco ed aver attraversato il viottolo panoramico visiteremo il castello dei Ruffo e successivamente scenderemo tra i vicoli del quartiere Spirito Santo prima di fare pausa pranzo nei pressi del porto. Dopo pranzo continueremo il nostro viaggio a Chianalea, il borgo dei pescatori dove oltre a rimanere rapiti dagli scorci sul mare visiteremo le fontane storiche fino a giungere alla chiesa di San Giuseppe.

BUS 9 POSTI (facoltativo) a cura di FULL TRAVEL SERVICE

Il bus verrà attivato al raggiungimento di 8 prenotazioni con il seguente itinerario

 

SIDERNO: Agenzia Full Travel Service 07.30
BOVALINO: Villa Denise 07.50
BRANCALEONE: Stazione ferroviaria 08.10
BOVA MARINA: Bar Vittoria 08.30
REGGIO CALABRIA: Argine dx calopinace sotto ponte Sant’Anna 09.10

 

PROGRAMMA:

ORE 09.30 RADUNO DEI PARTECIPANTI E REGISTRAZIONE – PIAZZA SAN ROCCO (SCILLA)
ORE 10.00 PARTENZA -VISITA PARTE ALTA DEL BORGO E PRANZO POMERIGGIO: CHIANALEA E MARINA GRANDE
ORE 17.30 FINE ESCURSIONE

 

DATI ESCURSIONE

COMUNE: SCILLA
ESCURSIONE: T (TURISTICA)
DIFFICOLTA’: BASSA
NUM. MAX PARTECIPANTI: 45

 

RACCOMANDAZIONI:

1 LT D’ACQUA, VESTIARIO COMODO E A CIPOLLA, MACCHINA FOTOGRAFICA, OCCHIALI DA SOLE, MASCHERINA, TELO PIC NIC.

 

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA:

Telefonando al numero +39 3489308724 dalle ore 10:00 alle ore 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00 fornendo i propri dati anagrafici e numero telefonico (NO SMS) entro e non oltre il 23 Ottobre 2020

 

FOTO CONTEST INSTAGRAM:
#IuntamuAScilla

 

COSTO:

15 euro (compreso ingresso castello gruppo)
25 euro (bus facoltativo)

La via dei Borghi a Scilla e Chianalea

 

 

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